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Apologia dei DLC

Del perché i publisher facciano bene a riempire i videogiochi di DLC e microtransazioni

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   22/11/2015

Basta una tesi per togliere di torno ogni possibile discussione sull'opportunità o meno per i publisher di riempire i giochi di DLC: i videogiocatori li comprano sempre di più. Da una fase iniziale in cui DLC e microtransazioni erano considerati dei semplici modi per monetizzare e non fruttavano che una frazione del mercato tradizionale, siamo oggi a una grossa svolta.

Il bilancio del Q2 2015 di EA mostra la forza economica dei contenuti scaricabili
Il bilancio del Q2 2015 di EA mostra la forza economica dei contenuti scaricabili

Una singola notizia in merito direbbe poco in tal senso, ma quando si accumulano indicazioni su una certa tendenza del mercato, è impossibile non tenerne conto. I contenuti scaricabili sono diventati una voce importante del bilancio dei publisher, soprattutto nei periodi con minori uscite. Lo testimonia il bilancio del secondo quarto fiscale del 2015 di Electronic Arts, recentemente reso noto, in cui i contenuti scaricabili la fanno da padrone; lo dimostra il successo delle microtransazioni di Destiny; lo dimostra Halo 5: Guardians con l'exploit del REQ System; lo dimostrano software house come Rockstar e Valve, che riescono a campare benissimo con gli introiti derivanti dalle microtransazioni di Grand Theft Auto Online, Team Fortress 2, DoTA 2 e Counter-Strike: Global Offensive, che gli hanno permesso di bloccare o quantomeno rallentare la produzione di titoli tradizionali. Se vogliamo anche il settore dei giocattoli NFC, pensiamo in particolare agli Skylander e agli Amiibo, che offrono contenuti extra nei giochi compatibili, è associabile allo stesso successo. Non perché condividano la categoria merceologica con DLC e affini, ma perché sono comunque soldi supplementari da spendere dopo aver comprato un videogioco base. Di esempi ce ne sarebbero altri, ma crediamo che questi possano bastare. Insomma, i videogiocatori hanno parlato e hanno espresso un giudizio inoppugnabile con i loro soldi. Gli operatori economici si sono semplicemente adeguati. Certo, hanno fatto in modo di preparare il terreno nel corso degli anni per far accettare la novità, ma hanno trovato ben poche resistenze, schiamazzi sui forum e sui social network a parte.

I DLC e le microtransazioni vanno bene perché siamo noi che decidiamo di acquistarle

Inutile piagnisteo

Si tratta di un discorso che abbiamo già affrontato con i bistrattati free-to-play: tante lamentele, tante discussioni, ma poi alla fine a parlare sono i bilanci. E i bilanci ci dicono che i DLC non sono più una possibilità, ma una certezza, e che il classico Season Pass che accompagna il lancio di ogni tripla A è più che dovuto di fronte a una domanda così stringente di nuovi contenuti. Del resto i modelli alternativi sono stati tutti bocciati e come molti sviluppatori possono testimoniare, concepire un gioco ad alto budget in modo tradizionale non è più possibile. Come mai? Ve lo abbiamo detto: noi videogiocatori abbiamo scelto. Nella passata generazione abbiamo scelto di comprare meno giochi completi, facendo fallire una fiumana di studi di sviluppo, investendo parte dei soldi nei contenuti scaricabili.

A che serve l'ironia quando poi chi può scegliere avalla con i suoi soldi ciò che dice di odiare?
A che serve l'ironia quando poi chi può scegliere avalla con i suoi soldi ciò che dice di odiare?

Abbiamo scelto che un MMO free-to-play è preferibile a un MMO con abbonamento, pur di fronte alla maggior completezza e ricchezza di contenuti del secondo. Abbiamo scelto una strada simile anche per gli sparatutto in prima persona: meglio uno sparatutto dall'accesso gratuito, con poche mappe, poche modalità e con meccaniche pay-to-win, che uno completo che però chiede un prezzo per l'accesso. Addirittura è venuta meno la caratteristica che secondo la vulgata è fondamentale per determinare la qualità di uno sparatutto, ossia la campagna single player. Qualche mugugno a parte, sembra non essersene accorto nessuno. Ci sono ancora delle sacche di resistenza e il mercato tradizionale non è morto, ma si è evidentemente ridimensionato, focalizzandosi intorno a pochi brand che comunque offrono contenuti supplementari scaricabili a parte. Sapreste citarci un gioco del 2015, tra i tripla A, che non sia fornito di DLC e microtransazioni? A noi ne vengono in mente due: The Order: 1886 e Bloodborne, nonostante quest'ultimo stia appunto per ricevere un'espansione a pagamento. Per trovare altri giochi senza extra acquistabili, bisogna rivolgersi al mercato di quelle che attualmente sono le produzioni medie, come ad esempio Until Dawn o SOMA. Ovviamente il fiorente mercato dei contenuti scaricabili porta anche dei vantaggi di altro tipo per gli operatori. Ad esempio DLC e microtransazioni permettono di regolare meglio i cicli di sviluppo, creando coperture nei periodi di transizione tra un progetto e il successivo. Negli anni pre-contenuti scaricabili, concluso lo sviluppo di un videogioco tripla A, se non si aveva subito a disposizione qualcosa di nuovo su cui lavorare il rischio di chiusura era elevatissimo, soprattutto se il gioco appena lanciato aveva fallito gli obiettivi prospettati. Ora uno studio può tirare il fiato continuando il lavoro di supporto di un prodotto già sul mercato. Nel frattempo può lavorare alla fase di pre-produzione del titolo successivo. Non si tratta di un fattore di poco conto da considerare, vista la quantità di sviluppatori falliti durante la generazione Xbox 360/PlayStation 3.

