Di intelligenza artificiale nei videogiochi si parla da sempre, è uno di quei temi sventolati all'inizio di ogni nuova generazione di hardware, una di quelle promesse che sembrano sempre sul punto di avverarsi e di rendere la vita di noi giocatori qualcosa di meraviglioso e inedito. Poi arriva il momento del confronto con la realtà e affiora con prepotenza la consapevolezza che i progressi fatti in termini grafici negli ultimi dieci - quindici anni non sono andati di pari passo con altrettanto impressionanti progressi nel campo delle IA. Comunque la si voglia vedere, è indubbio che il tema sta assumendo sempre più valore anche al di fuori dei videogame, uno dei banchi di prova tradizionali, e che gli interessi alle spalle di grossi business del futuro (basti pensare alle automobili in gradi di guidarsi autonomamente) apriranno la porta al tanto agognato salto nel futuro dell'intrattenimento. Parte di queste novità, in ogni caso, sono già una realtà e Ubisoft ci ha invitato a scoprire in quali ambiti si è portata avanti con il lavoro.
Sotto il cofano
Quando pensiamo all'intelligenza artificiale applicata all'ambito dei videogiochi ci vengono in mente nemici più complessi da battere, capaci di adattarsi alle nostre mosse e rispondere adeguatamente. Un'applicazione destinata a migliorare e a fare passi in avanti, ovviamente, ma senza strappi nell'immediato: da una parte non è semplice automatizzare quanto prima veniva fatto a mano, un po' perché i risultati sulle prime potrebbero essere inferiori e gli standard qualitativi richiesti sono sempre altissimi, un po' perché le IA sono pensate per la massima ottimizzazione ed efficienza, cosa che non sempre va di pari passo con il divertimento. Basti pensare all'idea di nemici troppo complessi da battere. Per ora quindi il grosso del lavoro avviene dietro le quinte, ma aiuta ugualmente alla realizzazione di esperienze sempre più complesse e rifinite. Nel campo del motion capture, ad esempio, dopo aver raccolto tutte le animazioni è oggi possibile utilizzare software in grado di aggiustare i dati accumulati in quattro minuti, ottenendo risultati simili a quelli a cui uno sviluppatore giunge dopo circa quattro ore di lavoro. Un discorso simile vale per la sincronizzazione del labiale nelle diverse lingue in cui un titolo viene localizzato, che è un processo molto dispendioso ma può essere ora demandato alla capacità di apprendimento e calcolo di speciali intelligenze artificiali. In For Honor, per citare un caso concreto, il bilanciamento viene in parte indagato attraverso programmi che provano tutte le combinazioni possibili di attacco e difesa, cercando di individuare eventuali sequenze che squilibrano l'esperienza. In futuro ci saranno modelli creati da zero senza l'intervento (almeno sulle prime) di grafici, linee di dialogo generate sulla base di istruzioni di base pre caricate e quest sempre più complesse, paragonabili a quelle scritte da professionisti del settore ma prodotte da algoritmi e poi perfezionate a mano in modo da rifinirle. Il limite di questo processo, così come di tutti i salti in avanti tecnologici, è che il tempo che intercorre tra gli studi accademici e l'applicazione in prodotti veri e propri è molto lungo, per questo Ubisoft ha creato The Forge, un punto di incontro tra i suoi ingegneri e gli accademici di alcune università specializzate in tecnologia in giro per il mondo. La speranza è quella di rendere più semplice il processo che porta da uno studio alla messa in pratica. La volontà è di creare giochi migliori ma non solo: tornando alla guida autonoma citata in apertura, gli stessi algoritmi che permettono questo tipo di approccio alla guida sono già stati presi e portati in un titolo come Watch Dogs 2, dando modo alle aziende interessate di condurre un gran numero di test virtuali che assumono un valore simile a quello degli esperimenti su strada. Le possibilità sul tavolo sono davvero tantissime ma alla fine, aspettando di capire quanto lontano ci spingeremo nei prossimi tre - cinque anni, la richiesta è la solita: di creare prodotti migliori e darci modo di superare alcuni limiti da troppo connaturati nel mondo dell'intrattenimento videoludico.