Sembrerà pazzesco, ma la nascita della leggendaria scheda grafica Model 2 ha origine addirittura negli anni '60, durante le missioni di addestramento degli astronauti del programma Apollo. Cosa c'entrava tutto ciò con SEGA e i videogiochi? I primi sistemi di simulazione tridimensionale furono sviluppati dal gruppo americano GE Aerospace Simulation & Control System Department (GE/SCSD) di Daytona Beach in Florida, per aiutare i militari in addestramento a rendere più realistiche le loro esperienze pre-lancio.
Il primo simulatore fu creato per addestrare gli astronauti ad agganciare il modulo di comando Apollo al modulo lunare, con una grafica da "ben" 16 poligoni a 60hz. Un sistema simile era valutato all'epoca circa due milioni di dollari e i clienti erano limitati al solo mondo militare e scientifico. Ma il sistema si evolveva negli anni, fino a diventare un vero e proprio gioiello di tecnologie brevettate nel campo tridimensionale, proprio a ridosso degli anni '90.
Fu proprio per questo che il gruppo GE/SCSD si pose la domanda "a chi altro potremmo vendere la nostra tecnologia"? Alla fine degli anni '80 prepararono su una VHS una demo 3D del circuito Daytona (che guarda caso si trovava proprio dietro la loro sede) con una spettacolare scena a 60 fps e 6000 poligoni. Nel novembre 1990 GE Aerospace si trovava con il suo materiale promozionale proprio in Giappone. Sapeva che SEGA stava sviluppando un sistema 3D per superare i limiti della loro scheda chiamata Model 1, per questo tra i primi contatti in terra nipponica ci fu proprio il loro quartier generale.
Ripercorriamo dunque la storia del Model 2 e dei suoi giochi migliori.
L'inizio di una sfida economica
All'epoca i giochi erano ancora quasi interamente basati su grafica bidimensionale. Questo iniziale contatto tra le due società fu solo l'inizio di una collaborazione decennale, basata su una complementarietà: una possedeva la tecnologia avanzata e l'altra i mezzi per abbattere i costi di produzione e sfruttarla in chiave intrattenimento. Queste furono le premesse per la nascita di Model 2, una scheda grafica che fonda le origini delle sue tecnologie "nello spazio" e che rappresentò all'epoca un grandissimo salto avanti nel mondo consumer della grafica tridimensionale. La scheda fu al centro anche di alcuni progetti tra la compagnia americana e SEGA per la creazione di una console domestica, ma all'epoca quest'ultima era già in fase avanzata sullo sviluppo del progetto Saturn e probabilmente fu sottostimata la potenza del concorrente "Project Reality" (il Nintendo 64) portato avanti negli stessi mesi da Nintendo in ambito casalingo. Ma soprattutto fu sottovalutata Sony.
SEGA, d'altro canto, all'epoca era molto concentrata sul business da sala giochi che reputava centrale nei loro piani finanziari e assolutamente remunerativo. La vera sfida di Model 2 non era tecnologica (GE aveva già in mano centinaia di brevetti sul 3D) ma piuttosto economica: si doveva passare da un enorme e ingombrante generatore di immagini da milioni di dollari con poche decine di clienti a un sistema che entrasse in una scatola, venduto a 15 mila dollari e con volumi annuali stimati di circa 65.000 pezzi.
Le sue caratteristiche avveneristiche
La scheda fu progettata direttamente da Yu Suzuki, non senza alcuni ostacoli e contrapposizioni interne che non vedevano di buon occhio una collaborazione straniera e l'interferenza degli americani. Suzuki aveva bene in mente ciò che voleva creare, Virtua Fighter 2 era già in progettazione. Serviva un sistema di mappatura delle texture, filtraggio e anti-aliasing: tutte tecnologie che GE Aerospace aveva e che SEGA iniziò a incorporare in Model 2.
