Il videogioco è un medium che è cresciuto in modo repentino nel corso degli ultimi anni. Una crescita esponenziale, tanto che oggi l'industria dei videogiochi in termini di fatturato ha superato quella del cinema. Un incremento scandito dal progresso tecnologico che attualmente permette delle produzioni qualitativamente molto elevate dal punto di vista cosmetico e scenografico. Abbiamo assistito ad una convergenza evolutiva tra videogames, utenti e tecnologia; una coevoluzione che, grazie alle piattaforme mobile, ha prodotto nuove tipologie di utenti. In un certo senso il videogioco è stato sdoganato passando da oggetto di nicchia ad un fenomeno quasi di massa. I risultati di questa transizione sono multifattoriali e, tra le altre cose, hanno prodotto una sorta di domesticazione del medium videogioco, tanto che intorno al 2000 si è cominciato a parlare dell'utilizzo dei videogames in contesti non strettamente ludici. Un esempio in tal senso è la gamification, tradotto in italiano "ludicizzazione", ossia l'utilizzo della metafora del videogioco e di alcuni elementi del game design in contesti non ludici come ad esempio quelli relativi alla didattica e all'apprendimento. In questo articolo racconteremo la storia di un professore italiano appassionato di videogiochi che ha saputo sfruttare questa sua passione per migliorare l'apprendimento della lingua italiana negli studenti americani.
Il Prof. Simone Bregni
Stiamo parlando del Prof. Simone Bregni, il quale, nel 1994, dopo la laurea in Lettere - indirizzo di Civiltà Medievale all'Università di Torino, e tre corsi post-laurea, ha deciso di partire per un Ph.D. in Italiano, un dottorato (spesato e stipendiato da assistentati e borse di studio) alla University of Connecticut. Dopo aver ricevuto una Presidential Scholarship dell'università (una borsa di studio triennale di merito, assegnata dal rettore ogni anno a studenti selezionati) ha poi lavorato per tre anni al Trinity College a Hartford, in Connecticut, ottenendo la cattedra in italianistica alla Saint Louis University nell'agosto del 2000. Nel 2007 ha ricevuto la tenure, ossia è diventato ordinario e attualmente insegna corsi di lingua italiana a tutti i livelli - elementare, intermedio e avanzato- corsi di letteratura medievale e rinascimentale e corsi di cinema italiano. La vocazione per l'insegnamento e la volontà di migliorarsi costantemente ha portato il Prof. Bregni a sperimentare nuovi approcci all'insegnamento, efficaci e solidi. Approcci che però nascono da lontano, trovando riscontro nella passione per i videogiochi. Bregni ci racconta che dalla metà degli anni '80 si è reso conto che giocare certi tipi di titoli con un'enfasi specifica sulla comunicazione (scritta, a quell'epoca; poi anche orale, a partire dalla fine degli anni '90, con l'evoluzione tecnologica delle console e l'avvento della prima PlayStation) contribuiva a migliorare e a esercitare la conoscenza di una lingua straniera. "Ricordo in particolare un gioco, Alter Ego della Activision. Era il 1985 e lo giocavo sul Commodore 64. Era un'avventura testuale di ottima fattura, creata da un team di psicologi e diversa dal solito, con un'interfaccia a icone, una novità per l'epoca. Era coinvolgente ed entusiasmante; ci giocavo con un dizionario sulle ginocchia, cercandoci i termini a me sconosciuti su cui mi bloccavo. Dopo circa un mese di gioco continuato, per un paio di ore al giorno tutti i giorni, ricordo di aver preso in mano un romanzo in inglese e di aver notato che le mie competenze in termini di comprensione della lingua scritta erano migliorate parecchio", ci racconta il Prof. Bregni. E, come si dice in questi casi, tutto il resto è storia; con la prima Playstation e il Sega Saturn, grazie al supporto CD, si sono cominciati ad avere giochi con narrazioni e dialoghi anche parlati che hanno prodotto nel professore italiano miglioramenti rapidi anche in termini di comprensione della lingua orale.
