Se nel mondo dei videogiochi esiste una saga che possiede un'aura di sacralità, questa è Zelda. Capire perché non è difficile: venticinque anni in questo ambiente sono un traguardo raro di per sé, venticinque anni come li ha passati questa serie sono quasi un caso unico.
Nel 1986 ha canonizzato un genere, nel 1998 lo ha reinventato in tre dimensioni, nel 2011 lo ha accompagnato nel mondo dei motion control, e per tutto questo tempo ne è rimasta sempre la punta di diamante. Un elenco simile se applicato a Zelda sembra quasi banale, un'osservazione di routine, perciò provate a immaginare la cosa da un'altra prospettiva. Per capire la portata di questi traguardi, pensate se - ad esempio - Halo avesse gettato le basi degli sparatutto in prima persona, se fosse stato il primo fps poligonale, e se per tutti gli anni trascorsi dalla nascita del brand fosse stato costantemente il punto di riferimento per questa tipologia di giochi. Una delle poche serie che può condividere questi primati è quella di Super Mario, ma Nintendo non ha celebrato i venticinque anni dell'idraulico come ha fatto con quelli di Zelda. Ha pubblicato una raccolta e un bundle a tema, ma non ha organizzato concerti, non ha organizzato iniziative che esulassero dal mondo dei videogiochi in senso stretto. Mario è la serie Nintendo più importante, ma Zelda è quella di maggiore prestigio, quella dall'impatto emotivo più forte.
Street Pass
Dovendo scegliere una sola parola per descrivere il concerto londinese, quella parola sarebbe "imponente". I manifesti pubblicitari, gli schermi, la mole di gente, l'enorme quantità di scatti, locandine Zeldiane di varie forme appese ovunque. Ma non sarebbe giusto fermarsi a una sola parola, perché la serata è stata molto strana; se si è appassionati di musica - classica in particolare - era impossibile non percepire quel teatro, e quell'orchestra, come se fossero parte di un tempio profanato.
Al posto di persone in giacca e cravatta o in abito da sera, c'erano ragazzi vestiti da Link e ragazze con magliette di Zelda. Tanti, al posto che parlarsi, stavano seduti con le dita sul 3DS: niente stretta di mano, ma scambio di dati con Street Pass. Schermo fisso e testa bassa sul portatile Nintendo, quasi immuni al fascino del luogo e degli strumenti sul palco. L'impressione era che la platea avrebbe urlato e ululato indipendentemente dalla qualità dell'esecuzione, essendo lì più per celebrare che per ascoltare. Ma tutto questo, per quanto potesse apparire fuori luogo, era mitigato dall'affetto che trapelava dagli occhi del pubblico, figlio di una passione vera, autentica. Quando Zelda Williams, a sorpresa madrina della serata, è salita sul palco, la platea è rimasta a bocca aperta. Quando ha mostrato la triforza disegnata sulla mano, e indossato occhiali da nerd, la gente ha riso. Quando ha detto che il suo gioco preferito è Majora's Mask ci sono state urla di approvazione. Ma è stato solo alla fine, quando ha raccontato di come da piccola si rifugiasse tra le lande di Hyrule, quando le si è incrinata la voce, che la gente ha capito che era una di loro. Ed è per questo che Zelda è la serie di prestigio Nintendo, perché, consapevolmente o meno, la gente respira l'aria di Hyrule. Non c'è solo design cristallino, no. Ci sono cavalcate su Epona al tramonto, viaggi per il mare coi gabbiani a fianco, azioni che si compiono per qualcosa che va oltre il raggiungimento di un obbiettivo, il completamento di una sfida. E tutti questi momenti sono sempre stati sublimati dalla musica.
