Annunciato da Steve Jobs nel 1999 in esclusiva per OSX, Halo: Combat Evolved non è nato come sparatutto in prima persona, ma lo è diventato gradualmente durante due anni di trasformazione successivi alla sua acquisizione (e quella dei suoi sviluppatori) da parte di Microsoft. Nonostante gli scossoni, Bungie Studios è riuscita a sopravvivere a una genesi a dir poco travagliata, regalandoci la serie di sparatutto simbolo di Xbox e consacrando il proprio nome nell'Olimpo dei videogiochi. Oggi, dopo quattordici anni e un passaggio di mano, Halo è ancora tra noi e fa sempre parlare di sé.
Un preambolo
Partiamo dall'ultimo capitolo con una doverosa premessa. La grafica di Halo 5: Guardians non si perde in fronzoli e i compromessi si vedono, ma il dettaglio dei modelli, il numero di velivoli che affollano i cieli, l'ampiezza delle mappe, la distanza di ingaggio dei nemici e la fisica onnipresente sono tutti elementi che pesano su un hardware che si trova a far girare un comparto tecnico la cui percezione è penalizzata dal non cercare il realismo. La pulizia di strutture, mezzi e modelli mette in evidenza ogni difetto ed ecco da dove arriva la sempiterna diatriba sulla grafica di Halo che, a dirla tutta, non ci interessa più di tanto in questa sede. Quello che ci preme sottolineare è il gameplay ancora più rifinito rispetto al passato che permette di affrontare ogni situazione in modo differente e che non perde colpi nonostante l'enorme ampiezza dei livelli. Ma Halo non è solo gameplay, multiplayer o tecnologia. L'universo narrativo creato da Bungie ha un ruolo importante nel successo della serie pur essendo uno degli elementi più discussi anche nel caso dell'ultimo capitolo della serie. E le critiche hanno indubbiamente senso.
Halo 5: Guardians è autoreferenziale, fan service direbbe qualcuno, ma non ha senso tirare fuori una parola del genere senza contestualizzarla. Parliamo infatti di un universo composto da dieci giochi, libri, serie TV, cartoni animati e fumetti. Inoltre i cinque titoli della saga principale sono presenti su Xbox One, e con un impianto del genere alle spalle crediamo che questo Halo possa permettersi di parlare direttamente ai suoi fan. D'altronde lo ha già fatto in precedenza anche se questa volta Microsoft è stata previdente, preparando un interessante video che spiega in modo chiaro i risvolti della trama. Tra l'altro il filmato aiuta anche a contestualizzare Halo 4 e in qualche modo spiega perché alcuni giocatori hanno apprezzato l'intensità di momenti come l'incontro tra Master Chief e Cortana mentre altri considerano l'autoreferenzialità della trama il punto debole della produzione. Considerando chiusa la questione, quindi, ci permettiamo, anche grazie a un comparto multiplayer strepitoso, di considerare l'ultimo Halo come uno dei capitoli di spicco della serie senza necessariamente dover negare a nessuno il diritto di critica soprattutto nei confronti di un gameplay che può risultare dispersivo e nei confronti di una trama che non è universalmente fruibile. Nel caso di quest'ultima è probabilmente il primo capitolo quello che se la cava meglio, forte di una freschezza ormai inevitabilmente svanita, mentre Halo 2 detiene il primato di sparatutto in prima persona pioniere dell'online su console, ma la piena maturità in quest'ambito è stata raggiunta con il succitato Halo 3, reso memorabile da uno dei comparti multigiocatore più apprezzati e longevi di sempre. Ed è qui che ci ritroviamo a parlare positivamente di Halo 5: Guardians, che proprio nella componente multiplayer trova la sua eccellenza assoluta. Le nuove dinamiche si integrano perfettamente nell'interfaccia e nel gameplay attraverso due esperienze multigiocatore completamente differenti. Il gameplay e le meccaniche competitive di Halo 5: Guardians promuovono a pieni voti il lavoro di 343 Industries (complici i server dedicati), che finalmente ha preso pieno possesso dell'eredità Bungie. I problemi di gioventù non mancano e i cambiamenti al sistema di mira hanno sollevato un polverone ma la base c'è ed è decisamente solida.
Una riflessione sui punti più alti e quelli più bassi della serie di sparatutto simbolo di Xbox
Il podio
Con le considerazioni di cui sopra ben stampate in mente vediamo di dare una forma a un'analisi qualitativa della serie che parte da presupposti inevitabilmente soggettivi ma ha la speranza di stimolare discussioni interessanti. In termini assoluti Halo 3 è una scelta sicura per la vetta grazie a un'ottima combinazione tra single player e multiplayer. Il finale non particolarmente epico ha comunque sollevato critiche, ma il terzo Halo risulta il più apprezzato in moltissime delle migliaia di classifiche proposte dai fan, e la valutazione che emerge ci trova d'accordo. D'altronde, la pur non lunghissima campagna parte col botto ed è piena di situazioni memorabili capaci di esaltare il ruolo dei veicoli e la dimensione cooperativa.
