Per qualcuno frutto di pura fantasia e per altri figlia di un'antica verità, la leggenda di Re Artù ha attraversato le epoche cavalcando sentimenti popolari e sogni conditi con quel pizzico di amarezza che rende umana anche la più fiabesca delle storie. Non è un caso che l'eroe di Camelot, forse immagine residua di un condottiero bretone romano davvero esistito, sia ancora oggi tra i personaggi più amati, protagonista nei secoli di resoconti storici, di saghe letterarie, di cartoni animati, di grandi film e di film un po' meno grandi. Per questo non ci sorprendiamo nel ritrovarlo in quasi quaranta videogiochi, e spesso da protagonista. E approfittando dell'arrivo su Infinity di King Arthur - Il Potere della Spada, divertente e adrenalinica pellicola cinematografica con protagonisti Jude Law e Charlie Hunnam, con la regia di Guy Ritchie, abbiamo pensato di passare in rassegna i titoli che, nel bene o nel male, sono rimasti impressi nella nostra memoria.
Un Artù per tutte le stagioni
Presenza costante nell'evoluzione del videogioco, Re Artù è un condottiero impegnato a rimettere insieme un regno diviso ed è proprio così che ha avuto inizio la sua carriera digitale. Il primo videogioco noto ad averlo per protagonista è stato infatti Excalibur, un strategico pionieristico sviluppato per le console Atari a 8-bit. Ed è stato davvero un inizio alla grande, per quanto il primo gioco dedicato alla leggenda arturiana sia un altro: nel 1982 infatti, è uscito Galahad and the Holy Graal, sempre per Atari 8-bit, tutto incentrato sul celebre figlio di Lancillotto, conosciuto per la sua purezza. Non a caso ha ricevuto l'incarico di ritrovare il Graal, obiettivo che persegue in un action-adventure embrionale ma capace di distinguersi in un'epoca di fermento e sperimentazione. Un'epoca in cui spesso le avventure erano ancora testuali, pur iniziando a integrare un po' di grafica sulle macchine più evolute. Ed è proprio questo il caso di Lancelot, del 1988, nuovamente incentrato sulla ricerca del Graal e considerato tra i migliori nel suo anno di uscita a coronamento di una partenza in grande stile. Ma la prima frenata era dietro l'angolo con Arthur: The Quest for Excalibur, una delle poche avventure Infocom a integrare grafica e personaggi, ma anche l'ultimo e probabilmente peggior titolo ufficialmente sviluppato dalla leggendaria software house statunitense.
Questo però, non ha fermato Artù che è partito alla ricerca del sacro calice in una memorabile avventura in stile Sierra. Criticato per i puzzle ma premiato per la storia, Conquests of Camelot: The Search for the Grail rappresenta il debutto nel mondo dei videogiochi di Christy Marx e Peter Ledger, ai quali dobbiamo anche lo splendido Conquest of Longbow e una degna conclusione della storia di Artù nel mondo delle avventure grafiche di stampo classico. L'anno successivo infatti, è tornato il turno dei giochi di ruolo con Spirit of Excalibur: probabile debutto di Artù su Amiga e Atari ST, il titolo ha suscitato perplessità a causa della carenza di informazioni in gioco, ma ha sorpreso grazie alla splendida veste grafica, sia delle mappa di viaggio che delle scene di combattimento, guadagnandosi persino un sequel. Non lo ha invece avuto Excalibur: Morgana's Revenge, nato da una costola di Marathon, che ha portato Camelot persino nel mondo degli sparatutto in prima persona grazie al lavoro di modder e sviluppatori sparsi per il mondo che sono stati capaci di tenere in vita il progetto fino a una manciata di anni fa.
C'è un gran castello nella contea di Camelot
L'era dei 16-bit non è stata delle migliori per il leggendario sovrano di Camelot, ma non è stata nemmeno delle peggiori e questo grazie anche al Super Nintendo. Il punto di partenza è stato Knights of the Round, un ibrido tra picchiaduro cooperativo e gioco di ruolo che nel 1991 ha visto parecchi giocatori di vecchia data litigarsi la possibilità di utilizzare Re Artù nonostante la ripetitività del gameplay. Ma d'altronde parliamo della possibilità di vestire i panni di una leggenda, di nome e probabilmente di fatto, ancora protagonista in King Arthur's World, uno strategico a scorrimento orizzontale del 1993 in qualche modo debitore anche ai Lemmings di DMA Design. Memorabile, per quanto non imprescindibile, il titolo Argonaut spiccava anche per la possibilità di utilizzare il mitologico Super NES Mouse. Ciononostante non ha di certo suscitato il clamore di Young Merlin, da qualcuno bollato come un action RPG di buon livello e da qualcun altro paragonato addirittura a Zelda. Non c'è stata invece discussione intorno a King Arthur & the Knights of Justice, un tie-in uscito nel 1995 e diventato un RPG alla Zelda che menzioniamo giusto per completezza al pari del famigerato Time Paradox, un'avventura dedicata ai viaggi temporali celebre solo per le promesse deluse e l'enorme ritardo.