Partendo da questi presupposti, il Prof. Bregni dalla fine degli anni '90 ha cominciato a sperimentare l'utilizzo dei videogiochi come strumento pedagogico nei suoi corsi di lingua e cultura italiana. Ha testato sia titoli creati appositamente per l'apprendimento linguistico, il cosiddetto "serious gaming" (letteralmente, giochi seri) sia prodotti commerciali, ossia quelli comunemente venduti in negozi e online. L'approccio di Bregni però è diverso rispetto a quello che solitamente viene utilizzato nella gamification. Infatti il docente italiano ha preso la decisione di orientarsi verso i videogiochi commerciali che qualitativamente sono migliori, oltre ad essere decisamente più divertenti rispetto ai serious games che nascono non per divertire ma per "educare". Spesso infatti chi si occupa di gamification nelle scuole e in contesti didattici-educativi perde di vista quelli che sono le fondamenta del game design: l'utente è invogliato a giocare ad un determinato titolo solo se questo è divertente e coinvolgente.
"Specialmente dal 2007 con il successo della serie di Assassin's Creed, i videogiochi potevano contare su narrative stimolanti e dovizia di contenuti che ri-creano periodi storici e aree geografiche molto diversi. Negli ultimi anni, inoltre, la localizzazione, cioè il complesso processo di adattamento linguistico, che va oltre una mera traduzione, si è sempre più affinato". Nell'autunno del 2016 il visionario professore italiano decide di applicare il suo metodo nell'apprendimento della lingua straniera e, grazie a una borsa di ricerca competitiva del Reinert Center for Transformative Teaching and Learning della Saint Louis University, ha avuto modo di sviluppare un corso, Intensive Italian for Gamers, mirato a attirare il 10% della popolazione studentesca che secondo gli studi del centro statistico PEW Research Center si autodefinisce come "gamer" (una persona appassionata di videogiochi e che dedica una sostanziale parte del proprio tempo libero a questo hobby). Il corso, che fornisce l'equivalente di due corsi di lingua in uno (di quattro mesi), è stato insegnato con risultati molto positivi il semestre seguente, nella primavera del 2017. "L'esperienza didattica che avevo acquisito a partire dalla fine degli anni '90 attraverso le mie "sperimentazioni" in classe con l'utilizzo dei videogiochi è servita come base che mi ha permesso di ottenere la borsa di ricerca. Per i risultati ottenuti, presentati in conferenze internazionali e in pubblicazioni accademiche, ho ricevuto nell'autunno del 2017 la James H. Korn Innovative Teaching Award dell'università", racconta il docente. Ma perché quindi utilizzare un videogioco in un contesto didattico? I motivi sono molteplici; banalizzando si potrebbe dire che il videogioco è una straordinaria macchina di apprendimento e, a differenza del libro, che è monomediale, riesce a coinvolgere praticamente tutti i sensi. Ma non è tutto. I videogiochi sono efficaci non solo, o non tanto, perché divertono, ma in quanto costituiscono una sfida; parafrasando le parole dell'uruguaiano Gonzalo Frasca, creatore di titoli per l'apprendimento della matematica: "I videogiochi sono efficaci non perché divertono, ma perché ci sfidano".
