48

Pubblicare su console è un calvario?

Cerchiamo di capire come funziona il processo di certificazione delle console e i problemi che comporta per gli studi indipendenti

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   09/08/2016

Il lancio di No Man's Sky non è stato dei più semplici. L'intera storia del suo sviluppo meriterebbe in realtà una trattazione dedicata, visto che tra rinvii e cause legali ci sarebbe molto da raccontare, ma concentriamoci sulle ultime ore che separano il titolo dall'uscita ufficiale, i cui fatti non hanno mancato di appassionare il mondo dei videogiochi. A tenere banco è stata in particolare la polemica relativa alla patch del primo giorno, nata non tanto dall'annuncio dell'aggiornamento ma da alcune copie trafugate e giocate prematuramente.

Pubblicare su console è un calvario?

I loro possessori si erano infatti prodigati in accurate descrizioni del gioco di Hello Games, per poi essere frenati dall'annuncio della patch, che non si limita a sistemare qualche bug, ma aggiunge una grande quantità di contenuti, al punto che prima del rilascio il gioco non era considerato nemmeno da recensire (la stampa ha ricevuto i codici per scriverne dopo la pubblicazione dell'aggiornamento). In un mondo normale ci sarebbe poco da discutere, visto che il pubblico avrebbe dovuto accedere a No Man's Sky dopo la pubblicazione della patch e non prima, ma le accuse degli indignati non si sono fatte attendere. La generazione PlayStation 4 e Xbox One ha reso una consuetudine pubblicare patch di lancio, spesso molto grosse, ma come si giustifica il fatto che nel disco acquistato in negozio non ci siano tutti i contenuti per i quali si sta pagando? Perché bisogna applicare una patch per avere l'esperienza completa? Gli sviluppatori sono tutti dei pigri incompetenti? Seguire una folla armata di forconi e stare a sentire ciò che dice non è mai sintomo di grossa intelligenza. Soprattutto rende difficile capire la situazione, deformata dalla bava, dalle urla e dalle fiamme delle torce. La prospettiva di dare fuoco a qualcuno è spesso più appetibile e rapida del doversi mettere a studiare la realtà per comprenderla, soprattutto quando l'oggetto del dibattere è tecnico e apparentemente non ci interessa. Insomma, è più facile immaginare interi team di sviluppo impegnati a lanciarsi palline di carta in ufficio o dediti alla masturbazione, invece di accettare il fatto che una situazione sistemica come quella descritta abbia cause più profonde e sfaccettate.

Come funzionano i processi di certificazione dei giochi per console? Perché causano le patch di lancio?

Come funziona la certificazione?

Per capire come mai sia conveniente e spesso necessario realizzare patch di lancio ci viene in aiuto il sempre attento Rami Ismail, uno dei fondatori di Vlambeer, che in un lungo post sul suo blog ufficiale ha spiegato i meccanismi che stanno dietro al processo di certificazione dei giochi per console e di come questi siano problematici da gestire, in particolare per gli sviluppatori indipendenti. Di base dovreste sapere che i produttori hardware dettano delle linee guida agli sviluppatori per la pubblicazione.

Pubblicare su console è un calvario?

Ogni hardware ha le sue linee guida, spesso diverse a seconda del continente (le linee guida di una console in Giappone presentano delle differenze rispetto a quelle della stessa console in Europa o in America del Nord) e se si vuole avere l'approvazione per la pubblicazione bisogna attenersi strettamente alle molte richieste che vengono fatte. Si tratta di sistemi concepiti in un'epoca pre-internet, pensati per garantire un certo livello qualitativo a tutti i prodotti. Badate bene che per livello qualitativo non stiamo facendo riferimento a quello dei giochi, la cui cura spetta soltanto ai relativi team di sviluppo, ma a quelli che potremo chiamare criteri di confezionamento e funzionamento. Per fare un esempio concreto, se tutti gli sviluppatori adottano la stessa nomenclatura per la descrizione di un controller di una data macchina, non lo si deve alla magia, ma al fatto che i produttori hardware forniscono delle traduzioni ufficiali a cui bisogna attenersi scrupolosamente, pena la mancata certificazione. Per fare un altro esempio, se nelle schermate di caricamento dei giochi appare sempre un qualche elemento animato, fosse anche una barra di progressione, non lo dovete all'amore per la terra che da sempre buoni frutti, ma alle linee guida che impongono di non utilizzare schermate statiche che possano portare il giocatore a ipotizzare un blocco del gioco o della console. Di esempi fattibili ce ne sarebbero altri migliaia, letteralmente, ma pensiamo che abbiate capito di cosa stiamo parlando. Se vi interessa, Ismail nel suo post ne fa altri, mettendo in evidenza come a volte le richieste delle linee guida siano assurde o, addirittura, non spiegate affatto. Ciò che conta è che siate coscienti che i processi di certificazione sono lunghi e complessi e spesso, quando si parla di port da una macchina a un'altra, sono anche la parte più consistente del lavoro da svolgere.

