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Ubisoft, Yves Guillemot e il concetto di proprietà applicato ai videogiochi

Le parole pronunciate da Yves Guillemot, CEO di Ubisoft, durante l'ultimo incontro con gli investitori hanno fatto discutere sul concetto di proprietà applicato ai videogiochi e su come sia cambiato nel corso del tempo.

NOTIZIA di Tommaso Pugliese   —   23/07/2025
Yves Guillemot, CEO di Ubisoft

Si è parlato molto, negli ultimi giorni, del concetto di proprietà applicato ai videogiochi e di come la situazione sia cambiata nel corso degli anni, concedendo ai publisher il potere di interrompere un'esperienza e persino revocarne la licenza d'uso laddove mantenerla attiva non sia più conveniente per l'azienda.

"Nulla è eterno", ha detto il CEO di Ubisoft, Yves Guillemot, affrontando per la prima volta il tema della campagna Stop Killing Games ma in una maniera per molti versi cieca e sorda rispetto a quelle che sono effettivamente le richieste di chi ha sottoscritto la petizione: aggiornare i giochi perché possano essere utilizzati a prescindere dallo spegnimento dei server e non continuare a sostenere questi costi per puro spirito di servizio.

I videogiocatori della vecchia guardia ricordano bene come funzionavano le cose fino a qualche anno fa, quando acquistare un gioco significava effettivamente possederlo perché quel supporto, che si trattasse di una cartuccia o di un disco, poteva essere utilizzato sempre e comunque - a meno di non spaccarlo o graffiarlo - e nessuno si arrogava il diritto di "annullare" il nostro acquisto.

Il CEO di Ubisoft ha parlato di Stop Killing Games, spiegando che "nulla è eterno" Il CEO di Ubisoft ha parlato di Stop Killing Games, spiegando che nulla è eterno

L'avvento delle console connesse a internet, con tutto ciò che ne consegue, ha però rivoluzionato il modo in cui si fruisce dei videogiochi fra aggiornamenti obbligatori a partire dal day one, always online e naturalmente tutta la categoria dei live service, nata dai semplici moduli multiplayer separati dalle esperienze principali.

Giochi come servizi... a tempo

Secondo i publisher le richieste legate all'iniziativa Stop Killing Games risulterebbero "troppo costose", ma basterebbe in realtà prevederle fin dall'inizio per ammortizzare l'investimento e alcune semplici mod su PC hanno dimostrato in maniera eloquente che si tratta di una strada percorribile.

Yves Guillemot
Yves Guillemot

La questione probabilmente è un'altra: se da un lato l'implementazione di un comparto online con tecnologia peer-to-peer consentirebbe anche alle produzioni esclusivamente multiplayer di sopravvivere allo spegnimento dei server, come accaduto di recente a The Crew e XDefiant, concedere queste funzionalità andrebbe a discapito dei produttori.

Aziende come Ubisoft si troverebbero infatti a rinunciare a una fetta dei propri utenti, piccola o grande che sia, donando loro la possibilità di continuare a giocare per sempre un determinato titolo (senza poter monetizzare questa esperienza) anziché acquistarne il sequel o un altro gioco pensato per posizionarsi all'interno di quella stessa categoria.

Si continuerà dunque a parlare di servizi piuttosto che di prodotti, di engagement e di monetizzazione: tutto punta in quella direzione ed è triste pensare che l'unico possibile argine a certe politiche non sia un ripensamento da parte dell'industria bensì una eventuale normativa europea a tutela dei consumatori. Voi che ne pensate? Parliamone.

Questo è un editoriale scritto da un membro della redazione e non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.