Spiegava un mio professore di economia aziendale (scusate se utilizzo la prima persona singolare, ma scrivere in prima plurale di un fatto personale farebbe un po' ridere ndr) che se un uomo si toglie una caccola dal naso e un altro offre dei soldi per acquistarla, lì è nato un mercato. Inevitabilmente, visto lo scambio economico, presto arriveranno altri ad offrire lo stesso bene, sperando che la domanda sia alta. Per specularci sopra, qualcuno arriverà a non soffiarsi il naso per settimane, così da avere un prodotto più appetibile, mentre altri costringeranno i loro sottoposti a sfornare nuovi prodotti a ritmi insostenibili, causandogli problemi alle narici, così da poter avere serie sempre fresche da vendere a tutti i potenziali acquirenti. Questo nuovo mercato, per quanto assurdo, esisterà finché qualcuno continuerà ad acquistare caccole. L'unico modo per sgonfiarlo è fare in modo che la domanda si deprima, ossia che i venditori rimangano con il loro muco rappreso invenduto. Nemmeno un intervento legislativo sarebbe sufficiente, perché di fronte a una norma che sancisse l'illegalità di vendere e acquistare caccole, il mercato troverebbe il modo di riformarsi per vie sotterranee (pensate a tutti i mercati di merci illegali).
Naturalmente il mio professore era un simpaticone. Con questo esempio, il suo obiettivo era quello di ottenere l'attenzione di una classe di venti scalmanati un po' indolenti, per fargli capire un concetto fondamentale della sua materia. Ricordo che all'epoca ne ridemmo, perché solo l'ipotesi che qualcuno potesse acquistare delle caccole ci sembrava ridicola. Qualcuno in classe fece anche il gesto di infilarsi un dito nel naso e di offrire il suo prodotto per 100.000 lire (non c'era ancora l'euro), scatenando l'ilarità generale, con il professore che chiosò affermando che in quel caso il mercato non era nato. Provammo a obiettare che si trattava di un bene assurdo e che solo un folle (usammo espressioni molto più colorite, ma sorvoliamo) avrebbe potuto spendere soldi per qualcosa di simile, ma lui ci fece notare che la qualità del bene era completamente indifferente e che ciò che contava davvero era lo scambio, il famoso incontro della domanda e dell'offerta. Ci fece anche notare che spesso chi è benestante acquista cose apparentemente senza senso solo perché può farlo, in modo da manifestare il suo status. Ma questa, come si suol dire, è un'altra lezione. Oppure no. In fondo la stupidità si manifesta spesso attraverso la possibilità, quindi tutto è collegato.
Chissà se il mio professore è ancora vivo e chissà cosa direbbe di alcuni mercati nati grazie a internet. Oggidì è facile trovare delle persone che ritengono sensato acquistare peti in barattolo per 1.300 dollari al pezzo, come hanno fatto alcuni fan dell'inflatulencer Stephanie Matto, o altri che spendono molto di più per avere degli NFT, di fatto dei certificati registrati su delle blockchain che sanciscono il possesso di un bene digitale, pur se non possono nulla contro la sua riproduzione (almeno di là ottieni un barattolo aromatizzato). Semplicemente qualcuno, in buona o cattiva fede che fosse, ha messo in vendita questa roba e qualcun altro, in buona o in
cattiva fede che fosse, l'ha comprata, generando un mercato. Vista la nascita di un giro d'affari, sono arrivati subito degli altri "offerenti", in buona o in cattiva fede, che hanno fatto moltiplicare gli scambi, naturalmente o artificialmente. Alcuni grandi attori dell'industria videoludica hanno subito fiutato il marcio, quindi si sono sfregati le mani, anche perché i finanziatori hanno iniziato a pagare proprio per avere gli NFT nei videogiochi, un settore particolarmente sensibile a novità del genere e con un pubblico che esercita una resistenza minima all'impulso di acquisto, come ha dimostrato il successo immenso delle microtransazioni. Poco importano i problemi ecologici, le questioni etiche e ciò che l'adozione degli NFT come forma di monetizzazione potrebbe comportare sul gameplay dei giochi: l'avvoltoio ha fiutato la carogna e ora vuole mangiare. State quindi tranquilli: se le vendite degli NFT legati ai videogiochi cresceranno non ci sarà nulla da fare e questi diventeranno delle caratteristiche fisse dei futuri titoli, a prescindere da tutte le altre considerazioni.
A pensarci bene il concetto di mercato è abbastanza semplice e vede una responsabilità equipollente tra venditore e acquirente, nonostante spesso gli acquirenti tendano a lavarsi la coscienza con frasi di circostanza inventate da chi ha tutto l'interesse a vendergli caccole, peti o NFT.
Parliamone è una rubrica d'opinione quotidiana che propone uno spunto di discussione attorno alla notizia del giorno, un piccolo editoriale scritto da un membro della redazione ma che non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.