Pubblicare su console è un calvario?

Pensate che gli sviluppatori di tripla A hanno personale dedicato alle sole certificazioni, ma ovviamente i team indipendenti non dispongono delle stesse risorse, garantite dai tanto vituperati publisher, e quindi devono arrangiarsi come possono. Le certificazioni sono uno dei motivi per i quali spesso gli sviluppatori indipendenti faticano ad annunciare con grosso anticipo date di lancio precise per i loro giochi. A esse dobbiamo anche i lanci dilazionati: Nintendo, Sony e Microsoft hanno sistemi di certificazione differenti e spesso passarne uno non significa automaticamente passarne un altro. In generale si tratta di un processo burocratico complesso, fatto di lunghe attese e di un lavoro certosino di verifica, che si scontra con problemi inattesi, a volte imprevedibili (esempio: aggiornamento del firmware della console con nuove funzionalità che vengono inserite nelle linee guida). Per chi se lo stesse chiedendo, su PC non funziona così. Certo, i grossi negozi digitali come Steam o come GOG hanno delle loro linee guida, ma sono molto più blande e riguardano più i contenuti che le funzioni di un gioco. Ad esempio è risaputo che Steam non ammette titoli con pornografia esplicita, ma non gli interessa se qualcuno pubblica un gioco incompleto; così GOG chiede di pubblicare i giochi senza DRM, ma non si mette a questionare sulla funzionalità delle classifiche online implementate (cosa che Nintendo, Microsoft e Sony fanno). Su PC il rapporto tra sviluppatore e giocatore è, nel bene e nel male, più diretto.

Quelle vecchie ferraglie dei processi di certificazione

Torniamo alle nostre amate certificazioni. La questione si complica ulteriormente se si vuole pubblicare il proprio gioco su disco, oltre che in digitale. Ismail fa notare nel suo post, ma è un'informazione nota, che per poter arrivare nei negozi entro una certa data, bisogna mandare in stampa una build del gioco chiusa almeno tre mesi prima. Come mai? Be', intanto bisogna inviarla alla certificazione, seguendo l'iter descritto nel paragrafo precedente, quindi bisogna avere il tempo di apportare le modifiche richieste del produttore hardware e inviare una nuova build del gioco per farla certificare. Ottenuta l'agognato foglio di via, bisogna creare una copia master e inviarla in stampa.

Pubblicare su console è un calvario?

Infine, le copie fisiche del gioco andranno distribuite nei negozi di tutto il mondo. Si tratta di un processo standard che gli studi tripla A gestiscono con una certa agilità (non sempre, in realtà, ma in generale è così), grazie anche al supporto dei publisher che si occupano di molti dei problemi che possono insorgere. Uno studio indipendente deve invece fare tutto da solo. In ogni caso si crea un buco di tre mesi in cui la gran parte del team rischierebbe di rimanere inattiva. Qui arrivano le patch del primo giorno, che rappresentano il lavoro supplementare sul gioco compiuto nel tempo che passa tra certificazione finale e la pubblicazione. Uno studio tripla A gestisce differentemente questo tempo, dedicandosi spesso a sistemare i bug irrisolti (per ovvi motivi un gioco tripla A particolarmente complesso può contenere decine di migliaia di bug in più di un gioco indie), ma uno studio indipendente in tre mesi può aggiungere interi pezzi di gioco, com'è appunto avvenuto con No Man's Sky. A tanti una situazione del genere dà fastidio, perché sembra sempre che si stia acquistando qualcosa di incompleto, ma a ben vedere la causa che la genera non è la cattiva volontà dei singoli sviluppatori, ma l'intero sistema che li circonda, di suo estremamente macchinoso, che crea dei buchi incredibili che alcuni team, semplicemente, non possono permettersi. Comunque una patch del primo giorno non è necessariamente uno svantaggio. È vero che in tempi passati uscivano giochi completi su disco senza bisogno di aggiornamenti a posteriori, ma è altrettanto vero che i giochi morivano lì e che, esaurite le due settimane di lancio, quelle in cui si concentravano le vendite, sparivano dalla circolazione. Oggi ci sono titoli che vengono supportati per mesi, quando non per anni. Che poi il mito dei giochi del passato sempre curati e completi andrebbe un tantino rivisto, dato che di titoli bacati e quasi ingiocabili è piena la storia dei viodeogiochi, soprattutto su computer. Ma questa, come si suol dire, è un'altra storia.