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Angel of Darkness: il miglior Tomb Raider di sempre

Il titolo dal potenziale inespresso che poteva sancire il successo della saga

SPECIALE di Giordana Moroni   —   27/08/2016

Grazie a Square Enix, Tomb Raider è una di quelle saghe "graziate" che ha visto un reboot con già due capitoli di successo anziché un inesorabile e drammatico tracollo, a cui per altro stava già andando in contro a causa di Underworld: Rise of the Tomb Raider, che arriverà presto anche su PlayStation 4, si attesta come uno dei migliori action sul mercato, capace di tenere testa al diretto rivale Uncharted; un cambio radicale del sistema di combattimento ed in parte del gameplay, una nuova storyline e un look della protagonista diverso rispetto al solito sanciscono un punto molto alto nella saga, forse siamo di fronte al miglior Tomb Raider di sempre... o forse no? Se vogliamo parlare di innovazione, quella così estrema da far storcere il naso anche al giocatore con le vedute più ampie, c'è stato un capitolo molti anni prima di Rise che potenzialmente aveva tutte le carte in regola per essere un successone... e che invece è stato purtroppo il punto più basso del franchise. Avete capito a che cosa ci riferiamo? Esatto, The Angel of Darkness.

Tomb Raider: The Angel of Darkness, il capitolo con il potenziale più alto dell'intero franchise

Non letale

"Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare", dice il proverbio, e con un titolo che potenzialmente poteva essere parecchio interessante ma che in realtà è una schifezza non si può andare molto lontano. Gli sviluppatori però avevano avuto numerose intuizioni per rivoluzionare il gioco, che sanciva all'epoca il passaggio tra prima e seconda console PlayStation. Essendo molti gli elementi atipici del sesto capitolo rispetto alla saga classica iniziamo per gradi. Come per il reboot un focus importante del gioco fu il sistema di combattimento: superficialmente il titolo mantenne lo stile classico ma vennero integrate due grosse novità.

 Angel of Darkness: il miglior Tomb Raider di sempre

La prima era rappresentata dall'approccio stealth e dai combattimenti corpo a corpo, un fattore molto utile e che si sposava bene con una Lara fuggitiva e ricercata che spesso poteva rimanere senza munizioni o che magari, nel caso dello stealth, non voleva semplicemente attirare su di sé l'attenzione. Un'altra grossa novità, ripresa solo in Underworld a seguito di numerose critiche che per anni hanno bersagliato la saga, è l'introduzione di un'arma da fuoco non letale, che in The Angel of Darkness era una pistola teaser e in Underworld un fucile a dardi sedativi. Anche questa una scelta molto interessante ed assennata ed in linea con la storyline, visto che spesso il giocatore si ritrova a visitare luoghi pieni di civili, come tutta la parte dedicata al museo del Louvre. Molti detrattori del franchise hanno sempre trovato infatti una profonda incoerenza tra la positività del personaggio di Lara, donna colta ed istruita, e la sua nonchalance nel massacrare qualunque cosa le capitasse a tiro, dalle persone agli animali. In entrambi i casi però il gioco mostrava numerosi problemi perché l'interfaccia comandi era complessa e non garantiva quasi mai una riuscita perfetta della presa di soffocamento o del contatto corpo a corpo anche se molto spesso era estremamente conveniente eseguirli perché l'intelligenza artificiale dei nemici era pari a quella di una patata lessa. La K2 Inpactor e la Dart SS (le pistole taser) poi erano incredibilmente sbilanciate e troppo forti per essere un'arma non letale.

Mi sento più forte!

Altre due aggiunte notevoli del gameplay erano il sistema di guarigione del personaggio ma soprattutto quello di progressione della forza di Lara. Per quanto riguarda i medicinali gli storici medikit grande e medikit piccolo vennero affiancati da barrette di cioccolato, pillole e bende avendo ben cinque oggetti curativi con una percentuale di ricarica della vita da un minimo del 10% al 100%.

