PlayerUnkown's Battlegrounds è più di un semplice gioco, è una sorta di fenomeno di massa planetario. A testimoniarlo c'è una base di utenti che conta adesso oltre 30 milioni di persone tra PC e Xbox One, e ci sono anche delle prime valutazioni entusiastiche da parte della critica, che non erano scontate. Si tratta di un titolo strano, tutt'altro che "pop" in termini di confezionamento e cura per il prodotto, anzi. Condivide la ruvidezza e l'essenza sanguigna di progetti simili che sono emersi in passato attraverso procedure creative paragonabili, come DayZ, ma al contrario di questi è riuscito a bilanciare la sua formula in maniera da riuscire ad attrarre un numero sempre maggiore di utenti, e poi a lasciarli legati a sé, che è poi la cosa più difficile che un titolo del genere possa fare.
Il percorso è stato lungo e accidentato sul fronte tecnico, non altrettanto su quello del riscontro del pubblico che ha seguito un ripido andamento in crescendo costante, cosa che dimostra peraltro quanto poco importi alla gente se un titolo è più o meno raffinato dal punto di vista tecnologico, se è divertente. E proprio questo sembra essere il punto su cui converge la critica con le prime recensioni pubblicate: è vero che la versione 1.0 è sostanzialmente stabile (almeno rispetto a prima) e il gioco ha fatto passi da gigante sul fronte della grafica, delle animazioni e della gestione fisica, ma non è certo paragonabile ancora a una delle tipiche produzioni che escono dai publisher maggiori, ovviamente.
Anche il più strenuo oppositore deve dunque arrendersi: PlayerUnkown's Battlegrounds è un gioco importante, che piace non solo "per moda", come spesso si vede riportato in giro, ma proprio perché si basa su una struttura che cattura l'interesse e in grado di protrarne la fruizione a lungo. Non c'è single player, non ci sono scene d'intermezzo né campagne dal taglio cinematografico: c'è solo la pura e semplice sopravvivenza dentro un'ampia mappa in compagnia di un centinaio di giocatori, dei poveracci lanciati da un aereo come noialtri che cercano in qualche modo di rimanere in piedi fino all'ultimo, eppure questo basta a creare uno degli ambienti di gioco più intensi e pregnanti che si siano visti in quest'ultimo periodo.
Non c'è in effetti nemmeno un grande gunplay, o un realismo estremo nel comportamento delle armi: c'è anzi un bel po' di fortuna che entra in gioco nei suoi meccanismi, e soprattutto sono ammesse diverse condotte, che in un certo senso possono rispecchiare personalità differenti. Si può essere caciaroni, eroi di guerra o semplicemente rintanarsi in qualche pertugio e non fare assolutamente nulla finché non siamo costretti, cercando di rimanere in gioco più a lungo di tutti gli altri. In questo, PlayerUnkown's Battlegrounds riprende perfettamente alcuni elementi tipici del Battle Royale di Koushun Takami, sebbene la parodia della società moderna rimanga qui sospesa tra il voluto e l'accidentale. In ogni caso, è un gioco con cui si deve fare i conti e che ha un suo spessore specifico al di là dei trend del momento, come ben illustrato anche da Simone Tagliaferri nel suo recente approfondimento al riguardo.