Di esport ne parliamo quasi quotidianamente e spesso vi raccontiamo di tornei, di partite appassionanti e di tutto il colore che questo mercato è capace di generare. C'è però un sottosistema che vive e sorregge con le proprie forze tutto quello che poi arriva direttamente al pubblico, un impegno sia finanziario sia organizzativo di enorme portata che troppo spesso passa inosservato. Oggi vogliamo dunque scavare un pochino più a fondo di una delle principali organizzazione sul suolo italico, quel Team Forge che proprio lo scorso week end è andato a sollevare uno dei trofei più importanti dell'intera stagione di League of Legends. Fatica e sudore sono state finalmente ricompensate sul palco della finale dei PG Nationals vista da circa tremila persone in contemporanea per tutta la sua durata, un evento unico nel suo genere sul nostro territorio capace di radunare centinaia di persone sotto l'Unicredit Pavillion di Milano. Il torneo è stato un successo per Forge, per Personal Gamer, per i giocatori di League of Legends e anche per gli sponsor ovviamente, che in tutto questo stanno iniziando a raccogliere i frutti di un mercato pronto a esplodere ma ancora tentennante. Certo, perché riuscire a dare lavoro a interi team cosicché questi possano allenarsi con metodo e regolarità non è certo cosa comune e per capire quanto impegno e coraggio ci voglia per mettere in piedi qualcosa del genere oggi in Italia, abbiamo deciso di andare direttamente a Cagliari settimana scorsa per capire in che modo il Team Forge si stesse preparando a questo evento e quanto il modello di business messo in piedi da Alessandro Fazzi fosse in realtà replicabile da altri investitori desiderosi di fare qualcosa per l'esport sul territorio.
Una casa, un’isola e un manipolo di campioni
Prima di discutere di dati tecnici e fattibilità del progetto, è bene spiegarvi come il tutto funzioni, come si possano trasformare alcuni tra i migliori giocatori in una macchina schiacciasassi capace di andare ora in Europa e provare a conquistarsi le grandi vittorie in campo internazionale. Arriviamo a Cagliari in una giornata fredda per la media stagionale, curiosi di capire come funzioni davvero una Gaming House. Sorridiamo alla sola idea, piuttosto comune, che in una Gaming House il tempo passi tra una partita e l'altra, tra una battuta e una serie di partite classificate utili a rafforzare lo spirito di gruppo e poco altro. Campioni insomma lo si diventa giocando, o forse no, visto che l'idea di questa struttura è prima di tutto quella di regalare ai propri atleti un'impostazione rigida e disciplinata, un compito non semplicissimo se pensiamo la giovane età dei giocatori coinvolti. Pensare di poter arrivare a questi livelli semplicemente giocando e affinando le proprie tattiche è dunque un concezione estremamente lontana dalla realtà, che si basa invece su schedule piuttosto serrate e allenamenti costanti, alternati da sessioni teoriche importanti tanto quanto il gioco stesso. Non si parla ovviamente solo di League of Legends, visto che il Team Forge è una multigaming a tutti gli effetti, ma i concetti esposti in quel di Cagliari sono applicabili a tutti i titoli competitivi di maggior successo, a partire da LOL ma passando anche da Counter Strike, Call of Duty e Starcraft II, finendo poi per arrivare a Overwatch e Rainbow Six, questi ultimi però non entrati ancora a far parte del pacchetto 4G.
Quello che impressiona in tutto questo è vedere come i giocatori adatti e capaci di sostenere una pressione e una concentrazione così esose in termini di energie mentali siano una percentuale davvero risibile del pool che solitamente affossa i titoli sopracitati, arrivando come ordini di grandezza a poter considerare solo un millesimo degli utenti predisposto per diventare quello che siamo soliti chiamare PRO. È un numero che non deve spaventare o andare a infrangere i sogni di nessuno, è chiaro, ma è una cartina tornasole di quanto lo spazio in questo settore sia davvero ridotto all'osso, soprattutto se consideriamo che per arrivare in vetta e guadagnare i frutti di tutta la fatica si avranno a disposizione solo una manciata di anni. I giovani venticinquenni sono già al limite ed è difficilissimo che qualcuno sulla trentina sia incluso nei team ufficiali, nonostante la maggior esperienza e rigore strategico che sono soliti portarsi dietro come bagaglio accessorio. La più grossa difficoltà che viene a galla non appena ci si deve confrontare con chi poi questa Gaming House la gestisce è proprio il dover responsabilizzare i componenti delle varie squadre. Immaginatevi ragazzi molto giovani, buttati in una casa lontani dai genitori e incentivati a giocare al PC per un considerevole numero di ore settimanali: il caos parrebbe davvero essere a un passo. Eppure è Alessandro Sesani, il Team Manager di Forge a prendere in mano le redini della situazione, un allenatore che si trasforma anche in educatore e genitore a tempo pieno quando i turni di allenamento finiscono. Trasferirsi in una casa comune e dividere spazi con altri player, che rimangono pur sempre estranei, significa dover maturare in fretta, significa dover lasciare da parte la spensieratezza adolescenziale tipica di quegli anni e imparare ad arrangiarsi da soli gestendo in maniera corretta rapporti interpersonali con coetanei con cui si avrà poi a che fare nel quotidiano. In una Gaming House come quella dei forge, insomma, si impara a cucinare, a rispettare gli orari per la lavanderia e a mantenere un comportamento consono per il quieto vivere: in poche parole si impara a stare al mondo, forse l'ostacolo più grande per molti per arrivare ad essere PRO.
