Tra i tanti nuovi standard che vengono utilizzati come base per i meme, ne esiste uno che basa tutto il suo effetto su un fraintendimento voluto, eppure credibile. Lo schema prevede che si utilizzi un'immagine che può confondere le idee perché molto simile, ma non identica, a ciò a cui ci si riferisce. Il testo che accompagna l'immagine di solito recita: "Ai miei figli dirò che...".
Per capirci: l'immagine può essere una foto dei Maneskin e il testo confessare che "ai miei figli dirò che questi sono stati i Led Zeppelin". È un meccanismo che funziona su due livelli. Intanto c'è l'ironia di accostare un elemento percepito come di minor prestigio a un altro universalmente celebrato, poi arriva lo snobismo di guardare dall'alto in basso chi non c'era o semplicemente non sa (siamo a tanto così da "ai miei tempi...").
Ai miei figli dirò che questo è Super Mario Bros.
L'immagine è tratta da un livello di The Great Giana Sisters, un videogioco pubblicato nella primavera del 1987 e realizzato da Time Warp, uno studio tedesco fondato da Manfred Trenz. Trenz è stato un programmatore eccellente, tanto che The Great Giana Sisters riuscì a replicare in maniera fedele lo stile di gioco di Super Mario Bros., pubblicato nel 1985 da Nintendo per NES, la sua console a 8 bit. The Great Giana Sisters aveva all'incirca lo stesso look dell'originale giapponese, la stessa rivoluzionaria filosofia di gioco e addirittura l'avanzamento dello schermo, o "scrolling". Quest'ultimo in particolare fu un traguardo mirabolante raggiunto da Trenz, che poi confermerà di essere dotato di grande talento con la serie Turrican.
The Great Giana Sisters non era solo un videogioco che somigliava moltissimo a un altro, era chiaro a chiunque conoscesse Super Mario Bros. che si trattava di una copia fatta e finita, un clone. Nel 1987 fotocopiare i giochi altrui non era più un approccio tanto diffuso quanto qualche anno prima (quando Breakout, Pong o Space Invaders vennero riprodotti in batteria da chiunque), tanto che Nintendo riuscì a far sospendere la vendita del videogioco tedesco. Nel 1987, insomma, Super Mario Bros. era un modello da seguire.
Oggi possiamo permetterci quel meme perché, a quarant'anni di distanza dal suo debutto, ci sono intere generazioni che conoscono e rispettano Super Mario Bros., forse senza averlo mai giocato (o addirittura visto in movimento!).
Vs. Super Mario Bros.
Non c'è nulla di più inutile che provare un rispettoso timore per un cosiddetto "venerato maestro". I grandi dischi, i grandi film, i grandi libri e i grandi videogiochi vanno ascoltati, visti, letti e giocati. In quest'ultimo caso non è sempre facile come dovrebbe essere, perché l'accesso ai classici è reso complicato dalla dipendenza dei videogiochi da tecnologie molto specifiche e a loro contemporanee, ma ancor di più dalla miopia di chiunque avrebbe dovuto (e ancora potrebbe) impegnarsi per risolvere la cosa.
Chi ha conosciuto Super Mario Bros. negli anni in cui si impose come un nuovo fenomeno, può averlo fatto in occasioni differenti. In Giappone e negli Stati Uniti fu un videogioco indissolubilmente legato al NES, ma in Europa si presentò inizialmente nelle sale giochi, a partire dai primi mesi del 1986. La distribuzione della console, infatti, non sarebbe iniziata che alla fine dell'anno in alcuni territori del continente. In sala giochi Super Mario Bros. diventò Vs. Super Mario Bros., come tutti i giochi che dal NES vennero convertiti per la macchina da sala chiamata Vs. System. Al level design e al gameplay ideati da Shigeru Miyamoto vennero applicate delle modifiche, utili ad adeguare la difficoltà dell'esperienza alle strette esigenze dei mobili a gettone. Vs. Super Mario Bros. è un gioco molto più infame della sua controparte da casa, tanto da avere poi generato in parte il gioco noto in Giappone come Super Mario Bros. 2 (da noi Super Mario: The Lost Levels).
Il Vs. System
Dopo aver visto Data East e Sega fare la stessa cosa, anche Nintendo puntò a un sistema per le sale giochi che permettesse ai proprietari dei locali di sostituire il videogioco all'interno del mobile, senza per questo dover cambiare anche il mobile. Il Vs. System di Nintendo venne proposto in tre varianti. I modelli DualSystem erano dedicati al gioco competitivo e prevedevano di fatto un cabinet doppio (con due monitor e due set di controlli). Esistevano in due configurazioni, una che permetteva di giocare in piedi e un'altra al gioco da seduti. Con gli UniSystem si aveva invece un mobile a schermo e controller singoli.
