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Death Stranding, perché sì e perché no: impressioni dal TGS 2019

Dopo aver visto Death Stranding al TGS 2019, ecco tre cose che ci sono piaciute (e tre che non ci sono andate giù) del titolo di Hideo Kojima.

VIDEO di Raffaele Staccini   —   17/09/2019

Death Stranding continua a dividere critica e pubblico. Lungi dallo spiegare completamente il gioco di Hideo Kojima, le presentazioni del TGS 2019 non hanno fatto altro che accentuare la diatriba tra chi considera l'opera geniale, e chi l'esercizio di uno sviluppatore in crisi di idee. Dopo averlo visto dal vivo, anche i nostri inviati in Giappone, Vincenzo e Umberto, hanno voluto dire la loro, raccontandoci tre cose che sono loro piaciute, e tre che li hanno convinti un po' meno.

D'altronde difficilmente abbiamo visto un titolo così divisivo prima del lancio. Tra chi lo paragona a un ennesimo walking simulator e chi grida al miracolo, ciò che è certo è che di Death Stranding solo pochi hanno capito subito l'essenza (e tra questi spicca uno dei guru di Kojima, il regista di Mad Max George Miller). All'interno di un'ambientazione suggestiva, ma spoglia, Sam è chiamato a ricreare i collegamenti tra le persone, in una realtà dove questi stessi collegamenti possono portare a uno scenario in stile 1984 di George Orwell.

Ne sapremo sicuramente di più da qui al giorno della data di uscita del gioco di Kojima Productions, prevista per l'8 novembre 2019 su PlayStation 4.