La seconda stagione di The Last of Us si appresta a volgere al termine, giunta alla messa in onda della penultima delle puntate previste. Senza alcuna sorpresa per chi ha avuto il piacere di completare il gioco di Naughty Dog, il sesto episodio ha riportato di fronte alla telecamera il buon Pedro Pascal nei panni di Joel, passaggio quasi obbligato per elargire ulteriori coordinate emotive con cui definire con più accuratezza il complesso rapporto che lo lega ad Ellie.
Non senza qualche critica, il duo composto da Neil Druckmann e Craig Mazin sta completando la parziale rilettura del videogioco, scatenando diverse polemiche tra i fan più intransigenti che non stanno perdendo occasione per sottolineare con infastidita solerzia ogni cambiamento rispetto al già noto, rispetto a quanto esperito pad alla mano.
É innegabile: come abbiamo già avuto modo di sottolineare in uno speciale pubblicato settimane fa, questa seconda stagione sta semplificando e rendendo più didascalico ogni passaggio, spiegando e palesando i processi mentali ed emotivi dei personaggi coinvolti. Lo abbiamo visto con Abby nella seconda puntata e il procedimento si è ripetuto in questa sesta puntata, completamente incentrata su una serie di flashback utili a ricostruire il lento deterioramento del rapporto tra il personaggio impersonato da Pedro Pascal ed Ellie.
Più di ogni altra cosa, tuttavia, questo sesto episodio ci ha permesso di (ri)scoprire perché amiamo così tanto Joel e perché, in fin dei conti, non è poi troppo difficile rispecchiarsi nel suo dramma, nel suo egoismo, nelle sue paure.
Un dramma spiegato, ma ugualmente efficace
La sequenza che apre la puntata, quella che vede un Joel adolescente alle prese con il padre problematico, fornisce un'inedita chiave di lettura sul personaggio e offre la corretta prospettiva attraverso cui filtrare non solo l'intero episodio, ma probabilmente la serie TV nella sua globalità.
Nello scontro verbale con il signor Miller, violento di natura, il giovane Joel mostra la sua innata tendenza a difendere i suoi affetti, a proteggere il più debole, in questo caso il fratello Tommy, beccato in flagrante ad acquistare sostante stupefacenti. Il suo tentativo di prendersi la responsabilità per l'accaduto, nonostante l'estraneità ai fatti, fornisce la cifra con cui valutare l'inclinazione morale di Joel.
La tendenza ad addossarsi la colpa di ciò che accade è la stessa che lo spingerà ad una latente depressione dopo la morte della figlia Sarah, di cui si sente totalmente colpevole nella sua incapacità di proteggerla a qualsiasi costo. Se il caso di Tommy e della figlia rappresentano due esempi sostanzialmente positivi, in cui i principi morali di Joel sono proiettati a difesa delle persone coinvolte, lo schiacciante senso di responsabilità dell'uomo ha un evidente risvolto negativo che si riverbera su Ellie, poiché si manifesta nella forma più ossessiva e, anche per questo, egoistica.
Gli sceneggiatori della serie hanno voluto rendere evidente e didascalico per l'appunto, il filo rosso che lega l'inizio della puntata con la fine; l'inizio della seconda stagione, con Joel ed Ellie a pochi passi da Jackson e divisi da una domanda senza risposta, e il suo vicino epilogo, in cui quello stesso quesito trova il suo drammatico sbocco.
Il perno attorno a cui ruota la puntata, con essa il rapporto tra Ellie e Joel e, in breve, la serie fino a questo punto, è instillato nella frase che l'ufficiale di polizia Miller dice a suo figlio al termine della conversazione sopracitata: "quando sarà il tuo turno, spero tu sarai un po' più bravo di me". Le percosse ricevute da Joel e Tommy, infatti, non sono paragonabili a quelle inferte da nonno Miller al poliziotto, a sua volta bersaglio di una violenza fisica inaudita. Il signor Miller, in soldoni, lascia intendere che così come lui ha saputo contenere la brutalità di cui è stato vittima, anche Joel dovrà fare altrettanto, nel tentativo di spezzare il circolo vizioso che attanaglia la famiglia da chissà quante generazioni.
Come sappiamo, in età adulta Joel dovrà affrontare sfide e minacce inimmaginabili fino a poco prima, trovandosi costretto a sopravvivere in un mondo barbaro, in cui la legge del più forte è prevaricante. Il tentativo di contenere il germe della violenza, insomma, è inconciliabile con le nuove regole del mondo. Eppure, di fronte all'indifesa Ellie, di fronte al suo bisogno di protezione, il giovane Joel, quello pronto a tutto pur di difendere il proprio fratello, torna lentamente in vita, scrostando progressivamente gli strati di nichilismo e cinismo che ne avevano avvolto la versione adulta all'indomani della triste dipartita di Sarah.
Il suo essere più bravo del padre, da questo punto di vista, si traduce in un senso di protezione estremo, massimo, quasi soffocante. Joel rischia continuamente la vita per assicurarsi che Ellie sopravviva. Si scaglia contro l'uomo scandalizzato dagli atteggiamenti intimi che la ragazza ha con Dina durante la festa a Jackson. Cerca il più possibile di tenerla lontana dai pattugliamenti intorno all'insediamento. Vorrebbe donargli il più possibile una vita normale, al sicuro da qualsiasi guaio, preservando non solo quella vita che lui stesso ha permesso continuasse, ma soprattutto preservando egoisticamente il sé stesso bisognoso di avere qualcuno da proteggere a tutti i costi.