Tra il 1984 e il 1990 vennero prodotti oltre 40 giochi per Vs. System, sia da Nintendo che da altri editori, su tutti Namco. La buona maggioranza di questi aveva già fatto incetta di apprezzamenti nelle versioni casalinghe per il Famicom. Negli Stati Uniti il Vs. System venne inizialmente sfruttato come cavallo di Troia, così da testare l'interesse del pubblico prima che il NES venisse messo in commercio. Una precauzione più che sensata, tenuto conto del terremoto avvenuto da quelle parti negli anni precedenti, con lo scoppio della bolla di Atari (ma, come la storia insegnò, non dei videogiochi in senso assoluto).
Il classico di Nintendo
Con il NES nei negozi, Super Mario Bros. finì poi per essere associato ovunque alla console, principalmente perché incluso nella confezione (spesso in una cartuccia che ospitava anche Duck Hunt, un gioco che utilizzava la pistola ottica Zapper). Super Mario Bros. divenne senza sforzi la cassetta di gioco più venduta per la console più diffusa, trasformando il settore. Non è solo il gioco che ha risanato il rapporto tra il pubblico e i videogiochi negli Stati Uniti, medicando la ferita della crisi del 1984, ma anche quello che spinse l'intero settore verso nuovi livelli di popolarità e fatturato. Probabilmente è esagerato sostenere che se Nintendo oggi è tra le aziende leader del suo settore lo deve a Super Mario Bros., perché di acqua sotto i ponti ne è passata troppa, eppure l'importanza di quello specifico gioco è stata tale che ha senso farsi venire il dubbio.
Per questi ottimi motivi Super Mario Bros. è il videogioco classico per eccellenza di Nintendo. Quando il settore era ancora troppo giovane per guardarsi indietro e ripensare a ciò che era già stato, Nintendo scelse la serie di Super Mario Bros. per quella che può essere considerata la versione primordiale delle raccolte antologiche e dei remake di questi anni. Nel 1993 realizzò Super Mario All-Stars per Super NES (la console a 16 bit che raccolse l'eredità del NES), che includeva delle versioni tecnicamente aggiornate di Super Mario Bros., Super Mario Bros. USA (da noi Super Mario Bros. 2), Super Mario Bros. The Lost Levels e Super Mario Bros. 3.
Nel 2003 e in occasione dei vent'anni dalla distribuzione in Giappone del NES (da quelle parti battezzato Family Computer, da cui la contrazione Famicom), Nintendo realizzò una serie di riproduzioni miniaturizzate di grandi giochi. L'operazione fu affrontata con molta eleganza soprattutto in Giappone, dove le riedizioni avevano delle piccole scatole di cartoncino identiche a quelle originali, ospitate da delle confezioni in plastica trasparente. Dentro ognuna c'era una cartuccia con la conversione per Game Boy Advance del gioco e il primo non poté che essere Super Mario Bros. Lo stesso accadde al lancio della Virtual Console (il servizio di emulazione di Nintendo per Wii, Wii U e 3DS) e, in anni recenti, con lo spostamento su Nintendo Switch Online del catalogo dei giochi storici per le console di Nintendo.
Curiosamente Super Mario Bros. è l'unico episodio della serie principale a non aver fatto parte della collana di riedizioni che ha puntellato i primi anni del Game Boy Advance. Si cominciò al lancio della console con Super Mario Advance (sostanzialmente Super Mario Bros. USA come visto in Super Mario All-Stars) e si proseguì con le riproposizioni di Super Mario World, Super Mario Bros. 3 e Super Mario World 2: Yoshi's Island, lasciando per una volta a riposo Super Mario Bros., così come il suo seguito diretto The Lost Levels. Tolta quest'eccezione, è molto evidente che anche per Nintendo Super Mario Bros. non sia solo un classico, ma addirittura un gioco che rappresenta e racchiude in sé l'epoca del videogioco su console a 8 bit. E gli anni di affermazione tanto della stessa Nintendo, quanto dei suoi autori nello specifico.
La collana Famicom Mini
Nel 2004, con un po' di ritardo sui primi vent'anni del Famicom, vennero preparate tre serie della collana per Game Boy Advance chiamata Famicom Mini (in Giappone). Negli Stati Uniti e in Europa la distribuzione avvenne con i nomi, rispettivamente, Classic NES Series e NES Classics. I giochi non erano altro che emulazioni degli originali, riproposte a prezzi "calmierati" (2000 yen in Giappone, 20 dollari e 20 euro tra Stati Uniti ed Europa). Il Giappone ricevette il maggior numero di giochi, ben 30, contro i soli dodici venduti in occidente.