Inoltre c'è il comparto multigiocatore finalmente arrivato a maturazione, e qui viene naturale parlare di Halo 2, vero pioniere degli sparatutto online su console e non possiamo nemmeno dimenticare che il primo Halo, agguantato da Microsoft per il rotto della cuffia, è probabilmente il motivo per cui abbiamo oggi una Xbox in casa. La prima bistrattata console verde crociata ha mostrato i muscoli da subito proprio grazie al massiccio lavoro di Bungie, che ci ha catapultato in mappe gigantesche di fronte a personaggi iconici mettendo le basi per un gameplay ancora oggi unico. Chi parla di Call of Duty di fronte a missioni affrontabili a piacimento grazie a un assortimento elaborato di mezzi e armi ha probabilmente perso di vista l'unicità di un gameplay che combina le diverse anime degli sparatutto, corpo a corpo incluso, e si adatta egregiamente al pad. E tutto questo senza contare la cooperativa che ha reso il primo Halo indimenticabile e che ancora oggi è un elemento imprescindibile del gameplay di ogni capitolo della serie. Per questo paghiamo pegno al capostipite, forte anche di alcune mappe multigiocatore assolutamente memorabili, piazzandolo al secondo posto mentre al terzo gradino del podio ci mettiamo senza farci troppi problemi Halo 5: Guardians. Il quinto sparatutto del filone principale non è particolarmente innovativo ma a differenza di quanto traspare da alcune valutazioni è più comprensibile del precedente e aggiunge dinamiche di movimento molto importanti che si legano a doppio filo con il ritorno alla dimensione competitiva delle arene. Resta da vedere il successo a lungo termine dell'esperienza multigiocatore, ma Halo 5: Guardians è comunque una conferma che il team Microsoft ha le carte in regola per prendersi cura del gameplay della serie e tenerne alta la bandiera in attesa dell'effettiva necessità di un cambiamento strutturale.
E poi il limbo
A questo punto ci troviamo per le mani il summenzionato Halo 2, che si presenta con momenti assolutamente memorabili, ha rifinito in modo importante meccaniche di gioco, ha osato proporre un secondo protagonista ed è stato importantissimo per gli sparatutto su console. Il pedigree, insomma, è di quelli buoni e ha garantito a questo capitolo della serie voti mostruosi, ma valutandolo al netto dei meriti contestuali non possiamo dimenticarci del calo drastico di qualità della parte finale della campagna, dovuto oltretutto non a scelte narrative ma a questioni di organizzazione e sviluppo. Halo 2, in sostanza, si porta dietro un grosso peso, che lo tiene bloccato in una specie di limbo in cui finiscono quei titoli che per un motivo o per l'altro sono molto difficili da valutare oggettivamente. E vagando su questo piano ci imbattiamo anche in Halo: Reach che è con tutta probabilità il titolo contemporaneamente più amato e più odiato della serie. Caratterizzato da toni drammatici, lo spin-off dedicato al Noble Team si concentra su un singolo pianeta rinunciando ai toni da space opera tipici della serie, ma compensa in termini di complessità narrativa, concedendo ampio spazio alla dimensione psicologica dei personaggi. Un cambiamento netto, insomma, accompagnato da una trasformazione del gameplay legata alle abilità dell'armatura, ma le cose non sono andate come previsto sul versante del bilanciamento, con un gran numero di giocatori che è tornato ben presto sui server di Halo 3. Eppure, anche in questo caso ci troviamo di fronte a un gran lavoro che, non a caso, grazie anche a un gameplay come sempre unico, ha scatenato opinioni contrastanti in merito a quasi ogni aspetto.
E lo stesso, anche se in misura minore, è successo con Halo 4, primo passo senza aiuti di 343 Industries, che si è trovata a gestire la necessità di lanciare un nuovo arco narrativo decidendo al contempo di mantenere le abilità dell'armatura. Quello che è uscito è un Halo che ha posto basi interessanti per la nuova trilogia, impugnate tra l'altro in modo riuscito da Halo 5: Guardians, pur non convincendo tutti a causa dell'estrema autoreferenzialità e di un finale nebuloso. Come risultato, la critica si è spaccata, proprio come nel caso di Halo 5: Guardians, pur riconoscendo i meriti di 343 Industries anche nel rifinire le abilità Spartan, la personalizzazione e il multiplayer in un chiaro tentativo di mettere giù le basi per un comparto online più bilanciato. Sono state invece meno apprezzate le Spartan Ops a causa della ripetitività ed è stato criticato il passo indietro in relazione al multiplayer con l'eliminazione della modalità Firefight. Ma per l'ennesima volta ci troviamo comunque di fronte a un capitolo che amplia in modo netto i confini dell'universo di Halo e che, nonostante i problemi, ha dei pregi evidenti anche dal punto di vista narrativo. Inoltre è ancora oggi un gran bel vedere con scorci spettacolari e un costoso contorno mediatico. Parlando esclusivamente della dimensione tecnica, la versione rimasterizzata inclusa nella Master Chief Collection è quasi un gioco di nuova generazione, che sfoggia momenti strepitosi, come il passaggio da una mappa immensa all'hangar della Infinity, invaso dai nemici e senza alcun caricamento visibile. Per questo non merita assolutamente di essere accantonato, e lo stesso vale per Halo 3: ODST anche se in questo caso parliamo di un evidente outsider. Nato come espansione di Halo 3, si è trasformato in un particolare esperimento noir che in alcuni frangenti soffre il ritmo fin troppo lento e sul fronte multigiocatore si appoggia quasi interamente su Halo 3, accontentandosi di aggiungere solo la Firefight. Ecco perché lo trattiamo per ultimo, anche se parliamo di un esperimento interessante, ricco di trovate intriganti che in alcuni casi è stato punito con eccessiva severità da una parte della critica.