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Il miglior sparatutto del 1996

Abbiamo provato la versione quasi definitiva di STRAFE, uno sparatutto estremo nella forma e nella sostanza

PROVATO di Mattia Armani   —   19/04/2017

STRAFE è arrivato su Kickstarter a cavallo di un trailer eccessivo anche nel suo rievocare lo splatter anni novanta, un concentrato di horror surreale realizzato per sfidare gli amanti degli sparatutto in prima persona della vecchia scuola e per attirare l'attenzione sulla campagna di finanziamento. Centrato l'obiettivo, i ragazzi di Pixel Titans hanno lavorato per oltre due anni su un gioco che nasce dalle carni stesse di Quake, nella forma e nella sostanza. Alcuni modelli, come quelli delle armi, mettono in campo qualche poligono in più, ma parliamo di una manciata di triangoli per un titolo che guarda alla grafica come mero strumento per omaggiare i primordi della grafica tridimensionale. A dominare costantemente la scena sono ambienti spartani, texture poco definite e oggetti decisamente semplificati che non distraggono dalle esplosioni, dalla violenza e dall'azione resa frenetica dalla velocità, dalle orde di nemici e dai proiettili che rimbalzano sulle superfici saturando interi corridoi di piombo. Il risultato è uno sparatutto dal piglio caotico, sebbene fondato su meccaniche piuttosto precise, di quelle che fanno del giocatore il protagonista assoluto dell'azione.

STRAFE è un omaggio viscerale agli FPS vecchia scuola, condito con meccaniche decisamente moderne

Protagonista assoluto dell'azione

Rumorosamente ironico, STRAFE si presenta come il "miglior FPS del 1996" e calcola il progresso del giocatore in galloni di sangue versato, ma sarebbe poco saggio sottovalutarlo. Con Quake come ispirazione non ci stupisce che il titolo Pixel Titans conceda grande importanza a mira e reazioni, mettendo il giocatore di fronte a movimenti rapidi, proiettili contati e armi prese direttamente dallo stile id Software. Non manca davvero nulla tra mitragliatore, un'arma capace di sparare palle di plasma, un paio di armi a singolo colpo in stile railgun, un potente lanciamissili e l'immancabile fucile a pompa da usare con estrema precisione per effettuare il massimo dei danni a distanza ravvicinata.

Il miglior sparatutto del 1996
Il miglior sparatutto del 1996

Ma la natura di STRAFE non si esaurisce nell'omaggio ai vecchi tempi. La formula da sparatutto d'epoca che ci fa l'occhiolino con la sua grafica spartana, si combina con diverse dinamiche roguelike che oggi spopolano nel mercato dei titoli indie. Questo significa che abbiamo a disposizione una singola vita con cui superare una dozzina di livelli generati proceduralmente e quindi sempre diversi dal punto di vista della complessità e della difficoltà. Quest'ultima dipende infatti dalle posizioni dei nemici, dalla disponibilità di armi più o meno potenti, dalla presenza di barili esplosivi, di macchinari per il rifornimento e di stazioni di cura. Inoltre le variabili includono bombe a mano aliene, stazioni di upgrade che ci permettono di modificare le armi, come nel caso del fucile a pompa che diventa una doppietta, e fanno si che l'arsenale complessivo di STRAFE offra oltre trenta opzioni. Tutto condito da livelli spesso pieni di passaggi verticali che attraversano scuri condotti e miniere, zeppi di orde di nemici non molto intelligenti ma che ci attaccano da ogni parte. A questo si aggiungono fiamme e torrette le cui armi lasciano tracce di acido che danneggiano se calpestate. Inoltre alcuni nemici hanno elmi mentre altri si lasciano cadere dal soffitto e compiono ampi balzi creandoci problemi soprattutto negli spazi chiusi. Tutto questo contribuisce a rendere la difficoltà casuale e variabile, sebbene ci siano punti fermi che da una parte incrementano la sfida e dall'altra le possibilità per affrontarla. Procedendo attraverso le quattro aree principali, ognuna divisa in tre livelli, aumentano i nemici da affrontare, le porte da aprire e le chiavi da trovare, ma le stazioni di rifornimento ci permettono di spendere le risorse accumulate per ottenere punti armatura, proiettili e via dicendo. Inoltre, completando alcuni livelli si raggiunge un negozio che permette di spendere degli specifici punti per ottenere ulteriori aiuti che includono persino un jetpack.