In sette in salopette
Furono sette le persone accreditate della realizzazione di Super Mario Bros., incluso Hiroshi Yamauchi, Presidente di Nintendo, a cui venne riservato come d'abitudine il ruolo di produttore esecutivo. Shigeru Miyamoto diresse il team e si occupò di parte della grafica. Il suo secondo fu Takashi Tezuka. È questo il momento storico in cui i due stringono una collaborazione professionale che si protrarrà all'interno del mondo di Super Mario, destinata a rimanere intatta fino ai nostri giorni. Alla programmazione ci sono Toshihiko Nakago e Kazuhaki Morita. Anche per loro c'è stata tutta una vita passata in Nintendo: Morita è stato uno dei supervisori di The Legend of Zelda: Breath of the Wild (2017) e Nakago è un consigliere aggiunto alla progettazione dei livelli in Super Mario Bros. Wonder (2023). Musiche ed effetti sonori vennero curati da Koji Kondo, di cui non serve ricordare l'infinito curriculum vitae che seguì.
Tutta la squadra ha avuto una lunga e fortunata carriera in Nintendo, decenni di videogiochi e decine di grandi successi. L'unico di cui non si trova più traccia nei registri è Hiroshi Ikeda, produttore di Super Mario Bros. tanto quanto Miyamoto. Ma se per quest'ultimo Super Mario Bros. fu una delle prime grandi affermazioni professionali, per Ikeda fu anche l'unica (e l'ultimo gioco in cui compare il suo nome).
Super Mario Bros. fu un eccezionale propulsore per il NES, ma va detto che può dirsi lo stesso a parti invertite. Quando il gioco con i fratelli idraulici debutta nel settembre del 1985, ci sono già sei milioni e mezzo di Famicom nelle case dei giapponesi. È un numero impressionante, che racconta più di molti altri quanto fosse mortificante per la concorrenza il controllo che Nintendo aveva del mercato "home". Nel 2005, in occasione dei vent'anni di Super Mario Bros., il sito ufficiale di Nintendo in Giappone pubblicò un'intervista a Miyamoto. Quest'ultimo ricorda che quando venne proposto di realizzare Super Mario Bros. una parte dello staff replicò stupita: "cosa? Un altro gioco di Mario?". A quel punto il tizio con i baffi era già comparso in ben ventitré giochi, tra ruoli da protagonista e comparsate. C'era stata tutta la prolifica serie di Donkey Kong, i piccoli Game & Watch, i cameo in Golf e Pinball per il NES e ovviamente Mario Bros.
A sentire quanto riportato da Miyamoto si ricava la sensazione che non sarebbe stato un ennesimo gioco con Mario a dover o poter aiutare ulteriormente la console a 8 bit. "A quel punto stavamo cercando di passare al Famicom Disk System", continuò a spiegare Miyamoto, "Super Mario Bros. avrebbe dovuto essere l'ultimo videogioco sviluppato sia su cartuccia che su disco, prima di passare unicamente al Disk System". Non andò propriamente così, anche se il successo planetario di Super Mario Bros. non fu che una delle componenti che suggerirono a Nintendo di modificare la traiettoria (ebbe un suo peso il fatto che il Famicom Disk, la periferica con dischi riscrivibili, non venne mai venduta al di fuori del Giappone ebbe un suo peso).
La classe 1985
In Giappone il 1985 è ancora un anno di grandi produzioni per le sale giochi. A ben figurare ci sono un paio di giochi di Sega che diventeranno dei classici: la sua conversione per il mercato arcade di Choplifter, nato sui personal computer negli USA, e Hang-On di Yu Suzuki, il primo esperimento nella serie dei giochi "taikan" (quelli con mobili belli grossi, in questo caso con la riproduzione di una moto da corsa su cui accomodarsi durante la partita). Di Sega è anche il misteriosissimo I'm Sorry, che finisce bello alto nelle classifiche di gradimento e diffusione di fine anno. Fu un gioco pensato per prendere in giro il primo ministro giapponese Kakuei Tanaka (davvero!). Andava forte anche Taito con Kusayakyuu, una spettacolare simulazione di baseball, mentre Capcom continuava la scalata alla vetta del mondo con sua mutandosità Ghosts'n Goblins.
