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Bleeding Edge: il nostro provato del nuovo gioco di Ninja Theory

Molto lontano dalle atmosfere e dal focus sulla narrativa di Hellblade, il nuovo titolo quattro contro quattro di Ninja Theory ha sorpreso molti alla conferenza Microsoft: abbiamo giocato Bleeding Edge.

PROVATO di Aligi Comandini   —   11/06/2019

In un'era videoludica come quella che stiamo vivendo, il bersaglio preferito delle critiche da "area commenti" sono i GAAS e i titoli competitivi a squadre. È in parte comprensibile: non sono mancate le delusioni legate a giochi di tal tipo, e la loro presenza sul mercato viene spesso percepita come un modo per le grandi case di fare soldi facili con il minimo sforzo a livello di sviluppo (e ancor meno interesse per ciò che desiderano le community di videogiocatori). La verità è un po' diversa: da una parte è un dato di fatto che un gioco competitivo online richieda una produzione di contenuti sensibilmente inferiore rispetto ai grandi tripla A singleplayer o a titoli misti molto ambiziosi; dall'altro lato è però innegabile che un team impegnato in un progetto simile debba supportarlo e migliorarlo in modo molto più continuativo del normale, misurando attentamente il feedback dei giocatori, bilanciando adeguatamente ogni meccanica, e studiando con costanza modi per mantenere l'esperienza fresca a lungo. Insomma, anche tralasciando del tutto dati, guadagni, e preconcetti legati alle aziende del settore, riteniamo che videogame del genere possiedano una propria dignità, meritino un proprio spazio, e abbiano perfettamente senso nel mercato (anche perché, parliamoci chiaro, giochi eccelsi di tutt'altro tipo non sono certo mancati in questa generazione). Se poi il team coinvolto è Ninja Theory, che fino ad oggi di giochi "commerciali" ne ha creati ben pochi, l'interesse si alza esponenzialmente. Siamo quindi andati con piacere a provare Bleeding Edge al Microsoft Showcase, nonostante la sorpresa del suo annuncio fosse stata rovinata dai soliti leaker. Ecco le nostre impressioni.

Gente che mena, gente che va

Bleeding Edge in realtà non è un gioco di difficile lettura: si tratta come detto di un competitivo a squadre, quattro contro quattro, che sembra essere per certi versi un misto tra Overwatch e Anarchy Reigns. Per chi non conoscesse il secondo (non ve ne facciamo una colpa, d'altronde questo titolo abbastanza oscuro di Platinum lo hanno giocato in pochi), si trattava di un action con personaggi multipli, apprezzato dalla sua community per le varie modalità online; Bleeding Edge ne imita varie caratteristiche, ma è molto meno dispersivo, e pare concentrarsi prevalentemente su una modalità "conquista" a obiettivi multipli, dove le uccisioni nemiche non solo offrono punti extra per la vittoria finale, ma permettono anche di difendere le zone con il vantaggio della superiorità numerica. Chiaramente, per dominare una sfida simile diventa indispensabile il gioco di squadra, e infatti abbiamo paragonato il titolo di Ninja Theory ad Overwatch in primo luogo per la presenza di personaggi divisi in classi specifiche: DPS (assassini), tank (classi pesanti, in realtà), e supporto. Pure la selezione del personaggio è libera nella zona di partenza della partita come nel titolo Blizzard, a dimostrazione del fatto che il bilanciamento è gestito attorno alla possibilità di cambiare classe in base all'andamento del match.

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Prevedibilmente, l'enfatizzazione del gameplay di squadra ha influenzato anche le abilità, e al di fuori delle semplici cure a disposizione di certi personaggi, quasi ogni guerriero nel gioco dispone di una qualche forma di controllo. Stordimenti, mosse che lanciano in aria, poteri ad area con effetti variabili, e le immancabili super caricabili capaci di ribaltare le battaglie in gruppo sono la norma, per un gameplay che risulta sensibilmente più tattico di quanto avremmo creduto dal trailer di presentazione. Ciò non significa però che le meccaniche siano particolarmente complesse quando le si analizza nel profondo, ed è forse questa l'unica cosa a non averci convinto in toto della prova, nonostante il divertimento e le situazioni sorprendenti non siano di certo mancate.

