Negli ultimi anni il mercato dei videogiochi è cambiato moltissimo, al punto che se ci risvegliassimo oggi dopo un coma durato undici anni quasi non lo riconosceremmo. In particolare la generazione PlayStation 3/Xbox 360/Wii ha scosso le fondamenta di quelli che erano i modelli tradizionali di vendita, vuoi per l'incredibile moria di studi di sviluppo avvenuta in quegli anni, alcuni falliti in modo talmente clamoroso da lasciare strascichi ancora oggi (ad esempio Irrational); vuoi per la nascita di altri mercati, come quello mobile o quello degli eSport, che hanno sparigliato le carte in tavola prima affiancandosi e poi diventando completamente autonomi rispetto al mercato tradizionale; vuoi per le nuove formule di distribuzione e ampliamento dei prodotti, che da opere uniche e compiute, si sono trasformati in piattaforme da cui continuare a vendere beni digitali agli acquirenti (i famosi giochi servizi), guadagnando sicuramente qualcosa dal lato della durata, ma perdendo molto dal lato strettamente creativo.
In tutto questo caos ad aver pagato il prezzo maggiore sono state le console. Molti hanno fatto finta di non accorgersene, ma l'ultima generazione (PlayStation 4/Xbox One/Wii U) ha visto nei suoi primi anni una riduzione sensibile di giochi tripla A, compensata in parte dal maggior risalto dato, non a caso, ai titoli indipendenti. I più attenti di voi ricorderanno sicuramente come moltissimi publisher e sviluppatori siano letteralmente fuggiti dal mondo console per dedicarsi ad altro. Uno degli esempi più clamorosi fattibili è sicuramente Konami, ma in generale tutti i grandi publisher hanno diminuito le loro pubblicazioni, cercando di ridurre al minimo il rischio di fallimento dei singoli giochi, diventati di loro molto più esosi in termini produttivi.
Dire che il mercato console era morto è un eccesso che non appoggiamo, ma affermare che si fosse parecchio ridimensionato non è sbagliato. In particolare l'industria giapponese, un tempo trainante per il settore, si era allontana moltissimo dalle console fisse per dedicarsi al settore mobile, tenendo in vita solo alcune proprietà intellettuali di grande richiamo.
Il problema era chiaro per tutti: le realtà più piccole non possono permettersi di rischiare ingenti capitali in un mercato difficilissimo dove per andare in pareggio devi vendere milioni e milioni di copie. Un errore ed è finita. Per questo molti si sono cercati delle vie di fuga. Oggi la situazione è diversa grazie alle ottime vendite di PlayStation 4 e, soprattutto, grazie allo strabiliante successo di Nintendo Switch.
La base installata della console di Sony forma un pubblico abbastanza ampio e variegato da permettere di tornare a rischiare con prodotti come NieR: Automata o Nioh, mentre Switch, non avendo Nintendo puntato sulla potenza grafica ma sulla versatilità, consente di arrivare al successo con produzioni fondate su tecnologie ampiamente rodate e, per questo, meno esose, come ad esempio Super Bomberman R. Di fatto si è riaperto un mercato che si credeva morto e sepolto, ossia quello delle produzioni medie, con il ritorno in prima linea dei produttori giapponesi. Per questo Koei Tecmo può dirsi soddisfatta dei suoi risultati dell'ultimo anno e per questo Bandai Namco può presentare line up sempre più ricche e variegate (tanto per fare due esempi). Speriamo che la situazione duri, ma per riuscirci bisogna che si crei una nicchia stabile e ampia di videogiocatori desiderosi di investire in questi prodotti. Altrimenti con il prossimo cambio generazionale, che tornerà a esasperare il fattore tecnologico e che le voci più attendibili danno in arrivo nel 2019/2020, si rischia di riavere una situazione simile a quella che abbiamo appena superato.