In occidente comandavano i computer, con il Commodore 64 e una folla di differenti formati in Europa e in particolare nel Regno Unito. Tra i giochi più notevoli si segnalano The Way of Exploding Fist di Melbourne House ed Elite di Acornsoft e David Braben.
È ancora tutto vero
Siamo ancora nel 2005, tra le pagine di "1001 videogiochi che devi giocare prima di morire". È un enorme tomo curato da Tony Mott, allora Editor in Chief del mensile inglese EDGE. Di Super Mario Bros. si legge che "è venerabile, ma tutt'altro che imbolsito: una delizia senza fronzoli che manda a spasso titoli ben più complessi". Christian Donlan, l'autore di quelle righe (un giornalista inglese che ha frequentato EDGE ed Eurogamer), sosteneva all'epoca che a differenza di tanti altri capisaldi del settore, Super Mario Bros. fosse ancora perfettamente godibile. Invecchiato sì, ma con i baffi ancora di un nero splendente. Ed è così.
Come l'Obelix del fumetto Asterix di Goscinny e Uderzo, il gioco del 13 settembre 1985 è evidentemente caduto da piccolo nel calderone della pozione dell'invincibilità. Giocarci oggi vuol dire scoprire o ritrovare un gioco di piattaforme che funziona alla perfezione, perché l'inattaccabile modello fisico che tiene assieme tutte le dinamiche di gioco è ancora il fulcro nascosto dell'esperienza di gioco. Tutt'al più potrà sembrare punitivo agli occhi di chi non è abituato all'idea dei videogiochi di natura spiccatamente arcade degli anni Ottanta, che puntava a garantire sessioni frenetiche ma di breve durata.
Il level design di Super Mario Bros. è ancora elegante e curioso ed è un peccato che in Super Mario Odyssey le parti che riprendevano proprio l'impostazione 2D di vecchissima scuola fossero così limitate. Questa prima avventura "in movimento" di Mario ha conservato perfettamente la sua capacità di intrigare, dispiegandosi poco per volta di fronte a chi sta giocando. Nel 1985 Super Mario Bros. spiegò quale fosse la formula di un gioco d'azione, con una realizzazione tecnologica ed estetica rivoluzionaria e piantando a terra innumerevoli paletti: il metodo di attacco basato sul salto sulla testa dei nemici, gli elementi da raccogliere in grande quantità, i potenziamenti che modificano le abilità del protagonista, le stanze segrete piene di ricchezze. Ma fu altrettanto importante quello che chiese a chi giocava: di fidarsi del videogioco, cioè di credere che ci potesse essere ben più di quanto si potesse cogliere a un primo sguardo.
L'esplorazione che diventerà strutturalmente esplicita in Super Mario 64 (solo undici anni dopo!), è già la scintilla che accende ogni partita fatta a Super Mario Bros. Corri e salti e ti chiedi cosa possa esserci in quel mattoncino. Quando raggiungi un tubo premi sempre istintivamente in giù per capire se Mario o Luigi ci possano entrare (e che effetto fece, la prima volta!). Studi l'inquadratura per capire se quello di fronte a te sia un pozzo mortale o l'ingresso a una zona segreta.
Nel 2006 Nintendo lanciò New Super Mario Bros. per il Nintendo DS. Fu naturalmente una grande operazione costruita sulla nostalgia per il classicissimo di due decenni prima, ma non solo. Se New Super Mario Bros. riuscì a vendere decine di milioni di copie (!) fu perché il gioco funzionava ancora benissimo.
Non era più solo Super Mario Bros., perché il parco dei movimenti dei fratelli era stato grandemente ampliato, così come la collezione di potenziamenti, ma ridotto alla sua essenza il gameplay era invariato. E messo fianco a fianco con l'originale del 1985, il confronto non era indelicato (anzi).
Toccare il mito
Super Mario Bros. è stato il primo grande gioco di piattaforme moderno e l'unica cosa che ha perso in quarant'anni è la possibilità di utilizzare quell'ultimo aggettivo. Ancora di più, è stato il primo videogioco a costruire un personaggio e un mondo che potessero fornire una base per innumerevoli estensioni e riletture. Qualcuno arriverebbe a dire che nella tensione innescata dall'avvicinamento tra Mario e i nemici, o tra Mario e i pozzi senza fondo, vanno cercate le origini dei giochi survival horror (e insomma, non direbbe una bestialità). Quale che sia il peso e l'importanza che volete o potete riconoscere al lavoro di quelle sette persone, non scordatevi mai che rimane un gioco.
Andate, tenete premuto sempre il pulsante della corsa e completate il primo livello. Il resto viene da sé.