Quanto costa produrre un videogioco tripla A? Difficile dirlo con precisione, perché raramente i publisher rendono noti i costi di sviluppo. Qualche dato comunque lo abbiamo e su quelli possiamo ragionare. Ad esempio sappiamo che The Witcher 3: Wild Hunt è costato 81 milioni di dollari, coinvolgendo un team di duecentoquaranta persone fisse, più millecinquecento collaboratori esterni. Per Grand Theft Auto V si parla di un budget di 265 milioni di dollari, mai ufficialmente confermato da Rockstar o Take-Two.
Destiny è andato anche oltre, costando a quanto pare circa 500 milioni di dollari (ma si parla dell'intero brand per un investimento a dieci anni). In alcuni casi, pur non avendo cifre precise, possiamo farci un'idea dei costi di produzione partendo dalle copie che un certo videogioco deve vendere per andare in pareggio. Ad esempio sappiamo che a quota 5 milioni di copie Max Payne 3 non aveva raggiunto il pareggio, mentre di Final Fantasy XV sappiamo che per iniziare a produrre profitti deve superare l'astronomica cifra di dieci milioni di copie. Altri dati, più indiretti e aleatori, ma comunque molto interessanti, perché riguardano titoli del 2016, ci parlano di vendite stentate per Dishonored 2, Mirror's Edge Catalyst, Watch Dogs 2, Call of Duty: Infinite Warfare, Titanfall 2, Quantum Break, Tyranny e Mafia III.
Skylanders Imaginators merita una citazione a parte perché è stato un completo disastro, al punto che sta per causare la cancellazione del brand. Di altri titoli, come Gears of War 4, è difficile dare una valutazione complessiva. Quello che sappiamo è che in alcuni territori, come il Regno Unito, le vendite iniziali non hanno raggiunto le aspettative. Chi è andato bene nel 2016? Da quello che sappiamo, FIFA 17, Overwatch, Tom Clancy's The Division, Sid Meier's Civilization VI, XCOM 2, The Elder Scrolls V: Skyrim - Special Edition, No Man's Sky, Uncharted 4: Fine di un Ladro, DOOM, forse Forza Horizon 3, Planet Coaster, Stellaris, Pokémon Sole / Luna e pochi altri. Dell'elenco dei risultati positivi va sicuramente notato che titoli come XCOM 2, Civilization VI, Stellaris, No Man's Sky e Planet Coaster non avevano sicuramente punti di pareggio stratosferici, vista la loro natura, così come Skyrim, che è l'edizione Remastered di un titolo che aveva ampiamente superato il punto di pareggio all'epoca della sua prima uscita. Ecco, questo è un nodo importante da far capire: nel mercato attuale vanno meglio giochi come Civilization VI, che attualmente, stando a Steam Spy, ha superato le 1,3 milioni di copie vendute, o Planet Coaster, che si aggira intorno a quota 400 mila copie, di altri che, pur vendendo milioni di copie non riescono a ripagare quanto sono costati.
Il mercato dei tripla A è in declino, ma quanto? Cerchiamo di capirlo...
La situazione non è buona
In assenza di numeri come si fa a dire se un titolo è andato bene o male? Be', ci sono le indiscrezioni: si parla con i PR o con persone dentro l'industria. Alcuni non vogliono esporsi pubblicamente, ma in privato sono estremamente loquaci. Va notato inoltre che quando le vendite vanno bene, sviluppatori e publisher non mancano mai di esprimere in qualche modo la loro soddisfazione diventando più espansivi.
