Il pubblico dei videogiocatori si divide ormai in due categorie: quelli che comprano videogiochi e quelli che sono appassionati di videogiochi. La triste verità è che sempre più spesso i grandi produttori sono completamente disinteressati nei confronti dei secondi perché il loro pubblico di punta sono per esclusione i primi. Perché gli appassionati di videogiochi sono un popolo invisibile ai grandi publisher?
Per quale motivo gli appassionati di videogiochi stanno diventando invisibili nell'industria?
Compratori e appassionati
Torniamo sulla distinzione e cerchiamo di capire bene sia quali differenze ci sono tra gli uni e gli altri e su che piano questa differenza si coglie. I primi, i compratori, sono persone che sì apprezzano i videogiochi ma non se ne interessano più di tanto: è un passatempo come un altro per riempire giusto un paio d'ore a fine giornata, ma con ha rilevanza poi in nessun altro aspetto della loro vita. La critica, i voti, le vicende del settore non li toccano minimamente perché questi non coltivano la passione e soprattutto non fanno parte della community, non interagiscono con altri giocatori se non per disputare delle partite online. Il vero appassionato invece non solo apprezza (e compra) i videogiochi ma ama indagarne e conoscerne tutti gli aspetti: si tiene quindi informato sugli annunci, i retroscena del panorama, quando si dedica ad un titolo lo analizza e cerca di coglierne tutte le sfumature. Non stiamo insinuando che una "categoria" sia meglio dell'altra perché ognuno è libero di approcciarsi a questo medium come preferisce e prima che commentiate adirati sappiamo che il mondo non è tutto bianco o tutto nero, esiste anche il grigio (che in questo caso è il compratore disinteressato magari affezionato a poche serie e che quindi segue tutto da vicino), ma capirete che questa distinzione è essenziale per le vendite e contrariamente a ciò che si potrebbe comunemente a fare la differenza è il compratore, non l'appassionato.
Dove cade l'attenzione?
Impossibile, starete pensando. Se c'è qualcuno che supporta il settore è sicuramente l'appassionato... e questo è vero ma solo in parte, perché l'appassionato è il motore culturale ed intellettuale dell'industria, ma ogni motore per funzionare ha bisogno di carburante, di benzina e quelli sono i compratori disinteressati che riempiono le casse degli sviluppatori e produttori. Per capire meglio questa apparente contraddizione basti pensare al caso del famigerato trailer di Call of Duty: Infinite Warfare.
Volendo essere sinceri fino in fondo: tutti i "non mi piace" che si è preso il video del prossimo titolo Activision su Youtube, davvero sono un sintomo indicativo delle future vendite? Certo che no, perché chi ha messo quei meno o chi si è fermato a commentare non sono i compratori. Come detto poche righe sopra questi sono semplici acquirenti, che al massimo vedono un cartellone pubblicitario o un spot in TV che gli ricorda la data d'uscita del gioco e nulla più; quello che faranno non è di certo commentare esprimendo il proprio punto di vista ma sarà solamente limitarsi a spendere i loro settanta euro al giorno del day one. E questa cosa un publisher come Activision ormai l'ha capita da molto tempo visto che raramente si vedono pubblicità e campagne marketing elaborate esclusivamente per gli appassionati, dove con appassionati, ripetiamolo a scanso di equivoci, non intendiamo i fedelissimi della saga, quei giocatori lo compreranno a prescindere, ma ci riferiamo al videogiocatore virtuoso ed informato. Il grosso dell'investimento marketing di Activision impatta infatti su sponsorizzazioni più generali come cartelloni pubblicitari in luoghi pubblici o spot televisivi, che a dire il vero per i videogiochi sono abbastanza rari. Perché concentrare quindi l'attenzione su un pubblico di questo tipo? Perché l'appassionato s'informa.
L'informazione rende liberi
Il fattore discriminante, parlando di un fenomeno di vendite, dovrebbe essere la disponibilità economica dei giocatori, ma mettendola su questo piano sembrerebbe che il compratore ha più soldi dell'appassionato... può essere vero ma di certo non è la regola. C'è chi ha la possibilità di comprarsi un paio di giochi al mese e chi due all'anno ma la questione non cambia, è l'informazione a fare la differenza.
