Versione testata: Xbox 360
Capita, anche in un mercato saturo come quello odierno, di trovarsi di fronte a titoli veramente originali. A volte un concetto riesce a travalicare le logiche di genere e di mercato e a posizionarsi di traverso rispetto alle tradizionali linee guida che normalmente definiscono le strutture videoludiche. E' un'operazione rischiosa perché coglie impreparato il pubblico, evita le scorciatoie date da ingranaggi già oliati e utenze compiacenti per spiazzare tutti e presentarsi come qualcosa di nuovo e caratteristico.
Molto spesso, d'altra parte, l'assenza di punti di riferimento e di meccaniche bilanciate rende imperfetto il meccanismo e il gioco si può presentare grezzo, difficilmente addomesticabile dalla maggior parte del pubblico. In alcuni di questi casi, i prodotti rientrano in quella categoria che può definirsi "cult", ovvero un qualcosa che si afferma sul lungo termine al di fuori del mainstream, tra cerchie di appassionati più ristrette ma dotate di un calore particolare. Al primo Dead Rising può essere facilmente applicata un'etichetta del genere: uscito tra dubbi e curiosità sul terreno ancora accidentato dell'unica piattaforma "next gen" allora in circolazione, il gioco Capcom suscitava emozioni contrastanti per la sua crudezza, la profonda e dissimulata ironia, la difficoltà a volte frustrante e quei diversi livelli di lettura arricchiti da citazioni assortite che fecero la gioia degli appassionati di cinema horror. Un piccolo gioiello, perfetto a suo modo e difficilmente collocabile nella definizione di survival horror canonica, con diversi difetti ma una coerenza che soltanto le produzioni portate avanti con personalità e passione risultano avere. A quattro anni di distanza il titolo in questione è diventato un brand e si presenta sul mercato con un secondo capitolo, sviluppato peraltro non dai medesimi autori ma affidato in outsourcing ad un team "gaijin" canadese e con l'intenzione di "occidentalizzarlo" un po'. Un tradimento dello spirito originale? Per certi aspetti sì, soprattutto per quanto riguarda l'iniziale spinta innovativa, ma in fondo si denota anche un passo avanti sul piano puramente ludico; trattandosi di un videogioco, non è cosa da poco.
Il tormentato eroe
Quello che si nota subito in Dead Rising 2 rispetto al primo capitolo è la maggiore cura applicata al confezionamento e alla costruzione del sostrato narrativo del gioco, sempre originale e sopra le righe, ma ora indubbiamente più ortodosso come sviluppo e definizione dei personaggi. Laddove Frank West era semplicemente un foto reporter troppo curioso e animato dalla voglia di emergere, Chuck Greene è un uomo con una missione, un motociclista all'apparenza duro e di poche parole ma spinto ad agire da una nobile causa, ovvero lo spirito protettivo nei confronti della figlia, che infetta dal virus necessita di continue dosi di Zombrex. Sul fondamentale rapporto tra Chuck e la figlia si innestano tutti gli incontri con gli svariati ed eclettici personaggi che si affacciano sulla scena nel corso del gioco, tra apparenti brave persone, disturbati individui, psicotici totali e personaggi ben poco raccomandabili in un incrociarsi di vari destini. Dagli eventi di Willamette narrati nel primo capitolo il mondo circostante è cambiato nel frattempo, così come la concezione della gente nei confronti degli zombie. Il contagio si è propagato ulteriormente e ora c'è addirittura chi ha costruito un business sui morti viventi e sul loro massacro in diretta, come accade subito all'inizio del gioco quando ci troviamo a partecipare a "Terror is Reality", un reality show a premi basato su moto corazzate e masse di zombie inermi. Seguendo un po' anche lo spirito satirico che contraddistingueva anche il primo episodio, sono nati addirittura dei gruppi umanitari di sostegno per i morti viventi che mirano a proteggerne i diritti e viene approfondito in questo nuovo capitolo (senza entrare nei dettagli) l'elemento drammatico del contagio e della possibile cura a base di dosi ben cadenzate di preziosissimo Zombrex, il medicinale che ritarda la trasformazione in morti viventi. Abbandonato il malcelato e forte legame con l'opera originale di Romero, Dead Rising 2 appare decisamente più libero nella gestione della trama e nella costruzione dei personaggi, con una struttura a capitoli più solida e per certi versi più tradizionalista, sebbene persista la possibilità di sviluppare diverse sotto-trame in base all'impegno profuso nel seguire quanti più "casi" possibile all'interno del lasso di tempo concesso.