Proprio grazie alla scena d'apertura, apprendiamo qualcosa di Joel che nel videogioco possiamo desumere solo dopo ore e ore passate nei suoi panni, dopo numerosi dialoghi con Ellie, tutte tecniche narrative e componenti ludiche impossibili da riprodurre in una serie TV. Il trauma causatogli dal padre violento, genera nel protagonista l'ossessione di distinguersi dal suo genitore, di spezzare a tutti i costi il cerchio della violenza morbosa e malata verso chi si ama. Ellie è amata in quanto figlia putativa, ma è anche la fragile immagine del dramma vissuto dal giovane Joel, simulacro di un principio morale, di un intento, di un bisogno di emancipazione dai peccati della sua famiglia che deve sopravvivere a qualsiasi costo e che, a qualsiasi costo, deve rimanere il più possibile intatto, candido, innocente. Ciò spiega anche la reazione, certamente esagerata, che ha Joel quando scopre la relazione tra Ellie e Cat, la ragazza che le tatua il braccio. La sua bambina, nella sua visione, non può esplorare la sua sessualità, non può fare esperienza del mondo, non può e non deve "sporcarsi" in alcun modo.
Il percorso di accettazione di un genitore che si accorge di avere a che fare con un adolescente è generalmente lungo e tortuoso e in questa sesta puntata ne possiamo apprendere e conoscere alcuni passaggi. Dalla spensierata ragazzina che si arrampica sul dinosauro, passiamo alla giovane donna che vuole mettersi in gioco, che cerca a tutti i costi un posto nel mondo. Joel realizza in ritardo, torna spesso sui suoi passi, commette errori collegati al suo trauma e indissolubilmente legati alla grande bugia nata nell'ospedale di Salt Lake, dove Ellie avrebbe dovuto morire, in sacrificio per il genere umano.
Per quanto tossico, per quanto soffocante, per quanto prevaricante in certe scelte di vita, l'amore di Joel per Ellie crea inevitabilmente empatia, alimentano quel cortocircuito contraddittorio che rende tanto speciale The Last of Us e che si riverbera anche sugli altri personaggi coinvolti nella vicenda, Abby in primis ovviamente. Proprio nella sua sofferenza più profonda e anche per questo inconscia, Joel palesa tutta la sua fragilità, mostrando empiricamente quanto anche l'amore possa far male e possa essere un fardello per lo stesso oggetto di questo sentimento, a volte incontrollabile. E quante volte è capitato anche a noi di essere tossici, soffocanti, prevaricanti e dannatamente innamorati? La fortuna, nonché il grande sforzo che è necessario compiere per maturare, è rendersene conto in tempo, migliorarsi, spezzare lo stesso circolo vizioso che anche Joel cerca di sabotare.
Il cerchio si chiude
C'è un altro elemento di questa sesta puntata che rende il tutto ancora più struggente, un dettaglio che rende tanto più significativo e simbolico l'incontro di Joel con Eugene, il marito della psicologa Gail. Morso e ormai condannato, l'uomo di mezz'età chiede al protagonista di concedergli un ultimo saluto alla moglie. Joel prima promette di esaudire il suo desiderio di fronte ad Ellie, poi il suo senso del dovere e di protezione, qui esteso all'intera comunità di Jackson, prevale ed elimina a sangue freddo il malcapitato.
Prima del gesto efferato, tuttavia, Joel cerca di consolare Eugene con una frase tristemente profetica: "se ami una persona, puoi vedere sempre la sua faccia", alludendo all'impossibilità di condurlo sino alle porte di Jackson per l'estremo saluto. Eugene dovrà immaginare sua moglie, solo e sperduto in un bosco nei dintorni di Jackson; il personaggio interpretato da Pedro Pascal, invece, il viso di Ellie sarà effettivamente l'ultima cosa che vedrà prima di essere colpito a morte da Abby. Un altro cerchio, meno palese in questo caso, che si chiude perfettamente in questa seconda stagione di The Last of Us.
Non c'è alcun dubbio che la serie TV sia estremamente e tremendamente più didascalica del videogioco. Ancora una volta è necessario sottolineare, tuttavia, che è inevitabile rendere più evidenti certi meccanismi narrativi che nel videogioco possono attivarsi grazie agli strumenti linguistici esclusivi, per lo più legati all'interazione, del medium. Ecco perché una trasposizione completamente fedele è impossibile da realizzare, se non al prezzo di escludere da determinati significati una sensibile fetta di pubblico.
Si potevano gestire meglio alcuni passaggi? Indubbiamente sì. Eppure, analizzando nel dettaglio alcune scelte stilistiche e narrative, si può comunque intravedere il senso dell'operato di Druckman e Mazin. Il dramma di Joel, in questa versione per il piccolo schermo, è certamente più descrittivo ed esplicito, ma non per questo è privo di pathos o di collegamenti, più o meno evidenti, che confinano in un grande cerchio non solo questa stagione, ma l'intera serie di The Last of Us.
A questo punto la domanda da porsi è una sola: Ellie sarà in grado di essere "più brava" di Joel nel suo diretto confronto con Abby? Per la risposta dovremo sicuramente aspettare almeno la terza stagione.