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2017 Rewind – Playerunknown’s Battlegrounds

Perché il battle royale di PUBG Corporation ci rappresenta meglio di qualsiasi altro gioco, pur essendo tecnicamente un mezzo disastro?

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   20/12/2017

Veniamo lanciati da un aereo in volo senza un perché, su di un territorio con cui non abbiamo alcun legame e di cui non sappiamo nulla. Una volta atterrati incrociamo le dita sperando che la fortuna ci guardi con occhio benevolo. Perlustriamo la prima casa a caccia di equipaggiamento, quindi la seconda, tenendo d'occhio l'area di gioco che va piano a piano restringendosi. Pochi minuti dopo, razziato il razziabile, a meno di non essere stati abbastanza fortunati con il punto di atterraggio, bisogna iniziare a correre verso il centro... noi e decine di altri giocatori. Qualcuno viene ucciso subito, altri riusciranno ad arrivare fino alla fine.

2017 Rewind – Playerunknown’s Battlegrounds

Nel mentre bisogna continuare a perlustrare gli edifici che s'incontrano per rifornirsi di armi e altri oggetti, così da aumentare le proprie chance di sopravvivenza. Si spara poco, è vero, molti giocatori utilizzano biechi trucchetti per avere dei vantaggi, è altrettanto vero, ma ciò che conta non è in realtà vincere, ma sopravvivere più a lungo degli altri. Differenza sottile ma fondante. Perché non è divertente solo uccidere, in un gioco in cui nulla sembra avere senso, ma anche guardare il numero degli altri giocatori che cala mentre noi siamo ancora vivi. Qualcuno è morto prima di noi, non siamo i più scarsi... e, anche se lo fossimo, nessuno saprebbe chi siamo. Siamo tanti signor nessuno che si ammazzano senza un vero perché solo per riuscire a sopravvivere. La genialità del gameplay dei battle royale, genere inventato da Brendan Greene per H1Z1, ma magnificato con PUBG, il suo primo titolo autonomo dal successo è stratosferico, è che trasforma i giocatori in ratti di Skinner, ricompensandoli in continuazione anche quando non fanno nulla e togliendogli ogni responsabilità per il fallimento, anche quando si dimostrano dei perfetti incapaci. Di fronte a un meccanismo così perfetto, e, con grande scorno di Greene, così semplice da replicare, come dimostrato dai vari Fortnite, Ark: Survival Evolved, Grand Theft Auto Online e presto Warface, Counter-Strike: Global Offensive e chissà quanti altri, tutto il resto decade e bisogna solo prendere atto di trovarsi di fronte a qualcosa di epocale.

Non possiamo ignorarlo

Sì, perché Playerunknown's Battlegrounds, pur essendo un disastro dal punto di vista tecnico (con una grafica abbozzata, un'ottimizzazione da ultimo buco e una serie di ingenuità strutturali che non si ritrovano nemmeno in alcuni giochi amatoriali), pur avendo squilibri di ogni tipo e pur essendo completamente fine a se stesso, è un titolo di un'importanza capitale, uno di quelli che possono fare da traino per l'intera industria nel breve e nel medio periodo (per il lungo deve attrezzarsi e dimostrare di essere più di una moda passeggera). Aggiungiamo: è una metafora videoludica di una forza incommensurabile, pur non ostentandolo e nemmeno sapendo di esserlo. È la rappresentazione di un modello di società, la corsa alle offerte speciali nei centri commerciali con le vetrine rotte e le casalinghe insanguinate, che si sono ferite per portarsi a casa il televisore sottocosto. È la primordiale competizione per l'accoppiamento. È l'antinferno di Dante, con gli ignavi che corrono dietro a un'insegna che non raggiungeranno mai, ma è anche un distributore di endorfine stile casinò: un lancio di dadi continuo e incontrollato che conduce alla vita eterna, amen.

2017 Rewind – Playerunknown’s Battlegrounds

Molti si sono stupiti del fatto che Playerunknown's Battlegrounds sia stato candidato al premio di gioco dell'anno da diverse testate e manifestazioni, tra le quali i Game Awards del buon Geoff Keighley. Indiscutibilmente nel 2017 sono usciti giochi infinitamente migliori di quello di Bluehole, ora PUBG Corporation, ma è altrettanto certo che non ne sia uscito nessuno che ci rappresenti meglio. Un premio non deve tenere in considerazione anche questo fattore? Magari no, ma è anche vero che se si decide di frequentare e capire i luoghi virtuali dove si riuniscono i videogiocatori oggidì, Playerunknown's Battlegrounds è uno dei locali più battuti, uno di quelli di cui tutti parlano, anche se non ci hanno mai messo piede. Prima o poi bisognerà andarci per capire cosa succede lì dentro. In realtà, premi a parte, che lasciano il tempo che trovano, la giusta domanda da porsi non è se PUBG sia il gioco dell'anno 2017, ma se il 2017 possa essere raccontato ignorando PUBG. La risposta è un secco no, perché la sua risonanza è tale da stare influenzando un gran numero di videogiocatori, mercati giganteschi come quello cinese e colossi dell'industria come Epic Games, Microsoft, Valve e molti altri.

2017 Rewind – Playerunknown’s Battlegrounds

Playerunknown's Battlegrounds è, a seconda di come lo si guarda, un'opportunità o una piaga, che comunque lascerà il segno, piaccia o meno. La sostanza è che possiamo amarlo od odiarlo, ma non possiamo ignorarlo. Farlo sarebbe, semplicemente, un errore che se vogliamo è già stato commesso ogni volta che si è provato a minimizzare un fenomeno che abbia dimostrato di avere un influenza a lungo termine sull'intero settore.