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Bleeding Edge, il provato

L'esperimento multiplayer di Ninja Theory arriva in beta. Abbiamo provato Bleeding Edge

PROVATO di Emanuele Gregori   —   17/02/2020

I leak pre E3 dello scorso anno avevano in qualche modo anticipato le basi sulle quali si sarebbe fondato Bleeding Edge. Trailer trapelati in anticipo e considerazioni dei soliti insider avevano allarmato tutti i giocatori amanti delle esperienze create dal team di Hellblade. Abbiamo avuto modo di provare approfonditamente Bleeding Edge, l'hero brawler che così tanto ha fatto parlare di sé e che, ve lo diciamo in anticipo, ci ha divertiti come non ci capitava da tempo con un titolo multiplayer.

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Ninja Theory al servizio del multiplayer

Si, anche chi scrive non è certamente stato entusiasta dell'idea di Ninja Theory al lavoro su un titolo competitivo. Per quanto si tratti di un pregiudizio bello e buono, un po' ci dispiace quando un team così profondamente instradato nella narrazione di storie articolate e mature come Hellblade, si lancia in un mondo come quello multiplayer.

Nonostante questa consapevolezza, abbiamo approcciato Bleeding Edge nel migliore dei modi, sia per i tanti mesi ormai passati, sia perché consapevoli della natura secondaria del progetto. Come se non bastasse lo stile estetico ed espressivo del gioco raggiunge delle vette talmente alte, che è difficile non fare un applauso scrosciante ai suoi sviluppatori, in grado di dare carattere ad ogni elemento dell'esperienza, anche lì dove qualcosa appare dannatamente derivativa.

In questi giorni di beta ci siamo soffermati sul divertimento generato, sullo stato attuale dei server e sulle potenzialità del gameplay: tutti elementi che ci sembrano fondamentali per far si che, al momento dell'uscita il prossimo 24 marzo, Bleeding Edge possa quantomeno avere una chance in un mercato durissimo. Non siamo assolutamente fiduciosi rispetto al suo successo commerciale, perché volente o nolente lo spazio sul mercato per un titolo del genere appare ristrettissimo, e perché la scelta di venderlo ad una trentina di euro (nonostante la presenza sul Game Pass già al day one) riduce ancor di più l'appetibilità. Allo stesso tempo siamo convinti che possa bastare una manciata di minuti in sua compagnia, per comprendere come le base del gameplay siano quelle che qualsiasi giocatore conosce da tempo, ma che l'esperienza di gioco abbia comunque qualcosa di nuovo da dire e dio solo sa quanto questa sensazione sia necessaria in un mondo multiplayer fatto esclusivamente di cloni senza carattere.

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Il gameplay e la competizione

Dopo un discretamente lungo e poco ispirato tutorial, Bleeding Edge ci lancia subito nella mischia, proponendo solo ed esclusivamente la possibilità di combattere, senza alcun tipo di filtro partita, da soli o in compagnia di altri amici.

La gestione degli inviti passa sempre dall'app Xbox che, per quanto stia migliorando a vista d'occhio, non riesce ancora oggi ad essere sufficientemente reattiva. Nonostante questo, quando si riesce finalmente a creare un gruppo, difficilmente lo si perde e già questo è molto più di quanto accada nella maggior parte delle versioni pre release di tanti altri titoli. D'altronde tutte le ore della nostra prova hanno messo in luce un netcode attualmente stellare, che andrà verificato in occasione di open beta e lancio sul mercato ma che, ad oggi, appare miracoloso in quanto a reattività, velocità e assenza di qualsivoglia tipologia di lag.

Una volta trovata la partita, che per noi ha richiesto un massimo di una ventina di secondi, si passa alla scelta dei quattro eroi da inserire in squadra. Non è possibile scegliere più di un eroe della stessa categoria e questi son divisi attualmente in eroi di attacco, supporto e tank. Undici quelli disponibili nel corso di questa fase di test, ognuno caratterizzato in maniera straordinaria e profondamente diverso dagli altri.

Ogni partita richiede una fase di preparazione del team, dopodiché ci si lancia nel mezzo di due diverse modalità: una classica di controllo ad obiettivi, che però inserisce nell'equazione lo spegnimento e l'accensione ad intervalli regolari degli obiettivi da controllare; mentre la seconda più simile all'azzardo di Destiny, è una modalità divisa a fasi. Nella prima verrà richiesto ai giocatori di distruggere alcune casse sul terreno di gioco che contengono delle celle di energia, mentre nella seconda fase sarà necessario scaricare questa energia in punto specifici della mappa. Inutile dire che nel frattempo saranno botte da orbi.

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Due elementi ci hanno così convinti da farci capire che Ninja Theory sappia davvero in che direzione voglia andare: il primo ha a che vedere proprio con la spinta che il titolo mette nei confronti dello scontro. Lì dove a volte modalità come il controllo si trasformano in scampagnate su mappe troppo estese, senza mai dare un senso all'incontro con gli avversari; la scelta di inserire obiettivi che si attivano e disattivano a tempo, con la conseguente necessità di riconquistarlo e di far spostare tutti i giocatori in determinati punti della mappa, aumenta a dismisura la percentuale di team fight. Inoltre anche la consapevolezza che ogni uccisione porta punti alla propria squadra, qualsiasi modalità sia, spinge sempre all'aggressività e si capisce da subito come la noia, in Bleeding Edge, non sia proprio di casa.