 Angel of Darkness: il miglior Tomb Raider di sempre
 Angel of Darkness: il miglior Tomb Raider di sempre

Il secondo fattore è molto più accattivante, anche perché è un'altra di quelle aggiunte che sembrava voler rendere il gioco più credibile. Tutti ci siamo chiesti almeno una volta nella vita come Lara potesse stare appesa a delle sporgenze per ore senza stancarsi minimamente... e la risposta era ovviamente "è un videogioco!". In The Angel of Darkness però viene introdotto un particolare sistema di upgrade della forza di Lara che incide fortemente nelle fasi platform del gioco. All'interno dei singoli livelli erano presenti oggetti con cui interagire che andavano a segnare un incremento della forza fisica della protagonista, accompagnata da un suo "mi sento più forte"; casse da spostare, porte da sfondare e simili rendevano la nostra Lara più forte e questo si traduceva in una barra arancione che aumentava di lunghezza e che nelle fasi di arrampicata e di scatto in corsa rappresentava la resistenza della ragazza. Quando questo si esauriva Lara interrompeva lo sprint o mollava la presa e se non si era giunti a destinazione nel tempo limite il risultato era un bella frittata alla Croft. Questo meccanismo è sicuramente sintomatico di quanta cura ci fosse stata nell'ideazione del gioco e poteva rappresentare davvero una svolta per il titolo... peccato che come tutte le belle idee di The Angel of Darkness, l'introduzione del grip in scalata fu sfruttata e inserita malissimo nel gioco perché gli oggetti con cui Lara doveva interagire per diventare più forte non erano segnalati nell'avventura e il giocatore, non essendo pilotato dal gioco verso di loro obbligatoriamente, poteva lasciarseli tranquillamente alle spalle senza accorgersene per poi rimanere bloccato successivamente. L'unico modo per rimediare al problema era riprendere i salvataggi precedenti e sperare di trovare l'oggetto con cui interagire nei paraggi, altrimenti si doveva ricominciare da capo.

Un dark che non dispiace

Il sesto capitolo resta impresso nella memoria dei fan e non per il cambio drastico di look di tutto il gioco. I templi egizi vennero rimpiazzati con i vicoli bui di due capitali europee (Parigi e Praga) e per la prima volta vedemmo Lara vacillare, spaventata, senza un piano d'azione e con outfit più dark e casual del solito. La trama poi è forse una delle più avvincenti perché unisce la suspense del thriller alla classica storia alla Tomb Raider con tanto di antichi artefatti e una setta pronta a tutto per impossessarsene. Questo però non equivalse ad un abbandono della tradizione ma semplicemente propose un unione tra il classico e l'innovazione nel modo più pragmatico possibile. I livelli più tipici come La sala delle Stagioni o La cripta dei trofei sono letteralmente stratificati nel level design perché posizionati al di sotto del Louvre e del complesso Strahov di Praga. Se in queste aree era tutto più in linea con i precedenti capitoli, la superficie era invece un mondo totalmente nuovo per i giocatori, non solo per il setting urbano ma soprattutto per l'interazione con i vari personaggi della storia dove addirittura era possibile dialogare grazie a risposte multiple. Ovviamente anche questo elemento inedito era sfruttato malissimo perché in realtà esisteva solo un percorso di risposte che portava a progredire nella storia, tutte le altre erano vicoli ciechi che costringevano il giocatore a dover ricaricare il salvataggio.

L'atmosfera in The Angel of Darkness giocava quindi un ruolo fondamentale ed è in effetti la prima volta che si assistette alla creazione di un immaginario più cupo ed adulto: dal linguaggio alla presenza più esplicita del sangue fino ad ambientazioni più tetre e dai connotati quasi horror. Questo è il punto in cui va ricordata un'altra new entry importante per il gioco, ovvero Kurtis Trent. The Angel of Darkness per la prima volta introduce un comprimario maschile nell'avventura di Lara a cui vennero addirittura affidati ben due interi livelli del gioco e un boss (Il Sanatorio, Area di sicurezza e Il ritorno di Boaz). In un panorama in cui la Croft Manor, la casa di Lara, è diventato un becero DLC, con il senno di poi capiamo che questi piccoli livelli spin-off che spezzano l'avventura di Lara oggi probabilmente farebbero parte di un qualche strampalato season pass, della serie "si stava meglio quando si stava peggio". Però con The Angel of Darkness il peggio era veramente troppo: oltre a tutta la lista di features interessanti ma aggiunte in modo a dir poco sconcertante nel gioco, vanno menzionati un'interfaccia comandi console totalmente sballata rispetto ai capitoli precedenti e una lunga, lunghissima lista di bug al limite del raccapricciante. The Angel of Darkness però rimane forse il capitolo potenzialmente migliore della saga, che ha cercato senza successo di rendere più credibile la sua protagonista, sia nell'animo che nel fisico, di attualizzare e contestualizzare le meccaniche di gioco e proporre qualcosa di inedito che rompesse con la tradizione ma senza lasciarsi alle spalle il sapore del franchise... e il tutto molto prima del provvidenziale intervento di Crystal Dynamics e Square Enix. Insomma, se The Angel of Darkness fosse stato fatto come si deve probabilmente oggi non sapremmo nemmeno cosa Rise of the Tomb Raider sia.