Perché un videogiocatore appassionato ed informato non si lascia influenzare dalle campagne pubblicitarie, lui sa cosa vuole a prescindere da tutto e a maggior ragione meno possibilità economica avrà più mirata ed approfondita sarà la sua scelta, anche se il cinematic trailer di gioco x-y-z è favoloso. La vera gallina dalle uova d'oro per il produttore è il giocatore che ha dei soldi da spendere ma non sa come, quel compratore che deve essere convinto con pubblicità accattivante e aggressiva; il jackpot si raggiunge quando si riesce a fidelizzare quel tipo di pubblico perché a quel punto basterà semplicemente un reminder per il prossimo capitolo, giusto per ricordargli, visto che il capitolo precedente gli è piaciuto un sacco, che è arrivato il momento di spendere altri soldi per il seguito. Il vero scopo, quello che fa la differenza nel mercato, tornando all'esempio di Call of Duty e la sua lotta storico contro Battlefield, è convincere il giocatore disinteressato con poca disponibilità economica perché se la scelta cade su Call of Duty non avrà più la possibilità di comprare il titolo della concorrenza. È una lotta che si combatte nel modo più brutale possibile e che per certi versi ricorda quasi una campagna elettorale perché se si ha a disposizione un solo voto non si può certo votare tutti i candidati!
Pubblicità: marketing ed immagine
Ovviamente questa situazione merita qualche doverosa considerazione. Si è parlato di campagne pubblicitarie ma queste non sono per forza un male e non bisogna percepirle come un qualcosa che toglie tempo e denaro allo sviluppo. Il budget che viene investito per la sponsorizzazione del prodotto non ha nulla a che fare con i fondi investiti nello sviluppo e poi diciamolo, ci sono alcuni trailer davvero belli al di là del messaggio che devono trasmettere o del pubblico che devono accalappiare, come il magnifico lavoro fatto recentemente per Deus Ex: Mankind Divided. Secondariamente questo investimento per intercettare il giusto pubblico potrebbe essere una parziale spiegazione della conseguente presenza di capitoli copia-incolla e del perché molti appassionati hanno abbandonato alcuni franchise negli ultimi anni (e poi si sfogano vessando su YouTube i video di Call of Duty). In questo caso, duole ammetterlo, è colpa dell'appassionato e non di certo dei produttori: anche se i videogiochi possono avere un profondo risvolto artistico e culturale nelle tematiche trattate, non bisogna dimenticare che sono dei prodotti d'intrattenimento, con un costo di produzione e nel momento in cui ci s'imbarca nell'impresa è necessario tenere a mente che non si può sviluppare per il gusto di farlo. Il videogioco perfetto è quello che è capace di esprimere il concetto e l'idea dello sviluppatore senza andare in perdita e coloro che nella storia sono stati troppo idealisti fanno finito per fallire miseramente. Tornando a giganti dell'industria, provate a rispondere ad una semplice domanda: se posso farlo e so che ci guadagnerò cosa mi dovrebbe frenare? Lo scontento degli appassionati non è una motivazione sufficiente per rinunciare ad un proficuo guadagno (magari pure con il minimo sforzo). Lo posso fare? Lo faccio e non mi curo di ciò che pensano i giocatori. Se è quindi vero che sono gli appassionati ad informarsi e a conoscere il settore dovrebbe essere lampante il fatto che quei prodotti non sono indirizzati a loro, né per i contenuti né per la filosofia di sviluppo... e le strategie pubblicitarie lo confermano. L'attenzione verso gli amanti dei videogiochi ad onor del vero esiste ma non per gli stessi motivi... è sempre una questione di pubblicità, ma in modo diverso. Se il compratore "ignorante" (nel senso neutrale e non offensivo del termine) assorbe l'interesse del produttore dal punto di vista pubblicitario/marketing, l'appassionato, in quanto informato, preme su un tasto altrettanto dolente, ovvero quello pubblicitario/d'immagine. Dei brutti dati di vendita fanno male alle finanze ma essere accusati ad esempio di sessismo o discriminazione non è altrettanto piacevole; l'esempio più comodo che ci fa capire bene questo punto di vista è la mancanza di una protagonista forte (e giocabile) in Assassin's Creed Unity e il successivo arrivo di Evie in Syndicate. È difficile dire quanto questo abbia avuto peso sul fronte vendite ma di certo è un piccolo grande segnale che Ubisoft ha ascoltato l'opinione del pubblico degli appassionati, perché i compratori potranno fare la differenza sulle vendite ma gli appassionati tengono in ostaggio l'immagine pubblica delle aziende. Gli appassionati sono quindi un popolo numeroso ma con una voce che ad alcuni non piace ascoltare... ma sapete come mai sono anche la fetta di pubblico più pericolosa? Perché gli appassionati s'informano.