Il futuro del mondo dei videogiochi? Le microtransazioni. No, non si parla solo di free-to-play, ma anche di titoli che arrivano nei negozi a prezzo pieno. Questo non significa automaticamente "morte del single player", o "fine del vecchio modello", ma solo che una certa parte dell'industria, quella più attenta al mercato, sa ormai qual è la strada da seguire. La riprova arriva dalla maggior parte dei resoconti finanziari dell'ultimo trimestre, dove i vari CEO hanno espresso chiaramente di fronte agli azionisti la volontà di puntare maggiormente sulla vendita ricorrente di beni digitali, quelle che noi poveracci chiamiamo appunto microtransazioni (gli intelligenti sanno sempre come ricoprire di vasellina le parole per farle passare meglio). Sapete questo che significa?
Quando un CEO parla agli azionisti dell'azienda che dirige non gli indica solo le strategie per il futuro, ma da brava chioccia tenta di rassicurarli sul presente, anche perché è dai loro voti che dipende il suo stipendio. L'azionista medio è uno che spesso non capisce molto di ciò in cui sta investendo: ha i soldi e qualcuno gli ha detto che piazzarli in un determinato settore può farli fruttare. Ovviamente ciò che gli interessa è fare soldi, non le chiacchiere da forum/social/commenti. Per fare soldi vuole che l'azienda che sta finanziando segua le tendenze più forti del mercato, tendenze che gli sono state comunicate da analisti e consulenti ben pagati. Secondo voi di fronte ai dati degli ultimi mesi/anni, cosa vorrà sentirsi dire da un CEO a fine 2017?
Ad esempio se ha investito in 2K/T2, vorrà sentirsi dire che "l'azienda rimane intenzionata a servirsi della spesa ricorrente in tutti i suoi futuri prodotti, con lo specifico scopo di mantenere viva la fruizione sul lungo periodo." Il motivo è semplice: Grand Theft Auto V continua a vendere copie, ma continua soprattutto a produrre ricavi grazie alle microtransazioni. Da quanti anni ormai? È questo il punto: il gioco non è più il prodotto, ma l'accesso ad altri prodotti, molto meno costosi da realizzare e, quindi, con un margine più alto sulle vendite. E le polemiche, qualcuno si chiederà, non frenano le aziende? Poco o nulla, visto che alle chiacchiere non seguono mai i fatti. Insomma, inutile scagliarsi contro le microtransazioni di NBA 2K18 se poi il gioco vende più di sei milioni di unità, altrimenti si finisce per somigliare a dei tossici che si infuriano con lo spacciatore ma che alla fine gli comprano comunque la dose.
Del resto l'azionista di 2K non è solo, visto che anche quello di Ubisoft vorrà sentirsi fare un discorso simile, visto quanto hanno fatto incassare all'azienda i contenuti digitali. Non parliamo poi dell'azionista di Activision Blizzard o di quello di Electronic Arts... Dobbiamo davvero ricordare Overwatch e FIFA? Del resto produrre i videogiochi costa sempre di più e da qualche parte questi guadagni devono pur arrivare, visto che il mercato tradizionale è sempre più rischioso.
In realtà qui dobbiamo confessare che il titolo del "Parliamone" è ingannevole, perché la conclusione dell'intero discorso è che se i CEO sentono la necessità di rassicurare gli azionisti sulla presenza sempre più massiccia di microtransazioni nei loro prodotti, significa che in realtà non stiamo parlando del futuro, ma del presente e che quindi la strada è stata già percorsa.
Con questo ribadiamo che non stiamo dichiarando la morte del single player o del modello tradizionale, ma solo il loro ridimensionamento. Ridimensionamento causato non da qualche manager cattivo o da un complotto mondiale, ma dai videogiocatori stessi che, messi alla prova dai vari sistemi, hanno sempre risposto in modo più che positivo. Quanti sono quelli che preferiscono spendere i loro soldi in beni digitali invece che in videogiochi nuovi? Milioni, a quanto pare. Quindi, di cosa o di chi ci stiamo lamentando? Di noi stessi, fondamentalmente, e della nostra incapacità di dare un minimo seguito ai piagnistei con qualche atto concreto. Del resto lamentarsi è free-to-play, mentre agire...