Nuove meccaniche, anima vintage

STRAFE non ha nemmeno una briciola di multiplayer ma non ci fa mancare parecchi segreti, un minigioco ispirato a Wolfenstein 3D, una modalità orda con qualche piccola variante e la modalità principale che ci accoglie senza complimenti nella classica stazione spaziale zeppa di mostri. In entrambi i casi prima di dare inizio al massacro, il nostro ovviamente, possiamo scegliere un'arma tra mitragliatore o fucile a pompa dotati di lanciagranate o, ancora, un fucile al plasma che dispone di un potente colpo secondario caricato. Tutto il resto, inclusa la chiave inglese che è senza dubbio più efficace dei pugni, ci aspetta nel bel mezzo dell'azione, tra zombie, scorpioni, colossi, mostri a quattro zampe, cadaveri, casse da rompere e rozzi agglomerati di pixel convinti di essere computer che esplodono.

Il miglior sparatutto del 1996
Il miglior sparatutto del 1996

Ma la grafica spartana non è di certo da considerarsi un problema per un gioco che punta a essere il più violento e realistico del 1996. E ci riesce, spiccando come omaggio a un'epoca fatta di texture sgranate e cascate di sangue, nonostante le collisioni approssimative, i segmenti delle mappe che si ripetono fin troppe volte e qualche bug grossolano che può avere effetti devastanti sulla partita vista la difficoltà decisamente elevata. Speriamo, ovviamente, che la versione finale sia più rifinita, ma ci lasciamo distrarre, almeno per il momento, da un delizioso contorno pieno di chicche come la musica che diventa ovattata accedendo ai menù, gli spruzzi di sangue dinamico che inondano interi livelli, il caricamento con lo schermo che si scioglie in stile Doom, la mappa consultabile in gioco su un terminale, la modalità con grafica 320x200, i robot che ballano la macarena e un terminale DOS che ci chiede addirittura di lanciare un eseguibile per lanciare la modalità orda. Tutto condito da una colonna sonora che in alcuni frangenti risulta fin troppo ripetitiva, ma è senza dubbio azzeccata pur rinunciando all'hard rock degli sparatutto anni novanta. Le sonorità d'epoca ci sono, ma si perdono nell'ormai classica techno da titolo indipendente che mescola videogiochi d'epoca e immaginario retro futuristico moderno, risultando però peculiare grazie a sonorità cupe e versi inquietanti che ci riportano ai film horror degli anni ottanta. Siamo senza dubbio nell'universo di Carpenter, anche se il ritmo è decisamente più veloce, accelerato per spingere adrenalina e riflessi al massimo. Strana, però, la scelta di vincolare un brano a ogni livello in un roguelike che ci costringe a rigiocare migliaia di volte il primo stage che finisce per risultare ancora più ripetitivo con il ripetersi del medesimo pezzo. L'orda, invece, ci permette di scegliere il brano all'interno della modalità stessa ed è una possibilità che non ci dispiacerebbe vedere anche nella modalità principale anche se si tratta di un problema secondario per un gioco che mette a disposizione del giocatore controlli e comodità moderne, ma vuole essere vintage fino in fondo e non si fa problemi a mettere in campo ascensori tanto spartani da essere difficilmente riconoscibili, nemici che non fanno rumore quando si muovono e mira sfalsata rispetto a una prospettiva che è resa inevitabilmente approssimativa dalla marcata povertà poligonale. Solo accettando questa impostazione, che a differenza dei problemi di codice non è destinata a cambiare con la release finale del nove maggio, è possibile godere a pieno di STRAFE, uno sparatutto che con una manciata di poligoni sembra capace di dire tutto quello che deve dire. Resta da vedere chi deciderà di spendere 20 euro per ascoltarlo.

CERTEZZE

  • L'anima e la forma di un vero sparatutto vecchia scuola
  • Le meccaniche roguelike si incastrano bene in questa formula
  • Sfida, armi e adrenalina in abbondanza

DUBBI

  • La cosmesi farà storcere il naso a parecchi
  • Bug fastidiosi e collisioni fin troppo approssimative
  • Restano da vedere longevità effettiva e bilanciamento