Se vogliamo ci sono anche i saldi: quando un titolo va in saldo troppo presto non è mai un buon segno. Certo, ci sono anche offerte che servono a consolidare la base installata, ma in generale gli sconti precoci hanno sempre il sapore del "si salvi chi può". Insomma, l'industria sa bene i suoi dati e gli operatori sono a conoscenza non solo dell'andamento dei loro prodotti, ma anche di quelli degli altri. Inoltre ci sono le società di analisi di mercato, che la vulgata vuole come inutili, ma che in realtà sono importantissime perché fungono da faro per gli investitori terzi, che magari del mercato dei videogiochi non capiscono nulla ma hanno soldi da spendere e vogliono vederli fruttare. Certo, l'intero meccanismo sopra descritto è fallace è soggetto a errori, ma è così che funziona e spesso quando si parla di videogiochi ci si dimentica di tutto ciò che ci gira intorno, limitandosi a farsi ammaliare dalle lucette delle fiere, o dalle dichiarazioni di qualche big dell'industria. Quest'anno purtroppo il racconto che viene fuori dal mercato non è positivo. Tirando le somme su quanto espresso finora possiamo affermare con sicurezza che la maggior parte dei tripla A ha prodotto perdite, in particolare quelli più tradizionali. Il settore VR non ha compensato e, anzi, è andato molto sotto le aspettative, con PlayStation VR che pare riuscirà a vendere meno della metà del preventivato e i giochi VR che raramente si sono affacciati nelle top 40 e mai nelle top 10. Insomma, la situazione non è buona, come canterebbe Celentano.
Cambio di status
Molti a questo punto opporranno il fatto che è normale che la gente non compri, viste le offerte che vengono fatte a ridosso dell'uscita. Ovvio che sia così e in un certo senso è l'industria che se l'è voluta. Se uno, dopo aver acquistato un prodotto a prezzo pieno, magari anche con qualche problema di troppo, scopre che passate appena due settimane lo avrebbe pagato molto meno, è fisiologico che trasformi di conseguenza le sue abitudini di consumo. Detto questo un'industria non può campare sugli sconti. Questi ultimi dovrebbero arrivare quando un prodotto ha già dato il possibile al suo prezzo naturale. Un mercato in cui i consumatori dichiarano apertamente di non voler pagare una certa cifra per un certo prodotto è destinato non necessariamente al fallimento, ma al ridimensionamento e al cambiamento. E quest'anno la voce del videogiocatore è stata forte e chiara: a prescindere dalla qualità, i giochi tripla A a prezzo pieno non si vendono più; ossia, si vendono, ma non al punto da coprire i costi di produzione. Ora, in un articolo che pubblicheremo tra qualche giorno discuteremo nel dettaglio dove sta andando il mercato e quale potrebbe essere l'eredità di questo triste 2016. Qui possiamo accennare che le cause del declino dei tripla A sono diverse e di non facile soluzione: i già citati saldi continui, le minori disponibilità economiche dei giocatori per via della crisi, la frammentazione del mercato, gli acquisti concepiti come investimenti a lungo termine, che ormai prescindono dalla qualità dell'esperienza offerta, la presenza di videogiochi che consumano quasi completamente il tempo libero dei singoli utenti dedicato ai videogiochi (pensate The Division, Destiny, Overwatch e molti altri) e altre situazioni contingenti. Il quadro, dal punto di vista del mercato tradizionale, è drammatico e in futuro ci sarà sicuramente una ulteriore diminuzione nella produzione di titoli ad alto budget, a favore di prodotti con costi iniziali minori e più gestibili nel medio/lungo periodo. Traduciamo: meno tripla A classici, meno single player, più titoli lanciati con contenuti limitati per essere espansi con il tempo, sostentati dalla vendita di espansioni e dalle microtransazioni. Insomma, i videogiochi stanno sempre più perdendo il loro status di opere portatrici di esperienze uniche, per assumere quello di giocattoli ultratecnologici con cui passare più tempo possibile senza annoiarsi. Alcuni produzioni tradizionali rimarranno, perché il mercato ancora c'è e perché in fondo una software house come Naughty Dog assicura sempre ottime vendite e non avrebbe senso metterla a fare altro, così come, per fare altri esempi, CD Projekt Red e Bethesda non avrebbero alcun interesse ad abbandonare una fascia di mercato che le vedono leader. Il numero di prodotti tradizionali è però destinato inevitabilmente a calare, a meno che il mercato tradizionale non si risvegli all'improvviso. Questo solo il 2017 ce lo potrà dire.