Quando Koch Media ha svelato l'etichetta Prime Matter, l'intento del publisher è parso chiaro: supportare team di recente formazione nello sviluppo di progetti più ambiziosi rispetto ai comuni titoli indipendenti, nella speranza di trovare almeno una hit inaspettata. I trailer mostrati non hanno certo impressionato, ma tra giochi chiaramente ancora molto grezzi e lavori abbastanza derivativi, alcuni sono riusciti se non altro a catturare un po' d'interesse.
Tra questi, uno dei più solidi è parso Dolmen: un soulslike sviluppato da Massive Work Studio (un team brasiliano) all'apparenza non particolarmente innovativo dal punto di vista del gameplay, eppure capace di distinguersi per la sua ambientazione marcatamente ispirata ai giochi horror e per il comparto tecnico comunque superiore a quello che normalmente ci si aspetta dai prodotti di una software house con risorse così risicate.
Recentemente abbiamo avuto la possibilità di testare una build fresca dell'opera di Massive Work, e dopo aver affrontato ogni genere di mostruosità (ed esser crepati più volte di quanto vorremmo ammettere) siamo pronti a darvi le nostre prime impressioni.
Ecco, dunque, il nostro provato di Dolmen.
Hey mamma, son tornati i necromorfi
Dolmen vi mette nei panni di un non meglio precisato capitano alle prese con una pericolosissima spedizione sul pianeta Revion Prime. Come prevedibile non si tratta di una gita di piacere: subito dopo l'atterraggio il nostro alter ego si trova nel bel mezzo di rovine invase da mostruosità di rara bruttezza e "ridecorate" da pareti organiche che paiono prese di peso dai peggiori bootleg di Alien, indice abbastanza cristallino del fatto che qualcosa sia andato storto.
Un'ambientazione di questo tipo normalmente ben si sposa a una narrativa vicina ai titoli di From Software, minimalista e legata a doppio filo all'attenta esplorazione delle mappe, eppure gli sviluppatori del gioco ci sono sembrati fin troppo entusiasti di raccontare le vicende, tanto da aver riempito buona parte delle zone iniziali di testimonianze e comunicazioni atte a spiegare quanto accaduto. Nel complesso? La trama non è parsa particolarmente originale - l'ispirazione primaria è Dead Space stando ad alcune dichiarazioni, e gli elementi in comune si notano eccome - ma risulta strutturata quanto basta da incuriosire e spingere il giocatore a cercare attivamente i terminali che la delineano. Non aspettatevi chissà quale background narrativo da Dolmen, il focus qui non sono chiaramente i testi.
In generale, a ogni modo, abbiamo a che fare col solito esperimento mal congegnato, che ha trasformato Revion Prime nel covo di un bel mucchio di creature orribili e umani mutati. Base classica più che sufficiente per giustificare un bel po' di sani combattimenti all'ultimo sangue. Dolmen fortunatamente non delude da questo punto di vista, percorrendo sì strade già note, ma con l'aggiunta di una manciata d'interessanti elementi extra che potrebbero distinguerlo dagli altri emuli del genere.
Gli elementi di un soulslike
Se si osservano le meccaniche fondamentali di Dolmen l'ispirazione è chiara: è un action gdr con un sistema di sviluppo basato sulle statistiche, pressoché identico nel combattimento a una miriade di altri cloni di Dark Souls. Le manovre classiche ci sono tutte: parata se muniti di scudo con possibilità di eseguire delle parry col giusto tempismo, attacchi leggeri e pesanti, e persino un attacco in salto dopo uno scatto. Corpse run e checkpoint fissi con rigenerazione di tutti i nemici non mancano chiaramente all'appello. La differenza principale, qui risiede in tre aspetti specifici: l'uso delle armi a lungo raggio, la gestione dell'energia, e la presenza di un sistema elementale. Sono fattori distintivi piuttosto curiosi, che non permettono di approcciarsi a Dolmen come si fa con un comune soulslike, seppur sia la presenza di effetti legati agli elementi quello più significativo.
Dolmen permette infatti di utilizzare una pistola (puntabile anche manualmente) in qualunque momento per danneggiare i nemici dalla distanza, tuttavia usarla consuma temporaneamente la propria barra dell'energia - da non confondere con quella della stamina, che è legata a schivate e attacchi come sempre - seppur i danni inflitti siano di solito abbastanza irrisori (e pertanto il corpo a corpo tenda a rimanere quasi sempre la soluzione più efficiente). L'energia appena citata è inoltre necessaria per rigenerare i propri punti vita in battaglia, ma le cure la consumano permanentemente, di conseguenza rigenerarsi per un paio di volte può rendere i proiettili inutilizzabili e aumentare il rischio di ritorno al checkpoint.
Gestire oculatamente tale risorsa risulta insomma importantissimo, poiché gli oggetti che la ricaricano richiedono un'animazione attiva fin troppo duratura, che lascia il giocatore scoperto davanti a qualunque attacco. In questo soulslike, in parole povere, upgrade delle risorse e capacità di superare le battaglie senza un graffio sono più centrali rispetto ad altri giochi simili, perché una semplice cura è un'azione che può portare enormi svantaggi.
Ciò dovrebbe portare a una discreta impennata del livello di sfida rispetto ad altri esponenti del genere, ma c'è un rovescio della medaglia che controbilancia la necessità di tenere d'occhio l'energia: il sistema elementale, appunto. Sia le armi da fuoco che quelle per il combattimento ravvicinato possono infatti infliggere status elementali e i nemici hanno di norma debolezze specifiche che permettono di fare danni enormi se abusate a dovere. L'acido ad esempio abbassa le difese, il fuoco fa danno nel tempo, e il ghiaccio rallenta le mosse avversarie, e questo basilare trittico di malus può venir sfruttato alla grande per supportare stili di combattimento variabili, da quelli molto difensivi e ponderati a quelli estremamente aggressivi e rischiosi.
Si tratta, nel complesso, di una bella trovata, che però non basta a innalzare Dolmen al livello necessario per vedersela con i titoli di From. Si notano infatti varie ingenuità legate al bilanciamento generale (certi status sono indubbiamente più utili di altri), alla risposta dei comandi e alla finezza delle meccaniche; il level design non ci è sembrato dei più ispirati, e i pattern nemici sono fin troppo spesso aggirabili mantenendo la distanza con le proprie armi da fuoco. Non che l'esperienza nel complesso sia negativa, per carità; sono per lo più inciampi che dimostrano le limitazioni del team alle redini, e pongono Dolmen più al livello di un Mortal Shell o un The Surge (a essere ottimisti) che a quello dei titoli più acclamati in circolazione. Va detto, comunque, che c'è ancora molto da scoprire, da un sistema di crafting delle armi che abbiamo analizzato solo marginalmente, ai boss più avanzati, pertanto non è impossibile che l'opera di questo team brasiliano riesca a superare le nostre previsioni al lancio.
Difficilmente Dolmen rivoluzionerà il genere dei soulslike, ma il lavoro di Massive Work sembra abbastanza solido da poter conquistare una discreta fanbase di appassionati, e se non altro mette in campo qualche interessante meccanica al di là dei sistemi classici che abbiamo imparato ad apprezzare. Le risorse limitate del team si notano, principalmente in alcune ingenuità evidenti nel design, ma c'è ancora molto da scoprire, e chissà che il titolo non riesca a sorprenderci.
CERTEZZE
- Sistema elementale e gestione dell'energia interessanti
- Livello di sfida elevato e basi abbastanza solide
DUBBI
- Level design non ispiratissimo e alcune ingenuità nel bilanciamento