Eppure al peggio non c'è mai fine come dimostra Chronicles of the Sword, un'avventura del 1996 per PC e PlayStation che finisce nella nostra panoramica non per gli ambienti 3D renderizzati, ma per una media di voto tanto pessima da valere anche un premio come peggior gioco dell'anno. Non a caso preferiamo tornare alle due dimensioni di Blazing Dragons, efficace avventura tratta dalla celebre parodia animata a episodi di Terry Jones. Ma purtroppo il sorriso dei fan di Artù si è spento subito, in barba all'utilizzo dei pixel, con Quest for Camelot, ennesimo tie-in ed ennesima scopiazzatura di Zelda. E non è bastata di certo la comparsata in Final Fantasy VII con la summon Knights of the Round per cancellare la delusione. Ma la sorpresa era dietro l'angolo e benché pochi l'abbiano colta merita una menzione visto che è stata partorita da Julian Gollop. Parliamo del 1998, del creatore di X-Com e di un gioco a turni, in parte ambientato ad Avalon, che ha conquistato la critica grazie all'articolato sistema di incantesimi e grazie alle particolari scene di intermezzo realizzate con modelli di argilla: Magic and Mayhem. Non ha invece conquistato nessuno Arthur's Knights: Tales of Chivalry, per certi versi strutturalmente simile a Ecstatica ma uscito sei anni dopo, nel 2000, con le stesse debolezze strutturali e senza lo stesso appeal.
L'era moderna
Il nuovo millennio è iniziato piuttosto bene con un MMORPG che ha lasciato il segno. Parliamo, è chiaro, di Dark Age of Camelot, dei suoi enormi giganti, dei cavalli autobus e del PvP reame contro reame, che ha plasmato il presente dei giochi online. Le cose, però, sono presto scivolate nel più profondo dei baratri. Nel 2002, infatti, è arrivato quello che per molti è il peggior titolo dedicato alla leggenda di Camelot. Pur rimettendoci nei panni del leggendario eroe, infatti, Arthur's Quest: Battle for the Kingdom lo fa male, ma così male che preferiamo volgere lo sguardo verso il tie-in di King Arthur, un musou occidentale di qualità media, imparagonabile a un Dinasty Warrior qualunque, ma senza alcun dubbio migliore dell'abominio targato 3LV Games. E lo stesso discorso vale per Tzar: Excalibur e il Re Artù, un classico strategico di FX Interactive, tanto semplice quanto efficace.
Ma per tornare a sorridere davvero è il caso di passare a Tomb Raider: Legend che nel 2006, celebrando la leggenda di Re Artù, è stato per molti un gradito ritorno allo spirito originario del franchise Crystal Dynamics. Non ha invece scaldato gli animi Stronghold Legends, nonostante la fazione arturiana abbia come unità speciali tutta la Tavola Rotonda, Merlino incluso. Ma non ce la sentiamo di criticare troppo il titolo Firefly, benché sia considerato come l'inizio del declino per la serie Stronghold, di fronte a Sonic and the Black Knight. Già trascurabile come capitolo della travagliata saga di Sonic, tratta piuttosto male l'ambientazione al contrario del titolo con cui si chiude la nostra panoramica. Frutto del lavoro di NeocoreGames, King Arthur: The Role-Playing Wargame è rozzo e forse troppo ambizioso, ma riesce nel difficile intendo di combinare gioco di ruolo autentico, qualcosa di Might & Magic e battaglie in stile Total War. Ed è un traguardo niente male sfociato in un seguito migliore dal punto di vista tecnico ma inficiato dalla mancata evoluzione della profondità di gioco e del bilanciamento, vera pecca della serie con cui concludiamo questo nostro viaggio. Un viaggio pieno di buche, alcune delle quali piuttosto profonde, ma non privo di momenti memorabili, come le gesta, vere o presunte, del leggendario eroe.