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Simple martial arts

Il tutorial del gioco, ad esempio, è piuttosto pelle e ossa, per via di un combat system non eccessivo e di facile assorbimento: la mobilità dei personaggi è semplice, senza manovre folli alla Warframe o acrobazie particolari (salvo non facciano parte del parco mosse di un dato personaggio); il sistema di targeting è immediato, precisissimo, e funziona anche per i guerrieri che colpiscono dalla distanza; le manovre difensive variano per tank e assassini, e il numero di schivate eseguibili in serie sale per le scelte più agili; e infine le combinazioni di colpi non hanno alcuna variante al di fuori di quelle offerte dalle abilità di stordimento o offensive, ed è assolutamente cristallino che per le azioni migliori sia necessario coordinarsi, perché solo pochi personaggi possono fare disastri gironzolando in solitudine. Questo non significa che si debba sempre stare in squadra, per carità: nella mappa gli obiettivi da conquistare si "attivano" in modo casuale (o almeno così ci è parso), pertanto ci sono momenti in cui dividersi dal gruppo per riconquistare punti preziosi a un obiettivo lontano e scoperto può avere molto senso; per la maggior parte del tempo però vi terrete vicini i "guaritori" del vostro team, perché le cure sparse per la mappa sono rare e si ricaricano con una discreta lentezza.

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In parole povere? Bleeding Edge ci è sembrato un action competitivo calcolato attorno all'accessibilità, dove le finezze deriveranno in larghissima parte dal gioco di squadra, e ben poco dalle azioni dei singoli. Piacevole, e ci ha divertito parecchio, ma avremmo apprezzato qualcosa di più rifinito e tecnico da un team specializzato nei giochi d'azione come i Ninja Theory. Nulla da criticare, se non altro, sul comparto tecnico: l'art direction, che inizialmente ci sembrava un po' banalotta, è abbastanza ricca di personalità da averci conquistato (alcuni personaggi sono particolarissimi e molto interessanti, invero, altri non ci hanno fatto impazzire), l'azione è fluida e rapida quanto basta (senza essere schizofrenica, per permettere di ragionare durante uno scontro affollato), e la mappa ci è piaciuta, risultando facile da navigare, ben strutturata e non priva di spiacevoli sorprese (tipo treni che passano sugli obiettivi e a volte ammazzano sul colpo). Ora non resta che capire se la modalità mostrata sarà l'unica disponibile, e quanto dovrà passare per vedere nuovi contenuti.

Da Bleeding Edge, dobbiamo dirlo, ci aspettavamo molta più originalità. Il titolo di Ninja Theory è un curioso misto di meccaniche, ma ricalca da vicino strutture già viste (in giochi peraltro noti e stranoti), e punta eccessivamente su un sistema di gioco troppo semplice e intuitivo per catturarci fino in fondo. Difficile, comunque, al momento cogliere gli elementi più interessanti legati al gioco di squadra e ai singoli personaggi, e impossibile sapere quante modalità verranno proposte nella versione finale del gioco. La nostra prova ci ha divertiti, eppure crediamo sia necessario qualcosa in più per distinguersi davvero dalla massa.

CERTEZZE

  • Divertente, e dotato di notevole varietà tra i personaggi
  • Ha stile da vendere
  • Le abilità sono costruite attorno al gioco di squadra, e spesso interessanti

DUBBI

  • Le meccaniche di combattimento, alla base, ci sono parse un po' troppo semplicistiche
  • Si ispira forse eccessivamente ad altri titoli competitivi già noti