Come ci racconta il Prof. Simone Bregni, alcuni videogiochi "possono essere utilizzati come "realia", ossia come manufatti culturali autentici che permettono esercizio e espansione di ciò che si è già imparato attraverso metodologie "tradizionali". Alcuni di loro possono anche contribuire all'acquisizione di contenuti culturali come ad esempio la nota serie di Ubisoft Assassin's Creed. "In particolare, io uso i tre capitoli che si svolgono nell'Italia nel Rinascimento. Se i creatori della serie si sono pur presi alcune libertà dal punto di vista storico (anche se la funzione Database all'interno del gioco contiene sempre dati storici precisi, presentati in maniera sintetica ed efficace), sotto il profilo culturale la ricostruzione dell'Italia dell'epoca Medicea è accurata; il che mi permette di utilizzarli come strumenti didattici non solo per la lingua, ma anche per la cultura italiana. Assassin's Creed II, ad esempio, mi consente di introdurre in classe discussioni sul ruolo dell'Italia nello sviluppo della cultura dell'Occidente moderno, e sui motivi che ne hanno determinato l'egemonia culturale, mostrando in modo interattivo agli studenti il vivace scambio politico, sociale e culturale nelle città centro di rapporti commerciali". Oltre ad Assassin's Creed il docente italiano utilizza anche altri giochi cinematici altamente comunicativi, come alcuni titoli di Quantic Dream (Heavy Rain, Beyond: Two Souls e, prossimamente, il recente Detroit: Become Human) i nuovi capitoli della serie di Tomb Raider (dal 2013 a oggi) e i giochi della Lego, come Lego Dimensions, indicati anche per bambini. Tutti prodotti che sono stati localizzati molto bene in italiano. La metodologia utilizzata da Bregni ha delle solide basi didattico-pedagogiche perché, data la natura di "realia" dei videogiochi cinematici/comunicativi, ci sono diverse teorie e strategie della didattica delle lingue che li indicano come efficaci dal punto di vista pedagogico. Anzitutto, le teorie generali relative all'uso dei realia nell'acquisizione delle lingue straniere, che a partire dagli anni '40 (Spurr, F. S., Realia in Foreign Language Courses, 1942) hanno mostrato i benefici dell'uso dei realia non per sostituire tecniche di apprendimento tradizionali, ma efficacissimi invece nel rafforzare e espandere vocabolario e strutture grammaticali e sintattiche.
Ma i videogiochi non possono essere dati in pasto agli studenti senza strutturare un'attività didattica ben precisa; "perché i realia siano davvero efficaci, infatti, non li si può semplicemente usare come tali, portandoli in classe e "offrendone l'uso" agli studenti. Necessitano di un dettagliato e preciso lavoro preliminare che stabilisca quali siano gli specifici obiettivi di insegnamento, la creazione di esercizi preliminari per preparare l'apprendimento, di esercizi di comprensione orale e scritta durante l'uso e di attività successive per verificare e consolidare la conoscenza. Il Prof. Bregni segue il modello SAMR (Substitution, Augmentation, Re-definition and Modification) del Dr. Puentedura, secondo il quale l'uso della tecnologia nell'insegnamento deve mirare a raggiungere i livelli di ri-definizione (in cui la tecnologia permette la creazione di nuove procedure di apprendimento) e di modificazione (in cui la tecnologia permette una sostanziale ridefinizione delle procedure di apprendimento); e non invece alla semplice sostituzione o incremento del fare attraverso la tecnologia ciò che può essere fatto con metodologie tradizionali. Come ribadito, l'approccio di Bregni si basa sulle teorie del Game-Based Learning (GBL) uno strumento pedagogico in cui gli studenti applicano riflessione critica. I videogiochi coinvolgono il corpo, stimolando l'apprendimento; sono spesso basati sulla sopravvivenza, e favoriscono quindi la produzione di adrenalina, che contribuisce all'assimilazione di nozioni. C'è poi la teoria del flusso (Flow Theory) di Csikszentmihályi, che indica che l'apprendimento migliore avviene quando si perde il senso del passare del tempo, il che è comune nell'esperienza dei videogiocatori, assorbiti dell'azione ludica. Inoltre, l'elemento ludico viene utilizzato per approfondire ed espandere quello che è stato appreso secondo metodi tradizionali. Va inoltre sottolineato come una fetta sostanziale dei giovani (ma non solo: il PEW Research Center mostra che il 50% degli adulti americani gioca ai videogiochi, in una forma o in un'altra - sul computer, sul cellulare, sulle console, rispetto al 