Per quanto riguarda gli eroi ci sarà ovviamente da verificare con più attenzione il loro bilanciamento in futuro e con una prova ancor più approfondita, ma l'impressione iniziale, almeno sul fronte della varietà, è positivissima. La scelta di realizzare un hero brawler (definizione scelta dalla stessa Ninja Theory) ha unito magistralmente le migliori peculiarità action del team, con quelli che sono gli stilemi di altri generi come l'hero shooter. Non fate l'errore di considerarlo un Overwatch, ma è indubbia la volontà di raccogliere un'eredità del genere e metterla al servizio di ciò che il team sa fare meglio. 

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Ogni combattente dispone di una sua mobilità, di un tasto per attivare lo spostamento veloce e di una serie di abilità. Oltre all'attacco base, è possibile utilizzare abilità dalla natura profondamente diversa. Prendendo l'esempio di El Bastardo, forse uno dei personaggi attualmente più forti e meno bilanciati, ci si trova al comando di una macchina di morte armata di un doppio machete. Tramite l'attacco normale è possibile effettuare una combo che, se ben assestata, è in grado di stordire l'avversario ed atterrarlo, dando subito l'idea classica dell'action game tanto caro al team di sviluppo. Inoltre questo specifico personaggio è in grado di effettuare un salto con schianto così da raggiungere velocemente un avversario, oppure di lanciarsi in una piroetta mortale con i suoi machete o ancora di sfruttare il sangue raccolto dai suoi nemici per recuperare una certa percentuale di vita temporaneamente. Totalmente diverso appare un personaggio come ZeroCool, invero dannatamente ispirato a Lucio di Overwatch, che è in grado di lanciare costantemente cure ai propri compagni, utilizzare una pistola per effettuare danno, piazzare un muro sul campo di battaglia per qualche secondo o anche richiamare un robottino accessorio per se o per un compagno che possa aumentare il volume di fuoco e i danni effettuati. Potremmo parlare anche delle peculiarità di una Buttercup o di Daemon, o di uno degli altri eroi disponibili, ma lasceremo questa parte ad un approfondimento successivo. A concludere le particolarità di ogni personaggio ci pensa la classica ultimate, tecnica speciale che è possibile utilizzare solo al riempimento di un indicatore e che solitamente è in grado di cambiare da sola le sorti della battaglia. È possibile scegliere tra due diverse mosse per ogni personaggio ed attualmente ci sono sembrate quelle meno ispirate del pacchetto. A concludere le opzioni disponibili in gioco, ci pensano un menù dedicato all'addestramento, le classiche opzioni di gioco e l'officina, dedicata alla personalizzazione. Questa è divisa in estetica e funzionale alle partite. Oltre al livello generale dell'account esiste infatti una progressione per ogni singolo eroe. Salire di livello significa sbloccare le rispettive mod che tornano utili per creare delle build personalizzate con le quali modificare i proprio eroi in base alle esigenze. Percentuali maggiori di recupero vita, di velocità o di danno, sono solo alcune delle caratteristiche applicabili. Se è vero che questi elementi rischiano di minare il bilanciamento del gioco, è altrettanto vero che ne aumentano la personalizzazione.

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Stile e tecnica

Come abbiamo già accennato, Bleeding Edge sprizza stile e carattere da ogni pixel. Il design di ogni personaggio è talmente caratteristico e originale da lasciare a bocca aperta, così come la morfologia delle mappe, articolate ma facilmente riconoscibili. A rendere l'idea della cura riposta nella realizzazione degli eroi, ci pensa anche solo il loro nome, ognuno scritto con un logo, un font e uno stile totalmente differente.

Non si tratta di un gioco dall'aspetto tecnico strabiliante, d'altronde la necessità di essere scalabile e adattabile a quante più configurazioni possibili per l'ambiente multiplayer, non permette certo di sfoggiare la conta poligonale di un Hellblade. Nonostante questo si difende benissimo proprio grazie ad un lato artistico da manuale.

Bleeding Edge ci ha convinti molto più di quanto ci potessimo attendere. Purtroppo continuiamo a sostenere che questo genere ha difficilmente una presa sul pubblico tale da diventare un grande successo commerciale, ma ci auguriamo che la presenza sul gamepass e un tocco di originalità, possano essere elementi utili alla sostenibilità di un progetto che, nonostante tutto, resta principalmente uno sfizio per Ninja Theory. Manca poco più di un mese e poi avremo le nostre risposte.

CERTEZZE

  • Stile e carattere da vendere
  • Hero brawler è una definizione calzante
  • Divertente ed ispirato
  • Eroi fortemente differenziati...

DUBBI

  • ...ma non del tutto bilanciati
  • Spazio sul mercato quasi inesistente