Sopravvivere all'orrore
Dal punto di vista strutturale, Dead Rising 2 riprende precisamente il gameplay del primo capitolo. In sostanza ci troviamo a perseguire vari obiettivi all'interno di una vasta zona di gioco rappresentata dalla città di Fortune City entro un limite massimo di tempo, dato in questo caso dalle 72 ore che mancano all'arrivo dell'esercito in città. Muovendo il protagonista attraverso le tipiche modalità dell'action game con visuale in terza persona, esploriamo ampi ambienti infestati da quantità esorbitanti di zombi, da eliminare con praticamente qualsiasi cosa ci capiti a tiro: quasi ogni oggetto presente all'interno dello scenario può essere preso e brandito contro le masse di morti viventi con effetti vari, tali da stimolare un approccio creativo alla battaglia. Da notare, in questo senso, la nuova possibilità di unire insieme più oggetti e creare armi speciali di potenza maggiore, il cui accesso viene sbloccato progressivamente all'aumentare del livello di esperienza del protagonista, collezionando delle speciali carte (dalla semplice molotov a soluzioni veramente malate come il secchio con i trapani da applicare sulle teste degli zombie). A parte non morti ed umani ancora più pericolosi, il grande avversario con il quale ci dovremo confrontare costantemente è il tempo.
Come nel primo capitolo, c'è una storia principale da portare avanti seguendo alcune linee guida fondamentali, ma per il resto l'approccio a Fortune City è libero e di cose da fare se ne troveranno a bizzeffe. Il problema anzi è riuscire a fare tutto quello che ci viene proposto, tra cittadini in difficoltà e richieste di soccorso, considerando che il tempo stringe siamo spesso costretti a prendere delle decisioni sofferte e dover sacrificare qualcosa o qualcuno per non perdere di vista altri obiettivi. Anche qui sono presenti gli scontri con i boss, introdotti dalle tradizionali cutscene indugianti sulle personalità spesso disturbate degli individui con cui ci troviamo ad avere a che fare. Dal punto di vista del gameplay, dunque, non si registrano cambiamenti sostanziali, portandoci a parlare di "more of the same" sebbene in un'ottica positiva. Una ripulita generale è stata data al sistema di controllo e di combattimento per rendere il tutto più intuitivo e soddisfacente (da notare il sistema di contatto tra i modelli poligonali che consente, ad esempio, di smembrare con precisione i morti viventi distinguendo il punto di impatto dei colpi sul corpo), insieme ad una progressione narrativa cadenzata con maggiore regolarità, che mantiene alto l'interesse lungo il corso del gioco.
Una novità assoluta del secondo capitolo è la presenza della modalità multiplayer, nella declinazione cooperativa e online. L'introduzione di questa modalità pare a dire il vero un po' forzata, ma il risultato sembra comunque soddisfacente. In sostanza, il gioco resta lo stesso ma invece di uno accoglie due giocatori contemporaneamente, senza fornire spiegazioni sulla presenza di un secondo personaggio, semplicemente modificando la difficoltà e la quantità di nemici in base alla nuova situazione. Non cambiano storia o cutscenes, che vedono sempre un singolo protagonista, semplicemente l'altro compare nelle fasi di gioco senza lasciare traccia dal punto di vista narrativo.
La città che non muore mai
Le ottime prestazioni del motore grafico MT Framework sono ben note e si materializzano qui soprattutto con la forza bruta espressa dalla quantità di zombie su schermo, elemento già distintivo del primo capitolo che sposta peraltro il fulcro del gameplay dalla difficoltà nell'eliminare il singolo nemico alla necessità di sopravvivere ad una vera e propria invasione, cosa non comune negli action game con struttura sandbox.
Nel 2006 ci si stupiva parlando di 700 modelli poligonali contemporaneamente nella medesima zona di gioco, qui si arriva addirittura ad un potenziale massimo di 7000 zombie ciondolanti per le strade di Fortune City, la pseudo-Las Vegas che fa da scenario a Dead Rising 2. Certo, mediamente la quantità di morti viventi contemporaneamente su schermo è inferiore, ma l'impatto è comunque impressionante, anche considerando la relativa stabilità del framerate anche durante le sessioni da stress-test. Il mondo di gioco è molto più grande del centro commerciale in cui era ambientato il primo capitolo e la scelta di utilizzare Las Vegas come modello rende necessariamente vivace e colorata la rappresentazione delle varie zone da esplorare, in uno stridente contrasto con il soggetto macabro messo in scena che ne amplifica i lati ironici. Il lavoro di perfezionamento attuato da Blue Castle sul comparto grafico ha portato peraltro ad una modellazione migliore dei personaggi principali e a movimenti più convincenti, che rendono più piacevoli in particolare le numerose cutscene sparse nel corso della storia, oltre ad una maggiore pulizia generale nella rappresentazione degli ambienti che nonostante l'essenza free-roaming appaiono tutti piuttosto dettagliati. La colonna sonora si caratterizza per una certa variabilità relativamente al contesto. In certi casi rappresenta un altro elemento di contrasto quando contrappone musiche allegre e rilassanti, legate a quella che sarebbe dovuta essere l'atmosfera di Fortune City, all'azione serrata di Chuck contro gli zombie, ma subisce le classiche impennate hard rock tipicamente nipponiche nei momenti clou, come gli scontri con i boss, per divenire poi inquietante nei momenti in cui l'atmosfera puramente horror prende il sopravvento.
CERTEZZE
- Miglioramenti nel comparto tecnico
- Non ce ne sono molti come lui
- Il divertimento è rimasto invariato
DUBBI
- Poche evoluzioni sul gameplay che potrebbero renderlo ripetitivo
- Multiplayer un po' forzato