Nonostante alcuni problemi iniziali dovuti alla mancanza di una versione debug funzionante e alle scarse librerie (furono create praticamente da zero), nell'agosto del 1993 SEGA presenta il suo primo gioco: Daytona USA (ricordate la demo del circuito automobilistico dietro la sede di GE Aerospace?). Il gioco fu un successo clamoroso in sala e il vero punto di svolta per la compagnia giapponese, che a breve iniziò a utilizzare Model 2 per decine di giochi.
Per Virtua Fighter 2 SEGA decise di migliorare le caratteristiche della propria scheda con una revisione chiamata 2A-CRX: il gioco di Yu Suzuki necessitava di più memoria. La cosiddetta "main rom" passò da 9.5 MB a 34, di fatto triplicandone le potenzialità, la ROM Video aumentò da 29 MB a ben 82 MB. La memoria totale passò quindi da circa 50 MB a ben 132 MB considerando i 16 MB dedicati all'audio, e così rimase in tutte le sue varianti future. Virtua Fighter 2 rappresentò un vero e proprio "shock" emotivo tra gli utenti: nel 1994 non esisteva un gioco con un livello di dettaglio e animazioni del genere. Per dare un senso ai ricordi, basti pensare che all'epoca stavano ancora uscendo gli ultimi titoli per NES e su PC girava Doom.
I primi giochi su Model 2
Dopo Daytona USA fu il turno di Virtua Cop, poi convertito su Sega Saturn in ambito casalingo. Il cabinato funzionava con due light gun dedicate e fu il primo di una serie di tre episodi usciti anche su PC Windows. Parallelamente lo sviluppatore AM2 (studio interno di SEGA) stava portando avanti anche un altro progetto: Virtua Striker.
All'epoca il calcio iniziava a essere popolare nel paese del Sol Levante con l'arrivo della J-League e la sfiorata qualificazione al mondiale USA '94 con la leggendaria partita persa contro l'Iraq allo scadere battezzata "Doha no Higeki" (l'agonia di Doha). Quel tragico evento contribuì a creare una solida base di fan e tifosi di calcio, nonché a rendere questo sport popolare. SEGA non si lasciò sfuggire l'occasione e proprio nel 1993 iniziò a progettare Virtua Striker, uscito l'anno successivo. Il gioco ebbe successo in tutto il mondo, spinto probabilmente anche dal mondiale giocato in USA al quale però, purtroppo, il Giappone non si qualificò per un soffio nonostante il gol del "genoano" Kazuo Miura e la grande enfasi per la qualificazione solo sfiorata.
Una ulteriore spinta verso l'evoluzione
Nel 1996 esce nelle sale Dead or Alive, primo gioco "non" interno a sfruttare Model 2. Nello stesso anno SEGA produce la terza versione della sua scheda "dalle uova d'oro", chiamata Model 2B-CRX, dalla GPU potenziata con processori dalle prestazioni ancora più avanzate. La nuova Model 2 ospitò giochi come House of the Dead, Dynamite Cop, Sega Touring Car Championship e soprattutto Virtual On: Cyber Troopers. Il gioco era basato sui combattimenti dei bellissimi mach disegnati da Hajime Katoki (qualcuno conosce Gundam?) e ideato da Juro Watari della divisione AM3, lo stesso che successivamente si occupò di tutti i sequel e di Virtua Fighter 5 Ultimate Showdown.
Un gioco del genere non sarebbe potuto nascere senza l'aiuto di un hardware potente e versatile come quello in mano a SEGA. In Virtual On c'era tutto: tanti poligoni, personaggi molto complessi da renderizzare, velocità e una colonna sonora potentissima.
Ancora più potenza!
