PC e console sono sempre stati mondi separati: giochi diversi, interfacce e posture diverse. Ancora oggi ricordo il giubilo nell'installare e provare Joe & Mac 2, mediocre platform che aveva il solo merito di offrire su PC uno scrolling orizzontale finalmente degno del corrispettivo console. Su console avevi le esperienze arcade, da sala giochi, più leggere e spesso più spettacolari ma potevi solo sognartele le avventure grafiche migliori, gli strategici, i simulatori spaziali. Anche gli FPS, gli sparatutto in prima persona, nascono su PC e solo molto dopo, con Goldeneye e Red Faction, ma soprattutto con Halo, sono riusciti a trovare un loro spazio anche sugli hardware dedicati. Poi c'è stato un momento in cui le console hanno iniziato a vincere. Fu attorno al 1995, tra The Dig di LucasArts e Destruction Derby di Psygnosis, che il PC iniziò a sentire il fiato sul collo di queste macchine da gioco sempre più potenti e specializzate.
La storia riscritta
Se dal 1995 al 2000 il PC può ancora garantire un'offerta unica, nel 2005 le cose cambiano radicalmente. In dieci anni, grazie all'incredibile successo di PlayStation e l'ingresso di Microsoft come terzo player nel mercato console, scompare quasi totalmente il tipico gioco PC. Oramai troppo rischiosi da inscatolare e distribuire nei negozi, e senza ancora un canale distributivo consolidato online; gli strategici come le avventure, i simulatori e i GdR più profondi scompaiono lentamente dai radar. Fortunatamente, nel 2004 arriva Steam che dà il via a una nuova rivoluzione i cui effetti sono ben visibili anche oggi, ma questa è un'altra storia.
Il videogioco inizia a diventare di massa grazie alle console, e milioni di nuovi appassionati sono di conseguenza cresciuti all'ombra rassicurante di Miyamoto, di Sega, di Final Fantasy, GTA, Namco, Tekken, Soul Calibur, International Superstar Soccer, Mario, Gran Turismo. Le console hanno vinto in popolarità e come tutti i vincitori hanno avuto l'onore di riscrivere in parte la storia, modificando anche i gusti e le necessità del pubblico. Ci sta, non c'è nessun problema, a patto che non si dimentichi, come sembra stia avvenendo, tutto quello che ci ha dato il PCc, tutte le rivoluzioni che sono avvenute grazie alla crescita esponenziale e ininterrotta di questi assemblati e degli sviluppatori che in piena libertà, su questa piattaforma in perenne movimento, hanno dato vita alle loro visioni. Perché per ogni Yu Suzuki c'è un Richard Garriot, per ogni Masahiro Sakurai c'è un Will Wright.
Nomi da non dimenticare
E poi c'è Peter Molyneux. Il game designer inglese è l'esempio vivente di un mondo, quello dei videogiochi e dei videogiocatori, che ha cancellato parte della sua storia. Molyneux oggi è riconosciuto principalmente per i suoi cocenti insuccessi, ma è davvero indegno ridurne la carriera a The Cube e Godus o dargli palesemente del cazzaro, quando senza una figura simile non avremmo avuto giochi sensazionali che, pur quando non ideati da lui in persona, nascono grazie all'ambiente che proprio lui ha contribuito a creare. Populous, Powermonger, Dungeon Keeper sono la storia dei videogiochi; Syndicate, Magic Carpet e i due Theme (Park e Hospital) sono sempre figli di Bullfrog Production e di conseguenza figli di Peter Molyneux e del co-fondatore Les Edgar. Nomi più che importanti: fondamentali. Quando usciva un gioco Bullfrog si percepiva l'emozione nell'aria. Indimenticabili le mie partite a Syndicate con All That Se Wants degli Ace of Base a manetta, ma anche questa è un'altra storia.
Will Wright è un altro che sembra scomparso nel nulla eppure è proprio lui che dobbiamo ringraziare per The Sims. Fermi tutti, The Sims com'era originariamente e non la casa delle bambole venduta col contagocce di oggi. The Sims era un prodigio, un simulatore vero, e la Maxis di Wright una factory dedita ai gestionali che solo a vederne il logo ribollivi di gioia. E visto che siamo in tema, continuiamo con Chris Sawyer e i suoi Transport Tycoon e l'inimitabile Rollercoaster Tycoon. Vogliamo invece parlare di quel colosso che era Origin? Richard Garrioth e Chris Roberts hanno fatto sfaceli lì dentro, il primo con la serie Ultima e il secondo con Wing Commander. Senza dimenticare i frutti della collaborazione con i geni dei Looking Glass Studios che nel 1992 se ne uscirono con quel prodigio tecnico di Ultima Underworld, ovvero uno dei primissimi giochi in prima persona con delle mappe e un'interazione completamente tridimensionali. Ogni volta che usciva un gioco Origin, dovevi cambiare qualcosa al PC. Nel '92 su console il massimo era Street Fighter 2 e il Mode 7 dello SNES, un ulteriore passo in avanti ci fu l'anno successivo con i poligoni di Star Fox, ma niente al confronto di quel che si poteva vedere e giocare su PC. Da Origin arrivarono anche giochi più accattivanti e che, se fossero usciti su console, oggi sarebbero probabilmente rispettatissimi feticci dentro vetrinette in plexiglass: Bioforge, Cybermage, Crusader: No Remorse. Senza nulla togliere a Quackshot e Robocod, a Puyo Puyo e Tecmo Super Bowl, ma su PC si viaggiava proprio in un'altra direzione.