70% dei giovani d'età tra i 18 e i 22 anni) dedichi una parte corposa del proprio tempo libero ai videogiochi. Come si traduce tutto questo nella pratica? Il corso Intensive Italian for Gamers è strutturato con tre lezioni di 50 minuti e un laboratorio, sempre di 50 minuti, a settimana. I primi trenta minuti di ogni lezione sono per l'istruzione attraverso il metodo tradizionale, che avviene attraverso un testo e un programma audio/video e di esercizi, collegato al testo, e che gli studenti affrontano individualmente, per conto loro, come compito. La struttura del corso, con la componente interattiva indipendente, è quello che si definisce "ibrida": in parte tradizionale, in parte attraverso le nuove tecnologie. Gli esercizi indipendenti online permettono di passare meno tempo in classe su grammatica, sintassi e vocabolario. Quindi quei trenta minuti di istruzione regolare al giorno comprendono una veloce spiegazione grammaticale, modeling (esercizi orali interattivi basati su domande e risposte), esercizi collettivi, in gruppo, a coppie. Gli ultimi 20 minuti di ogni lezione regolare sono invece dedicati al GBL. "Ho selezionato in precedenza una o più sezioni specifiche di alcuni videogiochi che mi permettano di rinforzare le specifiche strutture e vocabolario apprese nel corso di quella settimana. Applico quindi le tecniche pedagogiche del Backward Design (cosa voglio che i miei studenti rinforzino? Come strutturare quindi la mia lezione in modo da facilitare l'apprendimento?) e del Task-Based Learning (apprendimento attraverso lo svolgimento di compiti specifici volti al raggiungimento di obiettivi specifici) basato su Scaffolding (partire da ciò che è già noto per passare a ciò che può essere familiare o deducibile, per infine introdurre in contesto strutture e vocabolario nuovi e/o più avanzati). Nel nostro corso, dopo circa tre mesi di lezione, affrontando il capitolo relativo ai verbi di attività fisica (correre, camminare, saltare, scalare, ecc.) nelle tre coniugazioni, e, ad essi collegati, il vocabolario relativo agli sport e al clima, la classe gioca al primo capitolo di Rise of the Tomb Raider, che presenta molti di quei verbi all'interno di un contesto narrativo: la giovane protagonista, Lara Croft, che esplora l'Himalaya in un clima rigido, mentre insegue indizi che la portano alla scoperta di una città segreta in cui e nascosto un antico manufatto, fuggendo da un gruppo di criminali al suo seguito. Una dispensa che io ho creato contiene esercizi che assistono gli studenti a identificare quegli specifici elementi di vocabolario e strutture che intendo rinforzare. Le mie dispense applicano la struttura che io ho chiamato Identify, Acquire, Create (IAC: Identifica, Acquisisci, Crea)".
Dal punto di vista pratico la metodologia IAC consiste, attraverso l'osservazione guidata, nel far identificare agli studenti le forme verbali, sintattiche e il vocabolario già imparati, osservarli "in azione" nel contesto dei dialoghi e della narrazione, con "classici" esercizi fill-in-the-gaps e domande relative alla funzione e dinamica di quelle parole e strutture all'interno dello svolgimento della storia. Questa è la prima fase, definita di identificazione. La seconda, detta di acquisizione, consiste in una serie di esercizi che aiutano gli studenti a verificare ed espandere il vocabolario relativo al clima (usando immagini per introdurre parole nuove) e forme (ad esempio, per parlare del tempo che fa). Nell'ultima fase, definita di creazione, gli allievi sono chiamati a discutere e a scrivere della narrativa del gioco; ad esempio, invitandoli creare uno scenario alternativo, o a immaginare come proseguirà la storia e poi applicare il vocabolario e strutture che hanno in precedenza imparato, e poi rinforzato, alla loro esperienza quotidiana. Ad esempio: "Lara Croft è dinamica e coraggiosa, e ama scalare le montagne? E tu?". "Il procedimento IAC, quindi, aiuta a identificare nella narrativa di un videogioco cinematico vocabolario e strutture già noti, e notarne di nuovi grazie al contesto; poi ad acquisirli tramite una serie di esercizi finalizzati a scopi specifici; e, infine, a creare un discorso orale e scritto in cui si applica ciò che si è appreso e rinforzato". Il professor Simone Bregni ci dimostra che l'utilizzo dei videogiochi nell'apprendimento delle lingue straniere può essere veramente "devastante" dal punto di vista dell'insegnamento, ovviamente solo se ben strutturato all'interno di una proposta didattica dove il