Se possiamo trarre un insegnamento dagli ultimi movimenti dell'industria videoludica è che i modelli economici emergenti, che molti consideravano un male necessario per continuare ad avere videogiochi di un certo tipo, si sono invece trasformati in forze incontrollabili che hanno modificato completamente il modo di concepire i videogiochi stessi. Parliamo di free-to-play, microtransazioni, casse premio e roba simile.
Come già affermato più volte, integrare questi sistemi di monetizzazione all'interno di un gioco non è un'operazione neutra, ma comporta delle modifiche strutturali profonde alle meccaniche di gioco e al gameplay tutto, che trascinino il giocatore verso l'acquisto. L'obiettivo non è che tutti acquistino qualcosa, ma che tutti desiderino qualcosa e che di conseguenza qualcuno l'acquisti. Se "tutti" equivale a decine di milioni di giocatori e "qualcuno" equivale a milioni di giocatori i profitti stellari sono assicurati. Non per niente i grandi publisher non hanno più soltanto sviluppatori di videogiochi a libro paga, ma anche psicologi comportamentisti che insegnino agli sviluppatori a vedere il videogiocatore moderno per quello che è: un ratto che tirando una leva vuole il suo formaggio e, di conseguenza, la sua scarica di dopamina.
Il grosso problema è che questa roba funziona e funziona più che bene perché semplicemente non può non funzionare. Del resto si tratta di un meccanismo economico che fa affidamento sulla natura profonda degli esseri umani, ossia che li considera come animali da educare all'acquisto del nulla, normalizzandone la percezione.
Scoperto che sfruttando alcune tare psicologiche degli individui si possono fare lauti guadagni, lo spacciatore non si tira mai indietro. Così ecco che anche i grandi nomi dell'industria, quelli che hanno sempre guadagnato più che bene senza dover fare affidamento su questa merda, provano il sistema... e guadagnano di più.
Molti sperano che il nuovo sistema vada a supportare il vecchio, ma la realtà è ben diversa: prima i due sistemi convivono, mescolandosi sempre più e, quando il nuovo è abbastanza forte da potersi mantenere da solo, il vecchio, meno conveniente, viene soppresso. Magari lo si continua a celebrare per comodo e per fare contenti quegli utili idioti che non si sono minimamente accorti dell'avvenuto cambiamento ma, come il cavallo della Fattoria degli Animali di Orwell, prima o poi verrà spedito al macello di nascosto perché la sua presenza è diventata non solo inutile, ma controproducente per il nuovo sistema.
Sono anni che alcuni publisher e sviluppatori come Blizzard o Ubisoft o Activision o Electronic Arts o Take Two o Bethesda o chi per loro stanno portando avanti questa mutazione del sistema introducendo di anno in anno dosi sempre più forti dei nuovi modelli economici, così da far abituare i videogiocatori alla loro presenza. Insomma, annunci come quello di Diablo Immortal o di un Warcraft GO, titoli come Fallout 76, o microtransazioni come quelle di Call of Duty: Black Ops 4 o di NBA 2K19, gli annunci di Valve, il FUT e tutto il resto del carrozzone sono solo parte di un processo che è in corso già da anni e che nell'ultimo periodo ha visto un'accelerazione prevedibilissima. Insomma, alcune proteste appaiono leggermente tardive, così come lo stupore. Il cambiamento c'è già stato, soltanto abbiamo preferito fare finta di niente.