Uno studio pubblicato nel 2015 dall'American Psychological Association ha dimostrato l'esistenza di una correlazione tra il consumo di videogiochi violenti e l'aggressività. Ne è nato un grosso dibattito tra specialisti, che si sono spaccati in due sulla questione. In particolare si sono sollevate molte critiche su come lo studio è stato condotto, nonostante l'impianto generale sia considerato valido. Discussioni tecniche a parte, il problema rimane aperto ed è davvero difficile avere una parola definitiva sull'argomento.
Un nuovo studio nega però in buona parte la tesi del 2015. Stando infatti alle conclusioni del ricercatore Gregor Szycik dell'Hannover Medical School e del suo team, non ci sarebbero correlazioni tra la desensibilizzazione emotiva e l'uso eccessivo di videogiochi violenti.
Il team di Szycik ha condotto due studi distinti, in cui sono stati messi a confronto quattordici giocatori maschi di titoli molto violenti come Battlefield 1 o i Call of Duty, con quattordici individui, sempre maschi, che non hanno mai fruito giochi violenti. Tutti i partecipati avevano un'età compresa tra i 22 e i 23 anni.
I due studi hanno sottoposto i partecipanti, dei quali è stata monitorata l'attività cerebrale, alla visione di immagini con rappresentazioni emozionalmente positive, negative e neutre, prese dall'International Affective Picture System.
Le immagini più emozionanti hanno portato, come prevedibile, a un intensificarsi dell'attività cerebrale, rispetto alle immagini neutre. A essere interessante è il fatto che i due gruppi di individui hanno manifestato reazioni simili agli stimoli. Insomma, il cervello dei videogiocatori assidui non ha mostrato segni di desensibilizzazione rispetto agli altri.
Questo cosa dimostra? In realtà poco, perché lo studio non escluse effetti negativi dall'uso di videogiochi violenti. Per inciso, secondo i ricercatori l'uso eccessivo di titoli molto violenti potrebbe cambiare il modo in cui i giocatori rispondono agli stimoli emotivi, non il funzionamento del loro cervello.