gaming amplifica e consolida quello che è stato trattato durante la lezione. Non solo, un prodotto come Assassins's Creed: Origins della Ubisoft può essere usato con profitto nelle scuole superiori per mostrare in modo interattivo (e storicamente, archeologicamente, sociologicamente e culturalmente accurato) com'era la vita nel bacino del mediterraneo nel primo secolo avanti Cristo, al tempo della colonizzazione greca. I dati che emergono dal procedimento di Outcomes Assessment per Intensive Italian for Gamers sono interessanti. Anche se senz'altro sarà necessaria ulteriore ricerca relativa al lungo periodo, in quanto il corso è stato appunto finora insegnato solo una volta e i dati sono al momento limitati, i risultati iniziali mostrano che l'uso dei videogiochi come realia migliorerebbe effettivamente l'acquisizione linguistica. Il Professor Bregni afferma che i dati hanno illustrato che mentre gli studenti nel corso basato sui videogiochi ricevevano in media un punteggio di circa quattro punti più basso nell'esame di midterm rispetto agli studenti di un corso di primo semestre regolare, ottenevano invece circa quattro punti finali in più nell'esame finale rispetto agli studenti del corso regolare di secondo semestre. Questo sta a significare che, superato lo shock iniziale, l'integrazione dei videogames all'interno dell'attività didattica funziona molto bene. Così come affermato dal Prof. Bregni, la tecnologia, il digitale ed un medium come quello dei videogiochi non possono e non devono sostituire l'insegnamento tradizionale, ma integrarlo, espanderlo. "Un uso corretto della tecnologia apre nuove prospettive, nuovi orizzonti". E bisognerebbe iniziare fin dalla scuola primaria. In America ad esempio il "coding", il livello base di programmazione che è utilissimo per affinare le capacità logiche dei ragazzi, è insegnato a partire dalle elementari -vedi il programma Lego Boost, che insegna a bambini dai sette anni in su a costruire robot anche complessi e a programmarli con tablet o cellulari-. Un prodotto simile a Lego Boost è Nintendo Labo per Nintendo Switch; la costruzione in questo caso è con elementi di cartone, ma la programmazione è un'attività di coding.
Secondo Bregni a rivoluzionare l'insegnamento saranno le prospettive offerte dalla Realtà Virtuale, strumento dalle enormi potenzialità. Bregni ci fa l'esempio di SuperChem VR, un programma educativo/ludico che permette in tutta sicurezza di provare esperimenti di chimica complessi, costosi e potenzialmente pericolosi, ideato per le scuole superiori e per l'università. Se un prodotto come SuperChem VR, ancora non commercializzato, potrebbe risultare costoso e non accessibile per molte scuole italiane, con un visore economico per smartphone Android come Google Cardboard, è possibile visitare una ri-creazione di Pompei com'era all'epoca dell'eruzione del Vesuvio, grazie all'app educativa Back To Pompei VR, che funziona anche in modalità realtà aumentata visitando il sito archeologico. Secondo il professore il vantaggio della VR è quello di rendere automaticamente ludico l'apprendimento educativo. "Per me si tratta infatti di una forma evoluta del "giocare a fare finta" di quando eravamo bambini. "Facciamo finta che" è il 79 d. C. e vediamo com'era Pompei allora; "facciamo finta" che siamo in un laboratorio di fisica e sperimentiamo gli effetti dell'uranio; "facciamo finta" che siamo su Marte e esploriamo ciò che vedono le sonde terrestri come se fossimo lì", afferma il professore. Infine, non dobbiamo poi dimenticare che grazie alla loro natura multimediale i videogiochi riescono ad adattarsi e a rispondere al meglio ai diversi stili cognitivi e di apprendimento dei discenti presenti in aula, oltre ad essere più efficaci negli studenti che hanno disturbi dell'apprendimento. Il docente italiano consiglia a tutti i videogiocatori di sfruttare la loro passione in modo proficuo invitandoli a cambiare la lingua della console con cui giocano e dei singoli giochi in inglese, o in un'altra lingua straniera di cui si hanno almeno gli elementi base. Sarebbe opportuno però cambiare nella lingua prescelta tutti gli elementi del gioco: menù opzioni, audio e sottotitoli. "Per noi che proveniamo da una lingua piana, l'italiano, dove si pronuncia sempre tutto ciò che si scrive e esistono regole standard di pronuncia, i sottotitoli in lingua (inglese, o francese, ecc.) sono lo strumento più utile per associare con sempre maggiore facilità ciò che si sente dire con ciò che si scrive".