Fa discutere un articolo dell'Economist, scritto da Ryan Avent, in cui si parla della correlazione tra la difficoltà che molti trovano a diventare adulti, mentalmente parlando, e i videogiochi. No, non si tratta del solito atto di accusa, ma di un ragionamento più serio che riguarda i grossi cambiamenti sociali in atto nel mondo occidentale.
La tesi non è infatti che siano i videogiochi a bloccare la crescita, ma che diventino un rifugio per i fallimenti della vita, in particolare dopo aver perso il lavoro o non averlo proprio trovato.
L'articolo riporta dei dati precisi e afferma che tra il 2000 e il 2015 negli Stati Uniti la percentuale degli occupati di vent'anni senza una laurea è passata dall'82% al 72%. Soprattutto il dato del 2015 è preoccupante: ben il 22% dei facenti parte di questo gruppo non ha lavorato nei dodici mesi precedenti.
Queste persone finiscono per rimanere a casa insieme ai genitori, perdendo la prospettiva di avere una carriera o di diventare autonomi. Il 75% di loro usa i videogiochi come via di fuga. Insomma, dentro ai mondi virtuali queste persone, di fatto, smettono di crescere, ma non per i videogiochi in sé, quanto per la mancanza di rapporti con il mondo reale e di prospettive tali da spingerli a diventare autonomi. Si tratta insomma di una grossa mutazione sociale, che produrrà i suoi maggiori effetti nel futuro. L'articolo, comunque, è molto lungo e vi invitiamo a leggerlo per intero, senza trarre conclusioni affrettate.