L'altro lato della luna
Il trittico Bill Stealey, Sid Meier e Andy Hollis che diede vita nel 1982 a MicroProse è un'altra pagina fondamentale nella storia dei videogiochi: F-15 Strike Eagle, X-Com, Civilization, Master of Magic, Pirates!, Master of Orion, Falcon, Gunship e così via. È talmente scontato parlarne che quasi ci stavamo dimenticando di Lucasfilm prima, e LucasArts dopo. A cavallo tra gli ottanta e novanta, per un pischello non credo che potesse esistere qualcosa di più magico di tutto quel che circondava George Lucas e lo Skywalker Ranch, inclusa la software house responsabile di quelli che sono senza alcun dubbio tra i più grandi videogiochi del periodo e della storia.
Col poster di Indiana Jones e la frusta a penzoloni sul muro a caricare Loom, The Secret of Monkey Island, Indiana Jones e L'ultima crociata e poi il Destino di Atlantide, Sam & Max Hit The Road, FullThrottle, Grim Fandango. Incredibile come LucasArts a un certo punto sia riuscita a cambiare totalmente genere, più e più volte, tenendo sempre altissima la qualità: X-Wing, Tie-Fighter, Dark Forces. Gameplay da brividi, atmosfera immacolata...
L'origine dei GDR
Da piattaforma agnostica e libera, il PC ha permesso ai piccoli di diventare grandi mentre le console erano prevalentemente riservate ad aziende già strutturate e in grado di pagare per un dev-kit. È trafficando con i PC che David Braben ha creato Elite, è smanettando con i loro terminali che Ray Muzyka e Greg Zeschuk hanno deciso di iniziare a programmare videogiochi: prima Shattered Steel e poi Baldur's Gate e infine Mass Effect. A proposito di giochi di ruolo: forse molti rimarranno scioccati nello scoprire che i giochi di ruolo moderni, incluso Final Fantasy e Dragon Quest, devono la loro esistenza prevalentemente a un videogame del 1981 (in principio su computer Apple-II) chiamato Wizardry e sviluppatori dall'americana Sir-Tech su Apple II.
Il gioco creato da Andrew Greenberg e Robert Woodhead fu talmente influente in oriente che in Giappone ne vennero sviluppati diversi spin-off (alcuni arrivarono anche su GameBoy e PlayStation). Altro gioco fondamentale per la crescita dei GDR è Bard's Tale di Michael Crawford, che ci porta dritti a Brian Fargo. Fargo è stato il fondatore di Interplay prima e InXile dopo e ha contribuito alla nascita di giochi eccezionali come Wasteland, Neuromancer, ma mettiamoci dentro pure Battle Chess ma senza dimenticare le migliori avventure grafiche dedicate a Star Trek e poi Fallout e Fallout 2, dei quali Fargo è stato produttore esecutivo.
Questo era lo spirito!
La particolarità di quasi tutti i giochi citati era la loro voglia di stupire prima di tutto attraverso il gameplay. Giochi avveniristici ma spesso poco interessati a quella che oggi viene definita "quality of life", e il più delle volte dovevi impegnarti per capire come farli funzionare e altre ancora non funzionavano nemmeno al 100%. Ma era lo scotto da pagare per avere prodotti che non avevano paura di rischiare, per un pubblico che non aveva paura di sperimentare. È così che sono nati i dungeon procedurali e in prima persona di Akalabeth, anno di grazia 1979; è così che è nato The Elders Scrolls e da Arena siamo arrivati a Skyrim; è per questo che abbiamo sostenuto Stalker nonostante tutto.
Abbiamo accettato le imperfezioni del passato, per avere i kolossal di oggi. Ma era questo lo spirito! Molti dei giochi più applauditi e riconosciuti, per un certo periodo sono stati un vero disastro tecnico e se li avessimo trattati come vengono trattati di questi tempi i giochi che si azzardano ad avere una o più sbavature, o una grafica non proprio al passo con i tempi, avremmo distrutto sul nascere quelli che in realtà erano germogli di capolavori. Come si dice? Dalla merda nascono i fiori, e i diamanti vanno lavorati per trasformarli in gioielli.
Ci vuole tempo...
Il PC è stato un fantastico coacervo di creatività e sperimentazione in passato, ed è tornato a esserlo grazie soprattutto ma non solo a Steam. La differenza col passato è che oggi a sperimentare sono soprattutto sviluppatori indipendenti senza grossi budget alle spalle che devono il più delle volte affidarsi agli stessi appassionati per trovare la forza economica per andare avanti. È quello che ha fatto Larian con Baldur's Gate 3, sei anni di sviluppo e un early access di enorme successo dopo aver dilagato con Divinity, serie che ha semplicemente portato avanti, su PC dove possibile, idee di gioco che molti ci descrivevano come finite e demodé.
Lo stesso sta accadendo con Star Citizen, un decennio per creare il simulatore spaziale definitivo, tanti appassionati a credere nel sogno, e quel pubblico che non ha mai sbirciato dall'altro lato della luna a chiedersi cosa possa esserci di speciale. Questo succede perché a molti il nome Chris Roberts non dice nulla, equivale a Joe Mutanda. Ma se quel nome non ti dice nulla, non ti trasmette nessuna fiducia, beh allora di uno speciali come questo, superficiale quanto volete, ce n'è davvero bisogno...