Fratelli di mouse
Se da un lato tutto questo può sembrare banale per molti, la possibilità di vivere spalla a spalla con i propri compagni crea un legame nella squadra che diventa tutto fuorché scontato. Si instaura così un rapporto di fratellanza, utile a capire e comprendere il morale di chi gioca al nostro fianco e di capirne i movimenti e le idee in maniera meccanica senza bisogno di dialogare continuamente. Come in una squadra di calcio che si muove in perfetta sincronia, la convivenza è indispensabile per creare un'alchimia unica e preziosa. Quando si arriva poi nella vera e propria zona di allenamento la situazione cambia drasticamente e ciò che accade è invece molto più aderente all'idea che tutti hanno. Le sessioni di allenamento, divise in tre parti della giornata sono seguite dai coach per le strategie e le partite vengono solitamente svolte per testare nuove proposte del team, provare nuove formazioni e discutere nuove idee che potrebbero rivoluzionare il modo di giocare, mai in maniera unilaterale. I giocatori studiano ovviamente il meta ma ci sono allenatori che lo fanno di professione in maniera costante, riportando poi al team cambiamenti, modifiche e soluzioni per poter contrastare efficacemente anche i team che dovranno poi essere affrontati nei tornei. Non si diventa così forti per caso e Alessandro Fazzi ha infatti passato diversi anni in Asia per capire e comprendere come le squadre coreane riescano a raggiungere i risultati mostruosi, studio che ha portato alla collaborazione attiva con la Chunnam Techno University, scuola di professionisti e giocatori che regolarmente allena e migliora i ragazzi del team italiano.
Quanto è replicabile?
Il progetto del Team Forge insomma è grande, ambizioso e praticamente unico in Italia. Mentre ragionavamo su tutta la struttura ci siamo anche fermati però a pensare quanto l'intero pacchetto fosse esportabile come sistema nel resto della penisola e se diverse strutture come questa potessero attivamente coesistere su un territorio così piccolo. Difficile in questo caso, secondo la nostra opinione, dare un responso assolutamente positivo. Innanzitutto i premi in Italia dei tornei sono piuttosto bassi e una macchina come 4G macina davvero tantissimo denaro per poter essere mantenuta in piedi ed è per questo che le sponsorizzazioni, come quella di MSI per quest'anno, sono davvero oro colato. Avere diverse realtà così valide però è difficilmente sostenibile, vuoi per l'esiguo numero di sponsor attivi sul nostro territorio, vuoi proprio per i risibili compensi dati ai vincitori delle competizioni. Immaginiamo dunque che un forte testa a testa tra più squadre di alto livello porterebbe indubbiamente un innalzamento della qualità media dei giocatori in Italia ma sarebbe altresì veramente difficile da mantenere viva per puri costi monetari, finendo inevitabilmente per far fallire i team dai risultati più altalenanti. MSI ha deciso quindi di investire in Italia oggi su Team Forge, venendo ripagata dai buoni risultati raggiunti finora, una mossa che speriamo vedere replicata anche dai suoi competitor diretti o addirittura dai partner storici come Nvidia o Intel . L'Italia è dunque ben rappresentata ma è un movimento che sta partendo dall'alto piuttosto che dall'interesse dei publisher di investire sul nostro territorio in maniera costante, una piramide al contrario sostanzialmente, con squadre pronte a mettere sul piatto centinaia di migliaia di euro ma con i principali interessati alla crescita del settore fermi al palo a guardare il numero di giocatori crescere senza rigettare sulla scena lo stesso quantitativo di denaro. Alessandro Fazzi è inoltre da sempre in prima linea per far riconoscere i videogiochi dal CONI e farli diventare parte integrante di un sistema con regole ben precise, prima che farli riconoscere come vero e proprio sport. Vorrebbe insomma che i giochi elettronici venissero considerati come un vero e proprio lavoro, con leggi e controlli severi per la tutela degli atleti (nessuno al momento impone un numero massimo di ore di allenamento al giorno per esempio test fisici per la salute). Usciamo da questo incontro soddisfatti, felici per aver scoperto e conosciuto una realtà italiana in salute ed estremamente professionale, simbolo di un progetto ben oliato e gestito in maniera intelligente. Nella speranza che strutture come quella del Team Forge si attestino su tutto il territorio noi continueremo a seguirne i progressi e, incrociando le dita, anche i successi.