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FPSDOC, il documentario che racconta il genere degli sparatutto in prima persona

FPSDOC è quattro ore e mezza di documentario dedicato alla storia di un genere che ha fatto la storia su PC e console: lo sparatutto in prima persona.

FPSDOC, il documentario che racconta il genere degli sparatutto in prima persona
SPECIALE di Damiano Gerli   —   20/07/2023

Il genere degli sparatutto in prima persona (o first person shooter, FPS) è sicuramente uno di quelli che ha più seguito l'evoluzione tecnologica. Questo perché legato strettamente all'idea del vivere l'esperienza in maniera più diretta possibile: attraverso gli occhi del personaggio principale. Un genere spesso accompagnato da polemiche per l'eccessiva violenza: dai famigerati interventi in Senato americano di Lieberman e Kohl (che portarono, nel '94, alla nascita della prima autorità nordamericana di rating dei contenuti dei videogiochi) fino al Columbine Massacre del 1999.

Al di là delle polemiche, l'FPS è un genere con enorme autorità e anzianità. I tempi sono certamente maturi per celebrarlo con un documentario interamente dedicato alla sua storia. Partito nel 2021 con un Kickstarter e realizzato da Fandamentals, "First Person Shooter", diretto da David Craddock e scritto dallo storico Richard Moss, propone allo spettatore una storia degli sparatutto in prima persona. In meno di cinque ore partiremo dagli albori fino alla rivincita dei c.d. "boomer shooters". La celebrazione e il racconto saranno demandati ai protagonisti del genere, sviluppatori e designer. Nomi notevolissimi come John Romero, Tom Hall, Scott Miller e Warren Spector.

Una storia che parte da lontano

Warren Spector, creatore di Deus Ex
Warren Spector, creatore di Deus Ex

Nonostante la massiccia durata, "First Person Shooter" (o FPSDOC) non si propone di elencare ogni singolo sparatutto mai uscito. Per quello ci vorrebbe una serie TV di almeno una decina di stagioni. L'attenzione è, naturalmente, incentrata sulla storia dello sviluppo dei titoli maggiori: Wolfenstein 3D, Doom, Duke Nukem 3D, Unreal, Goldeneye, Halo. Ci saranno delle mancanze, di questo bisogna essere consapevoli ancora prima di cominciare a guardare un prodotto di questo tipo.

La scelta di Craddock e Moss nel documentario è lasciare la narrazione interamente agli sviluppatori. Ergo non c'è una voce narrante che possa spiegare, magari ai meno avvezzi, l'evoluzione o il funzionamento del genere. Da una parte possiamo considerarlo un plus, sicuramente stimolerà la curiosità di chi non ha bisogno di grosse introduzioni al genere. Dall'altro lato, certamente ne riduce la fruibilità per un pubblico meno avvezzo. In ogni caso, questa scelta opera un posizionamento sul "mercato", per così dire. FPSDOC è destinato principalmente a chi già ama il genere e ne vuole sapere di più. Di conseguenza, ci aspettiamo anche che le interviste e i racconti seguano una certa filosofia.

Qualche mancanza qui e lì

Jon St. Jon voce di Duke Nukem
Jon St. Jon voce di Duke Nukem

Questo nobile obiettivo sembra, inizialmente, pienamente realizzato. I primi venti minuti del documentario sono molto interessanti, con gli albori del genere, Maze War, raccontati dagli stessi protagonisti. Straordinario pensare come una "semplice" idea già allora riuscisse ad affascinare talmente tanto da creare veri e propri tornei al MIT nel 1974. Un vero e proprio antenato dei moderni esports. A seguire c'è The Colony, tremendamente affascinante esperimento su Mac, anche questo raccontato dall'autore, David Alan Smith.

Dopo The Colony, si passa quasi subito alla fine degli anni '80. Nella transizione tra anni '70 e anni '90, sarebbe stato interessante un - anche breve - sguardo a molti degli esperimenti fatti negli anni. Per esempio i diversi titoli realizzati col motore Freescape, o anche Dungeon Master e compagnia. Come menzionato, il pregio del documentario - gli sviluppatori come i veri e propri protagonisti - finisce per esserne anche il limite. Se non è stato possibile reperire qualcuno degli sviluppatori, l'argomento viene quasi sicuramente glissato.

Romero e Carmack come Trinità e Bambino

John Romero ex ID Software
John Romero ex ID Software


Naturalmente, la parte del leone nella storia la fa ID Software. C'è anche uno degli autori del libro "Masters of Doom", prima narrazione completa della software house e che funge da canovaccio per il racconto. Nonostante si glissi sui motivi della dipartita di Romero dalla ID, ci sono comunque parecchie informazioni sulle idee originali per Quake. Infatti, lo sparatutto fu addirittura annunciato subito dopo Wolfenstein 3D, come vero e proprio RPG in 3D, ma accantonato perché la tecnologia non era al livello adeguato. Affascinante anche la storia su Rise of the Triad e il famigerato "dog mode", nonché la famigerata Icon of Sin in Doom 2.

