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Che fine ha fatto... Onimusha

Samurai, ninja e mostri in un Giappone feudale fantasy dalle atmosfere magiche e affascinanti. Un grande successo di pubblico per una saga sparita nel nulla: che fine ha fatto Onimusha?

RUBRICA di Massimo Reina   —   29/03/2020

Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.

Sono anni che tanti appassionati di videogame aspettano con impazienza un nuovo capitolo della saga di Onimusha. Oppure, visti i risultati degli ottimi rifacimenti di Resident Evil 2 e Resident Evil 3, si "accontenterebbero" anche di un reboot o remake del primo episodio. Eppure, rumor a parte, dal 2006 nulla di concreto pare essersi mosso in una direzione o nell'altra.

Poco meno di un anno fa, però, Kazunori Kadoi di Capcom, che ha diretto proprio la nuova versione di Resident Evil 2, ha svelato in un'intervista il suo desiderio di realizzare un nuovo videogioco ambientato nell'era Sengoku, ovverosia nello stesso periodo storico di Onimusha, anche se a mondo aperto. E questo ha riacceso le speranze che un simile progetto possa concretizzarsi quanto prima ed essere correlato alla famosa saga di Samanosuke e compagni.

Samurai e demoni

Kazunori Kadoi vorrebbe ovviamente sviluppare l'eventuale opera "in stile GTA" sulle console di prossima generazione, per realizzare qualcosa di "moderno" ma con un occhio rivolto sempre alla tradizione del franchise. Un marchio che ha visto la luce su PlayStation 2 nel 2001 con Onimusha Warlords, di cui recentemente abbiamo avuto un'edizione adattata per PlayStation 4, Xbox One, PC e Nintendo Switch, raccogliendo parecchi consensi tra il pubblico. Con una giocabilità meno frenetica di un Devil May Cry, ma al contempo più dinamica, a tratti, di un qualsiasi Resident Evil, da cui comunque mutuava molti aspetti, dalle inquadrature fisse ai fondali pre-renderizzati fino all'arcifamosa erbetta verde curativa, il titolo divenne ben presto un successo.

Onimusha Warlords Remastered 1

Un'affermazione dovuta anche alle ambientazioni e al carismatico protagonista. Onimusha conduceva infatti per mano il giocatore in un Giappone Feudale del XVI secolo, ma condito da forti tinte fantasy. Personaggi reali, in buona parte presi dalla tradizione popolare del Paese del Sol Levante, si muovevano fianco a fianco con creature di fantasia sullo sfondo di avvenimenti storici dell'epoca Sengoku. Il gioco raccontava di Nobunaga Oda, un daimyō esistito davvero, che ferito a morte dopo la sanguinosa battaglia di Okehazama del 1560, ritornava in vita grazie al potere dei Genma e del loro sovrano, Fortinbras. L'obiettivo era quello di fargli continuare l'opera di unificazione del Giappone sotto l'egida dei demoni.

Onimusha Warlords Remastered 2

A cercare di fermare le ambizioni di questi orrendi mostri interveniva quindi il samurai Samanosuke Akechi, che partiva inizialmente in missione per liberare la principessa Yuki, figlia del capo del clan Saito della provincia di Mino, rapita dallo stesso Nobunaga, ma finiva poi per essere coinvolto in una guerra ancora più grande e ad affrontare le orde maledette per riportare la pace su quelle terre martoriate. Top-selling game su PlayStation 2 in Giappone, Onimusha Warlords ebbe presto un seguito nel 2002. Onimusha 2: Samurai's Destiny, ripartiva qualche anno dopo la vittoria di Samanosuke, con i demoni che ritornavano nel mondo reale alla conquista delle contee, seminando in maniera indiscriminata terrore e distruzione. Fra le vittime di questa nuova ondata di violenze c'era anche il villaggio del clan Yagyu, il cui leader era il padre di Jubei, il nuovo protagonista.

Onimusha Warlords 3

L’eredità di Samanosuke

Questi, dopo un lungo periodo di allenamenti solitari, arrivava sul posto trovando tutti morti. Mentre vagava fra le rovine fumanti del villaggio, una strana donna Oni di nome Takajo richiamava la sua attenzione, rivelandogli alcuni particolari sulla sua discendenza e il nome del responsabile del massacro: Nobunaga. Da lì iniziava un lungo viaggio che portava l'eroe attraverso lande desolate e luoghi magici, alla ricerca dei suoi nemici e dell'enorme potere lasciato in eredità da Samanosuke.

Onimusha Warlords 1

La struttura di gioco di Onimusha 2 era concettualmente simile a quella del predecessore, ma arricchita da alcune interessanti novità che davano per certi versi un tocco da GDR al prodotto. Innanzitutto, oltre alla possibilità di interagire con gli abitanti dei villaggi, comprare o scambiare oggetti, erano presenti un discreto numero di alleati al fianco di Jubei, ognuno abile in una particolare tecnica di combattimento o nell'uso di determinate armi. Questi personaggi garantivano supporto al protagonista ma in cambio bisognava dare loro qualcosa. Il loro comportamento non era infatti predefinito, ma dipendeva dal modo in cui si interagiva con essi e da come si gestivano i rapporti di amicizia.

