Devi avere un nome appropriato, se vuoi diventare un action hero famoso. Ti devi vestire tendenzialmente di m***a, come un poveraccio scappato di casa mentre faceva la controfigura di Celentano in un film, e averci un nome figo. Sono le regole. Indiana Jones, Lara Croft, John McClane. È questo, probabilmente, che spinge dieci anni fa Naughty Dog a chiamare il suo nuovo personaggio Nathan Drake, anziché, che so, Ifigenio Spetazzi. Nathan Drake, presunto (credici) discendente del corsaro Sir Francis Drake. Nientedimeno. Ce ne avevano in famiglia pirati fatti cavalieri da Elisabetta I, gli Spetazzi? No? Vedi?
La botta di fortuna di Drake
È il 2007, PlayStation 3 è la console di punta Sony e Nathan Drake, detto Nate, recupera la bara del suo antenato per trovare l'ubicazione di El Dorado, mitologica città d'oro in cui ancora vendono, sembra, il gelato Cucciolone degli anni '80, quello senza le barzellette sceme che vorresti spararti in una gamba dopo averle lette. Con lui, la giornalista Elena Fisher e il vecchio Victor Sullivan, detto Sully. Sully e Nathan si liberano di Elena grazie alla vecchia e consolidata tecnica del Guarda là!, finiscono nel Rio delle Amazzoni e si ritrovano alle prese con un cacciatore di tesori senza scrupoli alla guida di una cumpa di mercenari. Meglio farci l'abitudine, Nate, ascolta un cretino. Solo che El Dorado non è una città e neanche un'azienda di gelati vintage, ma una statua, Nathe ammucchia un quantitativo di cadaveri da guerra di confine, e prima dei titoli di coda finisce tutto in fondo al mare: la statua, il suo rivale e pure la possibilità di limonarsi Elena, perché Sully si presenta sulla scena reggendo un moccolo nel momento sbagliato.
Risultato della prima avventura, morti a parte: tesori perduti, tracce di antiche civiltà distrutte. Anche questo, un grande classico della serie: pochi anni prima, cronologicamente parlando, era già toccata la stessa sorte a Quivira in Uncharted: L'abisso d'oro. Fortuna per loro che Sully ruba una barca piena d'oro e possono andarsene a bere spuma in qualche bar dei Caraibi cantando Maracaibo di Lu Colombo fino all'alba. Zan-zan!
Il covo dei colleghi
Due anni più tardi, in Uncharted 2: Il covo dei ladri, Nate si risveglia in un treno semidistrutto che sta per finire giù da una montagna. Ma no, non ha preso un interregionale in Calabria. L'antico cimelio da distruggere sulle tracce del quale è finito lì, stavolta, sono le navi di Marco Polo. Drake viene messo sulla nuova pista da un suo vecchio amico, Harry Flynn, che ovviamente è uno sporco doppiogiochista che lo fa arrestare e sbattere in una prigione turca. Sottolineate più volte il verbo sbattere. Ma con Harry c'è anche Chloe, vecchia fiamma di Nate e ancora discretamente patonza. Nate, senti un po', ma com'è che dove ti giri giri c'è sempre "pheega"? E insomma il segreto dei Polo porta tutta la banda (alla quale si unisce inevitabilmente Elena) in Nepal e in Himalaya, e ci sono di mezzo anche qui i nazisti, che appena trovano un emulo di Indiana Jones si gettano nella mischia, e alla fine Nate sceglie Elena anziché Chloe, tra i buuu di una parte del pubblico maschile. I due limonano felici esaminando giornali tipo Lando e ammirando il tramonto, mentre alle loro spalle brucia la mitica città di Shambala. È più o meno da questo punto in poi che quando sentono parlare di Nathan Drake, Giacobbo e i suoi colleghi si toccano subito le balle.
L'inganno di coso, come si chiama?
In Uncharted 3: L'inganno di Drake, il cattivo di turno è questa volta una cattiva, Katherine Marlowe. Nate e Sully fingono di farsi ammazzare per fare i simpa, e in ballo ci sono l'anello di Sir Francis Drake, rubato molti anni prima da Nate in Colombia, e soprattutto l'ubicazione di un'altra città del mito, Ubar o Iram dei Pilastri, così chiamata perché vittima da secoli di una feroce speculazione edilizia. Tornano in scena Chloe ed Elena, giusto per guardarsi storte e criticare l'una le doppie punte e le smagliature dell'altra, la villanzona muore nelle sabbie mobili e l'intera città di Ubar, manco a dirlo, sprofonda nel deserto.
L'altro pirata
E arriviamo così a poco più di un anno fa, al clamoroso quarto capitolo delle sgambate di Drake, Uncharted 4: Fine di un Ladro. Nate ed Elena sono sposati da tre anni e lui, al posto di mandare in vacca antichi tesori, si è messo a fare il raccattarifiuti speciali. Ha senso. Solo che salta fuori un fratello perduto da tempo, Sam.
Per Sam, che sembra il Dylan di Beverly Hills 90210 invecchiato malissimo, Nate cede al richiamo dell'Avventura, mentendo alla moglie come Fantozzi quando prendeva di nascosto lezioni di biliardo. I due fratelli e Sully si imbucano a una festa pazzesca chiaramente finanziata dai mafiosi dalle parti di Amalfi, e finiscono in Scozia e in Madagascar, sulle tracce di Libertalia, leggendaria colonia pirata dove nessuno pagava le tasse e delle cartelle di Equitalia se ne sbattevano il pappagallino.
Ma Elena scopre l'inganno, è delusa, non fa aprire la lettera a Maria De Filippi, mentre l'ennesimo flashback spiega che Nathan e suo fratello non si sono mai chiamati davvero Drake, cognome assunto dopo aver fatto schiattare una vecchia. Il loro vero nome è Morgan. Parenti di.
Naturalmente Libertalia, il galeone... va tutto in fiamme o a pezzi, chiaro, ma Elena e Nate risolvono i loro problemi di coppia perché si dedicano a un'attività di ricerca maggiormente avventurosa e lei riprende il suo vecchio show televisivo. Dice che ora lo mandano su Real Time, tra i proprietari dei ristoranti che litigano e quelli che scovano cessi vecchi in garage per rivenderli su Internet. E poi c'è quell'epilogo là, ché il tempo passa, i figli crescono ed è un attimo che ti sei fatto vecchio e finisci a raccontare ai nipoti sempre le stesse storie. Tipo che nove anni prima c'era questo finto Indiana Jones che si arrampicava come una scimmia e faceva troppo lo sborone, e che ora, attraverso gli occhi di sua figlia, un po' ti commuovi a vedere come gli anni passano. Qua una volta era tutta campagna digitale e Crash Bandicoot, ti dici.