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Ikai, il provato di un horror ambientato nell’antico Giappone

Il provato di Ikai, un gioco horror psicologico in prima persona ambientato nell'antico Giappone, che punta tutto sull'atmosfera e il folklore

PROVATO di Simone Tagliaferri   —   14/01/2022

È sempre affascinante scoprire come certe culture riescano ad andare oltre i loro territori, soprattutto in un'epoca globalizzata come la nostra, spesso diventando oggetto di rappresentazioni rigorosissime, al punto da essere quasi indistinguibili da quelle indigene. Pensate a Ghost of Tsushima di Sucker Punch e di quanto abbia fatto parlare di sé proprio per il suo essere apparentemente più giapponese di molti giochi giapponesi. In realtà la pratica è ormai così comune da non apparire nemmeno più tanto aliena come un tempo, nonostante i tentativi di riprodurre stili provenienti da culture lontane non siano mai mancati nella storia umana (pensate al giapponismo della Francia di fine ottocento tanto per avere un facile riferimento).

Per questo non siamo rimasti poi così sorpresi che un'opera come Ikai, orientaleggiante sin dal titolo, sia stata in realtà realizzata da un team indipendente di Barcellona, gli Endflame. Scopriamo Ikai nel nostro provato.

Storia e sigilli

Il mondo di Ikai è pieno di demoni
Il mondo di Ikai è pieno di demoni

Ikai racconta la storia di Naoko, una sacerdotessa che lavora in un tempio shintoista giapponese sperduto tra le montagne, in epoca feudale. Quando il sacerdote suo mentore viene richiesto dagli abitanti di un vicino villaggio, terrorizzati dai segni che vogliono prossimo l'arrivo dei demoni sulla Terra, la nostra rimane sola a svolgere le sue faccende quotidiane. Inquieta, ma non preoccupata, si troverà a vivere l'orrore scatenandolo involontariamente e dovrà, da sola, riuscire a scacciare gli spiriti maligni che tenteranno di prendere possesso del tempio. Il tutto si traduce in un horror psicologico in prima persona che fonde avventura, stealth e azione in un gameplay pieno d'idee interessanti, quanto spesso già viste.

All'inizio del gioco veniamo introdotti a una delle meccaniche fondamentali: prima di partire per il villaggio, il sacerdote ci chiederà di preparare dei sigilli per demoni. Per farlo dovremo letteralmente ricalcarli a mano usando un pennello, controllato con il mouse o con il controller. Il sistema richiede una certa precisione nel tratto, che costringe a non affrettarsi troppo. In caso di errore, bisogna ricominciare da capo.

Il perché di questa scelta di design diventa chiaro andando avanti nel gioco: il disegno dei sigilli è in realtà uno degli stratagemmi studiati per farci saltare sulla sedia. Di base dovremo affinare il più possibile la nostra tecnica, se non vogliamo essere aggrediti da qualche demone mentre siamo impegnati nell'operazione. Volendo è possibile completare i disegni in più tempi, in modo da scaricare la tensione. L'importante è non passarci sopra troppo tempo continuato, perché altrimenti si finisce uccisi senza troppi convenevoli e senza possibilità di fuga (i demoni arrivano all'improvviso, senza darci possibilità di reazione).

Giapponese, troppo giapponese

Disegnare i sigilli è una delle meccaniche fondamentali
Disegnare i sigilli è una delle meccaniche fondamentali

In linea di massima il gameplay di Ikai è abbastanza classico: si esplora l'ambiente con una certa lentezza, spesso accovacciandosi, cercando di non fare rumore per non destare attenzioni indesiderate e si risolvono piccoli puzzle, come rimettere in ordine alcuni cassetti o utilizzare i sigilli al momento giusto, per sbloccare oggetti utili o passaggi particolari. A differenza di altri titoli del genere, quello di Endflame sembra costruito molto più sulle situazioni, ossia cerca di essere il più vario possibile mettendoci di fronte a eventi e sfide differenti, come quella già raccontata dei sigilli, oppure come la fuga da un verme demoniaco che ricorda moltissimo un film d'azione, tra scavalcamenti e sbarramenti di fortuna da creare per rallentarlo.

Ci sono ovviamente anche dei puzzle ambientali, altri più meccanici alla The Room, e altri ancora più folkloristici (definiamoli così per evitare di darvi anticipazioni inopportune). Tutto serve a raccontare una storia che prende sempre più una piega introspettiva mano a mano che si procede nell'avventura e che a suo modo si rivela essere molto diversa da ciò che sembra inizialmente.

Gli elementi folkloristici non mancano
Gli elementi folkloristici non mancano

Eppure giocando si sente che manca qualcosa, perché un giapponese non avrebbe mai raccontato una storia così giapponese in modo tanto simile all'immagine che un occidentale ha del Giappone. È un po' come la filosofia orientale spiegata da uno di New York che nella vita non ha studiato altro: magari è perfetto, azzecca tutti i concetti nel modo giusto, si muove in modo inappuntabile imitando i maestri orientali, ma sembra sempre lontanissimo dal ciò che vuole incarnare e l'unica immagine che ti riesce davvero a trasmettere è quella di una palestra di lusso all'ultimo piano di un grattacielo, piena di persone dal reddito medio alto che si inebriano di parole esotiche con cui cercano di riempire di significato la loro vita. Forse, a pensarci bene, è proprio per questo che Ikai funziona e c'è anche piaciuto, almeno fino a dove siamo potuti arrivare: perché anche noi siamo parte di schemi mentali e culturali simili a quelli da cui derivano queste rappresentazioni. Un giapponese per spaventarci sviluppa Silent Hill o Clock Tower, trasfigurando la sua cultura di partenza in qualcosa di diverso e più alto, mentre noi, cercando di comprenderlo, andiamo a rifare i poster dei demoni che ha appesi in camera da letto.

Conclusioni provvisorie

L'ambientazione è suggestiva
L'ambientazione è suggestiva

Detto questo Ikai non è per niente male e, anzi, a tratti stupisce come sia stato realizzato soltanto da tre persone: gli ambienti sono ben composti e dettagliati, la varietà è buona e il design delle mappe è molto intelligente e riuscito, tanto da creare un forte senso di smarrimento anche in momenti prettamente lineari (almeno fino a quando non si capiscono certi trucchi). Nonostante sia in accesso anticipato, il gioco ci è sembrato stabile e pulito, quindi senza grossi bug e senza ritorni al desktop improvvisi. I demoni di loro ricalcano quelli visti in tante illustrazioni orientali e sono realizzati con una certa cura, anche se va detto che è difficile ammirarli da vicino, dato che quando accade di solito è perché si viene uccisi. Vedremo se le buone impressioni saranno confermate dalla versione finale, per cui non dovrebbe mancare moltissimo (si parla di Q1 2022). Intanto andiamo a disegnare qualche sigillo, che i demoni stanno arrivando.

Da ciò che abbiamo provato, Ikai è un horror psicologico interessante, dotato di meccaniche varie e convincenti, ma con molto da dimostrare in ambito narrativo. Per ora vi consigliamo di provare la demo, disponibile gratuitamente, ma per sapere se valga o meno la pena vivere l'avventura di Naoko fino alla fine non resta che attendere la versione definitiva.

CERTEZZE

  • Trovate interessanti per creare tensione
  • Ambientazione curata

DUBBI

  • La storia reggerà fino alla fine?