Nelle prime due ore, la narrazione si mantiene su un ordine cronologico, magari banale, ma certamente sensato. Dagli anni '70, ai primi anni '90 in cui lo sparatutto diventa tutto intorno ai "Doom clones". Poi, piano piano, si comincia a perdere il filo e si finisce col parlare di GoldenEye e, un'ora dopo, di Turok: Dinosaur Hunter, nonostante siano contemporanei e spesso trattati insieme. D'altronde, sono i maggiori responsabili dell'aver portato un genere come l'FPS che sembrava antitetico alle console e, soprattutto, ai joypad.

Synthwave nel mio FPS?

Brett Jones racconta Goldeneye
Brett Jones racconta Goldeneye

La lista di giochi glissati per mancanza di sviluppatori vede, però, delle eccezioni. In questi limitati casi, la soluzione scelta dal regista è lasciar parlare content creator e "fan". Per esempio, nel caso di Chex Quest, il gioco viene raccontato in gran parte da James Rolfe, meglio noto come Angry Video Game Nerd. Niente in contrario a un fan che racconti un gioco, trattandosi del l'unico modo per rimediare alla mancanza di un narratore. L' idea - infatti - funziona per Blood di Monolith Software, con Steven Kick di Nightdive Studio e GmanLives; anche se mancano del tutto riferimenti alla triste storia del seguito.

Per Chex Quest e Noah's Ark 3D, si lascia parlare praticamente solo Rolfe. Addirittura, il documentario ripropone un'intera sequenza della puntata dell'AVGN dedicata a Chex Quest. Tra l'altro, neanche una delle migliori puntate della serie, che ormai va avanti da quasi vent'anni. Una scelta discutibile che risulta difficile da giustificare nella cornice di quello che dovrebbe essere comunque un documentario. Certamente non una compilation di video di content creator. Anche lo stile "vapor/synthwave", scelto per la cornice e l'editing del documentario, non è completamente convincente.

Duke Nukem Forever manca un'altra volta

Le narrazioni sono spezzate da alcune sequenze di gameplay (qui Duke Nukem 3D)
Le narrazioni sono spezzate da alcune sequenze di gameplay (qui Duke Nukem 3D)

Come detto in apertura, è naturale aspettarsi delle mancanze nel racconto, per motivi di tempo e ritmi. Alcune però risultano comunque difficili da spiegare. Quella che più colpisce è sicuramente Duke Nukem Forever. Un titolo in perenne attesa che non solo ha influenzato il genere FPS, ma le cui conseguenze hanno finito per coinvolgere l'intera industria. Una storia fatta di errori: dal management, allo sviluppo.

Nonostante il coinvolgimento sia di Randy Pitchford sia di Scott Miller, il progetto non ha una sezione dedicata. Anzi, non viene nemmeno menzionato per sbaglio. Forse ci darete dei complottisti, ma sembra quasi aleggiare un'aria di "ok parteciperemo al documentario, ma non vogliamo domande su Forever". Eppure, sembrerebbe ragionevole pensare che una qualsiasi narrazione sul genere FPS, e ancora peggio su Duke Nukem 3D, che non menzioni nemmeno Forever, resti comunque incompleta.

E infatti la cosa diventa poi palese quando si arriva, verso la fine, ai boomer shooters. Miller - della Apogee Software - racconta di Ion Maiden e, a un certo punto, nomina il personaggio "Bombshell". Non si dice altro per spiegare cosa fosse quel progetto e da dove provenisse. Forse proprio perché comunque collegato con Forever, si è preferito glissare, ma bisogna essere davvero esperti per conoscere i collegamenti tra Bombshell, Duke Nukem Forever e Ion Maiden. Qui il documentario pecca di approfondimenti, in questo caso necessari, pure se il target è quello degli appassionati.

Un lavoro per gli appassionati da appassionati

Tom Hall creatore di Rise of the Triad
Tom Hall creatore di Rise of the Triad


Per il resto, nelle - forse eccessive - quattro ore e mezza di durata, troverete sicuramente pane per i vostri denti. Al di là di quelle che possono essere preferenze personale su editing e cornice, la passione che ha animato il progetto è evidente. Il documentario sarà disponibile ai backer a fine mese prossimo, mentre l'acquisto sarà possibile fino al primo di agosto.

La celebrazione del genere sparatutto in prima persona in "First Person Shooter" è sicuramente fatta col cuore e realizzata più che discretamente. Certo, il racconto non è sempre del livello adeguato, ma lo spirito rimane intatto. Possiamo, dunque, perdonare qualche mancanza (pure inevitabile) nella narrazione e qualche discutibile scelta di narrativa. Però ecco, per correggere gli errori di rotta, dovremmo aspettare una futura miniserie...