Spietatezza

Quando ci si lamenta del mercato si commette un errore grossolano. Il mercato non è un'entità intelligente. Va immaginato invece come un leone che fiuta la scia dei soldi e si eccita quando ha raggiunto la preda, azzannandola senza pietà. Il mercato ha una natura felina e non segue principi razionali, ma solo il suo istinto. È analizzabile, ma non gli si può chiedere di tenere un comportamento etico, perché non è semplicemente nella sua natura. Anzi, di fronte a una qualsiasi debolezza, il mercato non si farà scrupolo di sfruttarla fino in fondo. Se il gioco d'azzardo crea dipendenza, il mercato aumenterà l'offerta di gioco d'azzardo per andare a spremere anche le resistenze residue di chi ci è caduto dentro. Se i cibi grassi creano obesità, il mercato ne offrirà sempre di più, almeno fino a quando non si creerà un mercato alternativo che inizierà a lucrare sulla debolezza opposta, quella del salutismo.

Apologia dei DLC

Si tratta di un discorso molto complesso in realtà, molto più complesso di come la stiamo mettendo noi, ma speriamo semplificandolo di renderlo accessibile a tutti. L'idea che il mercato, che è profondamente egoista, lasciato libero possa essere regolato solo dall'emergere di un egoismo concorrente è vecchia come il capitalismo. Proprio per questo mettersi in una posizione polemica contro il suo comportamento è completamente inutile. L'unico modo per contrastarlo è far prevalere la tendenza opposta. Il problema è che per farlo occorrerebbe un pubblico capace di una critica profonda non solo verso il sistema, ma anche verso se stesso. Ci vorrebbe un pubblico capace di trattenersi dall'acquisto, soprattutto quello compulsivo. Un po' tutti sappiamo come funziona il mercato dei contenuti scaricabili, ma abbiamo paura di ammetterlo. Ad esempio sappiamo che in Street Fighter V tutto sarà sbloccabile giocando, ma sappiamo anche che i tempi per farlo saranno molto lunghi e che quando uscirà il personaggio extra che ci interessa saremo tirati verso l'acquisto perché probabilmente l'alternativa sarà attendere un mese per averlo, giocando tutti i giorni per diverse ore. Ma noi vogliamo giocare con quel personaggio ora e non ci va di aspettare... e il modo per soddisfare subito il bisogno c'è e si chiama carta di credito. Spendere altri soldi un po' ci ripugna, ma la somma richiesta non è eccessiva e quindi se disponiamo dei soldi necessari cederemo. Stesso discorso per uno sparatutto competitivo. Sì, magari è possibile sbloccare tutto giocando, ma il tipo che è entrato e ci ha sbaragliati era corazzato da capo a piedi. Sappiamo tutti come ha fatto a ottenere quel bell'equipaggiamento in così poco tempo: con i soldi veri. Ovviamente non tutti i giocatori cedono, anzi, sono in pochi quelli che effettivamente lo fanno, ma quei pochi bastano a giustificare il modello.

Conclusioni

La conclusione di tutto il discorso ci pare scontata, quanto ignorata e rifiutata da molti, che tendono a cercare colpe chissà dove e di chissà chi per quello che loro stessi sono. Il mercato cambia di fronte ai comportamenti di chi paga. Il sistema attuale è giustificato dai videogiocatori, ormai preda di una specie di sindrome di Stoccolma verso l'industria: se ne lamentano continuamente, ma non fanno altro che giustificarla con le loro scelte. Eppure alcuni casi hanno dimostrato come le rimostranze possano cambiare le cose. Ad esempio il tentativo di mettere le mod a pagamento su Steam è fallito a causa della sollevazione popolare degli utenti, oppure lo sviluppo di Half-Life 3 è stato interrotto per il rumore causato dal caso del finale di Mass Effect 3, con gli sviluppatori di Valve che sono stati impauriti dalla reazione dei videogiocatori. Insomma, quando ci si muove di concerto qualcosa si ottiene...