Onimusha Warlords 10

I vari elementi del gruppetto potevano poi essere controllati in prima persona dall'utente in specifiche side-quest - altra novità - legate alle vicende di Jubei, magari appunto per aiutarlo a superare un certo ostacolo o per liberarlo da qualche trappola. Durante queste fasi ai personaggi veniva data la possibilità di equipaggiare un braccialetto che permetteva loro di assorbire le anime dei nemici sconfitti. Di nuovo c'era inoltre un sistema di potenziamento delle mosse eseguibili in aggiunta alle armi, che preveda l'acquisizione di determinate abilità prima di poter fruire di alcune combinazioni di attacco. Il successo di Onimusha 2 fu talmente tale da non poter esimere Capcom dal rilasciare, due anni dopo un immancabile terzo capitolo dopo aver prodotto, nel mezzo, due spin-off, cioè a dire un picchiaduro multigiocatore per PlayStation 2, Onimusha Blade Warriors, e uno strategico con elementi RPG intitolato Onimusha Tactics per Game Boy Advance.

Che fine ha fatto... Onimusha

Incrociamo le dita

Per la software house giapponese, Onimusha 3: Demon Siege doveva essere l'episodio conclusivo. La storia ripartiva dalla battaglia finale del primo episodio fra Samanosuke Akechi e il generale delle armate demoniache dei Genma, il micidiale Fortinbras, solo però che questa volta l'esito dello scontro era diverso. Di fatto, con l'aiuto dello scienziato Guildenstern e della sua macchina del tempo, Nobunaga Oda concentrava le sue mire conquistatrici sul futuro, a partire dalla Parigi del 2000, dove Samanosuke si trovava a sua volta poi teletrasportato per caso. Contemporaneamente, un eccentrico poliziotto parigino, Jacques Blanc, che aveva le sembianze del noto attore Jean Reno, si ritrovava catapultato nel Giappone di fine 1500, alle prese con inediti poteri Oni, demoni e Tengu. Il giocatore controllava alternativamente nelle due epoche Jacques o Samanosuke utilizzandone le capacità univoche e le armi in dotazione.

Che fine ha fatto... Onimusha

Il gameplay era come sempre incentrato sui combattimenti, sulla risoluzione di qualche enigma e sulla progressione semi lineare dell'avventura basata sull'evoluzione della trama. Contrariamente al secondo capitolo, però, Onimusha 3 si concentrava maggiormente sulle fasi d'azione, limitando al minimo indispensabile ogni altro aspetto, come per esempio quelli tipicamente GDR e l'interazione con altri personaggi secondari. Anche questo terzo episodio si rivelò un successo di critica e di pubblico, al punto da spingere Capcom a cambiare idea e a produrre un quarto gioco, Onimusha: Dawn of Dreams. Dei quattro episodi principali della saga, questo rilasciato nel 2006 è stato probabilmente quello più esplorativo, con più armi e con più elementi GDR. Ambientato quindici anni dopo la morte di Nobunaga, il titolo raccontava dei malvagi demoni Genma guidati dall'imperatore Hideyoshi Toyotomi.

Che fine ha fatto... Onimusha

Questi era posseduto da un'entità sconosciuta, desiderosa di trasformare l'intera popolazione nipponica in un invincibile esercito di uomini-demoni sfruttando il potere degli alberi di ciliegio maledetti, che con i propri petali potevano infettare le persone. A fronteggiarli c'era stavolta un nuovo protagonista, Soki, che poteva contare su un vero e proprio sistema di sviluppo, con tanto di livelli d'esperienza e abilità da potenziare, e su un party di personaggi pronti ad affiancarlo, anche se le funzioni di controllo sul gruppo erano parecchio limitate. Ad ogni modo, il gioco non ebbe il successo dei suoi predecessori, probabilmente a causa del fatto che arrivò proprio nel bel mezzo di un cambio generazionale a livello di console (fu uno degli ultimi titoli di peso per PlayStation 2 mentre usciva la nuova PlayStation 3), e di un protagonista poco carismatico e affascinante. Keiji Inafune, produttore esecutivo dell'intera saga, disse in tal senso che secondo lui Dawn of Dreams non aveva "preso" l'utenza media proprio per la mancanza di personaggi basati su attori reali. Di certo, da quel momento in poi, la serie Onimusha sparì dai radar delle future produzioni Capcom e, al giorno d'oggi, ai nostalgici non rimane altro che sognare e incrociare le dita affinché prima o poi qualcuno si ricordi di tirarla fuori dal frigorifero.

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