Musica da Leggenda
Dicevamo che il pubblico avrebbe urlato, applaudito ed esultato anche se l'esecuzione fosse stata scadente; questo è probabile, ma non lo sapremo mai con certezza, perché la Royal Philarmonic Concert Orchestra, così come la sua direttrice, Eimear Noone, è stata impeccabile. Solo un leggero problema col volume dei bassi all'inizio della seconda sezione, per il resto tutto è stato suonato con maestria. I pezzi eseguiti sono stati scelti in ottica celebrativa, erano presenti tutti i motivi più famosi, mentre sono rimaste fuori alcune composizioni altrettanto belle, meno conosciute e probabilmente meno adatte alla situazione.
La fase più lunga ed entusiasmante della prima parte è stato il medley di Wind Waker, davvero sensazionale: i vari pezzi sono stati collegati con coerenza, e accompagnati eccezionalmente dai filmati proiettati sullo schermo dietro l'orchestra. Più invecchia, più quest'opera reclama il suo posto da protagonista nella storia della serie: pur con tutti i suoi difetti, rimane unica. La sola sezione poco riuscita della prima ora è stata quella delle melodie per ocarina, bellissime nella loro brevità, ma intervallate dalle pedanti spiegazioni della direttrice d'orchestra, impegnata a presentare singolarmente (quasi) ogni strumento. La seconda parte è stata un trionfo. Probabilmente la vetta artistica della serata rimane proprio il medley di Wind Waker, ma dopo l'intervallo Nintendo ha giocato sporco, colpendo il proprio pubblico dov'è più sensibile: un flusso di brevi melodie eccezionale, la straordinaria Gerudo Valley (più energica che nel gioco), il sognante motivo dell'Hyrule Field di Ocarina of Time, l'ipnotizzante serenata della Great Fairy (splendida l'esecuzione dell'arpista), il solenne medley di Twilight Princess e, per finire, la musica storica della saga, che ha lasciato la folla in un tripudio estatico. Quando ancora non erano cessati gli applausi è entrato Koji Kondo, celebre compositore di Zelda, che ha eseguito al pianoforte una melodia di Wind Waker, emozionato quanto i suoi fan. Prima che lo stupore potesse finire, Aonuma è salito sul palco, e ha ricordato a tutti - probabilmente compiendo l'atto più superfluo della sua vita, visto il contesto - di comprare il nuovo Zelda. Ha chiuso la serata l'etereo tema di Skyward Sword, a preannunciare le glorie future.
Profumo d'Hyrule
Ad aprire le porte alla sfrenata sperimentazione teatrale del '900 sono stati gli autori come Henrik Ibsen; Ibsen non ha mai abbandonato i melodrammatici intrecci delle commedie dell'ottocento, non ha mai rinunciato a divertire il suo pubblico, ma allo stesso tempo ha spesso provato a inserire "altro" nelle sue opere. Piuttosto che snobbare i meccanismi dell'intrattenimento, li ha scardinati dall'interno. Zelda non si è mai posto questo obbiettivo, ma non c'è dubbio che, volente o nolente, lo abbia raggiunto. La prima volta che Link è entrato nel Dark World, trasformandosi in un coniglio, non era solo un personaggio disarmato. Era spaventoso, e lasciava il giocatore indifeso. Quando è uscito dal villaggio Kokiri e ha abbandonato i suoi compagni per conoscere il mondo, non era un semplice passaggio da un livello all'altro. Quando è diventato adulto per la prima volta, scoprendo un mondo deturpato, la rabbia e il desiderio di reconquista, non era un semplice power-up. La stanza vuota prima dello scontro con Dark Link non aveva porte nascoste. Per questo, per questo preciso motivo Nintendo ha celebrato solennemente i venticinque anni di Zelda: perché è consapevole che, se tra altri venticinque anni una serata come quella all'Hammersmith Apollo sarà solo "imponente", e non anche "strana", se tra venticinque anni lo scontro tra la cultura classica e il mondo dei videogiochi sarà semplicemente un incontro, parte del merito sarà soprattutto dei giochi come Zelda - che non sono poi molti, in effetti.