Quando SEGA ha annunciato Hokuto Ga Gotoku, qui noto come Fist of the North Star: Lost Paradise, i fan della serie hanno esultato. Da eoni si attendeva un videogioco degno di questo nome dedicato a Hokuto no Ken (tolto qualche picchiaduro valido) e l'idea di mettere un tale concentrato di mascolinità e possanza in mano a un team che ha fatto degli eccessi e delle "manly tears" il suo cavallo di battaglia è sembrata a tutti assolutamente geniale. Noi, da bravi fan del manga di Buronson e Hara, ci siamo tuffati di testa in questo grumo di esaltazione, convinti che nulla sarebbe mai potuto andare per il verso sbagliato in una fusione così perfetta. Eppure qualche voce negativa si è levata tra coloro che hanno testato la versione import del gioco, parlando di battaglie contro i boss calcolate spesso malamente e di un titolo non all'altezza degli Yakuza principali nonostante la presenza di Ken e compagnia bella. Desiderosi di scoprire almeno parte della verità, dunque, ci siamo diretti negli uffici milanesi di Koch Media, per testare il titolo. Lo abbiamo giocato solo per un'ora, ma possiamo già darvi qualche interessante opinione in merito.
Kenshiro il factotum
Va precisata subito una cosa: non abbiamo potuto purtroppo giocare la campagna principale del titolo, e siamo stati quindi reindirizzati verso il cosiddetto Endless Eden Mode, che permette a Kenshiro di gironzolare per la mappa open world fermandosi in alcune "zone calde". Tra queste, appunto, c'è la città di Eden, ove è possibile intraprendere tutte le attività secondarie presenti nella storia principale e completare una serie di quest (crediamo separate da quelle già concluse, ma non possiamo al momento esserne sicuri). La mappa ci è innanzitutto parsa parecchio vuota, e contemporaneamente piuttosto irritante da esplorare per via di una serie di banditi che vagano per le sue desertiche piane, pronti a infastidire il protagonista non appena fa partire il motore dell'auto. La ciccia di Fist of the North Star: Lost Paradise, perciò, sembra risiedere al 90% proprio nella già citata Eden: un luogo ben più ricco di persone e cose da fare delle zone esterne, che ha catturato la nostra attenzione per gran parte della prova.
Ora, Eden non è paragonabile per dimensioni e varietà alle zone cittadine degli Yakuza più recenti, ma questo non significa che non offra un bel po' di sane distrazioni (come tipico nei giochi della saga, primari o spin off che siano). Anche se Nagoshi in questo caso non è il director principale del titolo, parliamo comunque di una struttura base che fa delle attività alternative la sua linfa vitale, e poco importa se molte di queste abbiano poco o niente a che fare con il personaggio di Ken e il suo mondo post apocalittico dove c'è ben poco spazio per l'umorismo. La soluzione di SEGA per armonizzare il tutto, invero, è stata piuttosto semplice: ambientare Lost Paradise in una sorta di versione alternativa del mondo di Hokuto No Ken, che ne ripercorre gli eventi ma li rielabora in funzione della città di Eden, e in chiave leggermente meno drammatica (giusto per poter inserire qua e là un po' di sano humor demenziale). In Lost Paradise quindi Ken può tranquillamente alternare alla sua ricerca di Yuria qualche scappatella al Casinò, gare clandestine, turni di notte come barman, momenti gestionali in un locale con hostess, e persino fasi da "dottore di Hokuto" alla Toki.
Omae wa mou... vabbè, giù botte
A livello di gameplay, queste alternative sono molto simili a quanto visto negli Yakuza principali: un misto di Rhythm Game e test di abilità che non rivoluziona certo il mondo dei videogiochi. Si parla però di momenti molto spassosi, che mostrano l'impassibile Ken sotto una luce molto diversa dal solito, e mantengono tutta l'assurdità tipica delle opere di Nagoshi. Diverso invece il discorso sui combattimenti, ritoccati in modo significativo rispetto al resto della saga, per ovvie ragioni. Attenzione, non stiamo dicendo che le meccaniche siano "completamente" mutate: le basi sono ancora molto simili a quanto visto in passato e si parla di un sistema un po' legnoso ma rapido, con mosse multiple legate allo sviluppo del personaggio, la possibilità di eseguire combinazioni basilari ma efficienti, e manovre difensive di facile utilizzo. Qui però avrete a disposizione un gran numero di "colpi di grazia" presi di peso dal manga, di una violenza inaudita, ottenibili una volta mandati in shock i meridiani dei nemici (una cosa fattibile in verità con una manciata di colpi).
Permangono, poi, buona parte degli attacchi extra dopo certe manovre di movimento o dopo l'attivazione del Burst Mode (il suo funzionamento è il solito, ma la barra è indicata dalle sette stelle stavolta), con però la notevole aggiunta dei Talismani del Destino - abilità dalla lunga ricarica che garantiscono di eseguire mosse speciali (ad esempio, il talismano di Raoh permette di sferrare uno dei suoi devastanti colpi) in grado di eliminare in un colpo interi gruppi di nemici - e della folle possibilità di usare le urla di morte dei nemici come fossero oggetti contundenti (sì, avete capito bene). Nel complesso ci è parso tutto divertente come al solito, con un numero nettamente maggiore di nemici durante gli scontri e un bel po' di spettacolarità extra. E sì, abbiamo visto la boss fight iniziale che molti hanno criticato in video e siamo d'accordo con i rimproveri - è pur sempre un combattimento lunghissimo e ripetitivo contro un avversario gigante e pressoché immobile - ma dubitiamo che l'intera campagna non possa offrire momenti ben più alti di quello, considerando il numero mostruoso di antagonisti presenti nel manga.
Pur avvicinandosi chiaramente di più a prodotti come Yakuza: Dead Souls e Ishin piuttosto che ai capitoli principali, Fist of the North Star: Lost Paradise sembra un titolo spassoso e in grado di offrire le solite emozioni che i fan ormai si aspettano dai giochi di Nagoshi. Avendo provato solo la modalità Endless Eden non possiamo purtroppo valutare la qualità della campagna, ma se tanto ci dà tanto dovrebbe riuscire a unire la follia della serie alla drammaticità dell'opera di Buronson e Hara, in uno strano ma funzionale connubio. Vedremo. Di certo la prova del gioco, pur mostrando più di qualche mancanza, ci ha fatto venir ancor più voglia di giocarlo.
CERTEZZE
- Fuori di testa e spettacolare
- Basi della serie Yakuza sempre solide
- L'aumento di umorismo funziona, nonostante tutto
DUBBI
- Tecnicamente lascia a desiderare
- Poco di interessante fuori da Eden
- Resta da valutare la narrativa