Proprio riguardo al comparto audio, le nuove schede Model 2 appena aggiornate incorporavano ben due schede MPEG per l'audio compresso opzionali, la prima con CPU Zilog(azienda dell'italiano Federico Faggin, uno degli ideatori dei primi processori Intel) e la seconda rappresentata dal processore Motorola 68000, entrambe coadiuvate da tecnologia e chip NEC. Il secondo aggiornamento di Model 2 fu voluto direttamente da Yu Suzuki per poter sviluppare Fighting Vipers. In una intervista pubblicata su Saturn Magazine nel dicembre 1995 Suzuki rivela che la scheda usata per il nuovo picchiaduro SEGA è la stessa di Virtua Fighter 2, ma con una velocità del processore più alta per rispondere a esigenze di maggiore reattività su schermo. Anche la VRAM generale fu aumentata a tal proposito, passando da circa 6.000k a 14.600k. La GPU dedicata alla geometria passava da 16 MHz a 40 MHz, permettendo al processore una scioltezza nelle operazioni inedita e ideale per i nuovi giochi in arrivo.
Nonostante i ritardi e alcuni problemi nello sviluppo, nel 1996 era previsto l'arrivo della nuova scheda Model 3 che avrebbe ancora una volta rivoluzionato il mondo del gaming e della grafica. SEGA, probabilmente frustrata da questi intoppi, realizzò l'ennesimo upgrade di Model 2 per poter continuare a operare nel settore arcade con un hardware all'avanguardia. Almeno finché non fosse finita la realizzazione del nuovo modello. A inizio 1996 esce infatti l'evoluzione finale chiamata Model 2C-CRX e utilizzata per una decina di giochi. Uno di questi fu Indy 500 della divisione AM1 di SEGA, originariamente pensato proprio per Model 3 e prodotto da Takeo Seki (lo stesso di Wave Runner e SEGA Bass Fishing), e con le musiche di Tomoyuki Kawamura, autore precedentemente all'opera su titoli del calibro di Virtua Racing e SEGA Rally.
Model 2 al tramonto
Nel 1996 la leggendaria scheda Model 2 era al tramonto. Con l'avanzare rapidissimo di nuove tecnologie (Model 3 cambiò tutto radicalmente, nonostante la collaborazione con gli americani continuò in modo proficuo) si rendeva necessario aggiornare tutte le caratteristiche tecniche, ma nonostante ciò Model 2 fu comunque utilizzata come scheda "economica" anche negli anni successivi.
Dopo il poker di sportivi rappresentato da SEGA Water Ski, Wave Runner, Over Rev e Power Sled, nel 1997 esce il bellissimo The House of the Dead in sala giochi, e successivamente in versione home su Saturn. Nello stesso anno SEGA AM1 fa uscire anche Top Skater, preludio alla follia di quel Crazy Taxi che sarebbe arrivato solo due anni più tardi. Questo fu l'ultimo gioco presentato direttamente da SEGA sulla sua leggendaria scheda Model 2, ma non l'ultimo in assoluto.
Sliding doors 3D
La storia e il contenuto hardware/software di SEGA Model 2 si fondono a questo punto con gli intrecci più attuali che vedono coinvolti i maggiori player mondiali di grafica. C'era infatti una compagnia americana che stava programmando la versione da bar di Behind Enemy Lines, arrivato in sala addirittura nel 1998.
Si trattava di Real3D, ovvero la proprietaria dei brevetti legati alla progettazione della scheda stessa e originariamente parte proprio di GE Aerospace che ha avuto un ruolo chiave nello sviluppo di Model 2. La sua storia si incrocia con i destini dei due principali competitor in ambito 3D e componentistica. La compagnia possedeva circa 40 invenzioni legate all'utilizzo del 3D nelle schede video, proprietà intellettuali che dal 1 ottobre 1999 passarono da Lockeed Martin (azienda che li controllava) a Intel. La sede di Orlando fu successivamente chiusa e i dipendenti licenziati: questo fu il preludio delle guerre in tribunale riguardo a decine di brevetti (presumibilmente) infranti. Gli espertissimi dipendenti di Real3D rimasero infatti pochissimo a casa senza lavoro perché furono quasi immediatamente riassunti, nello stesso edificio, comprato subito dopo da una lungimirante compagnia che ci aveva visto lungo: ATI, poi divenuta parte di AMD.