Electronic Arts ha ottenuto lo slancio che l'ha proiettata fra i maggiori produttori di videogame al mondo prendendosi cura degli utenti meno fortunati. Vi suona strano? Eppure è così che è andata.
Quando le altre aziende abbandonavano una console giunta ormai al termine del proprio ciclo vitale, EA continuava invece a sfornare le nuove edizioni dei suoi giochi sportivi, offrendo così contenuti inediti a chi non poteva permettersi di acquistare un sistema di ultima generazione.
I lettori un po' più attempati lo ricorderanno bene: non era semplice come oggi fare gli early adopter e acquistare una nuova console al day one, visti i prezzi spropositati dovuti al tentativo di portare nelle case della gente l'hardware più performante che ci fosse.
Anche a costo di confezionare piattaforme difficili da programmare e dunque da sfruttare, anche vendendole in perdita. Il focus era sulla capacità computazionale: le nuove console dovevano vantare un chiaro potenziale tecnico che il reparto marketing avrebbe sfruttato per promuoverle.
Dopodiché, naturalmente, qualcosa è cambiato ed Electronic Arts se n'è resa conto, come dimostrano le parole pronunciate da Matt Bilby, vicepresidente della crescita strategica per l'azienda americana.
"Sono in EA da 25 anni e continuo a lottare con la percezione esterna, ovvero che saremmo un mucchio di cattivi. Amiamo darci da fare e giocare. Sfortunatamente quando commettiamo errori tutto il mondo lo viene a sapere viste le nostre dimensioni", ha detto Bilby.
Alla gente piace avere qualcuno da odiare: si tratta di una verità inconfutabile, peraltro di grande attualità, e il mondo dei videogame non ne è in alcun modo immune. Electronic Arts si è dunque trasformata negli anni in un bersaglio da additare a ogni operazione malriuscita, a ogni buco nell'acqua più o meno clamoroso, e naturalmente a ogni uscita infelice.
L'ultima, quella sulle casse premio come uova con sorpresa, parla da sé e andrebbe inserita in un manuale su come farsi del male da soli; ma non è stata ovviamente l'unica controversia legata alla storia di EA, anzi. Tutto il discorso sulla "monetizzazione indebita", quantomeno per quella che è la percezione degli utenti, è infatti nato un bel po' di tempo fa.
C'è chi pone ad esempio nuove edizioni dei titoli sportivi che fanno del more of the same una regola di vita, un presupposto strutturale; chi ricorda l'introduzione del famigerato Online Pass per accedere ai contenuti multiplayer e contrastare i danni del mercato dell'usato.
Chi indica invece una gestione di BioWare spesso viziata da incomprensioni, polemiche, risultati al di sotto delle aspettative (la conclusione di Mass Effect 3?), nuove produzioni andate male (chi ha parlato di Anthem?) e ovviamente il discorso trito e ritrito sulle casse premio da Star Wars: Batllefront 2 in avanti.
La percezione è importante, ma ci sono altri publisher con storie simili che hanno saputo risollevarsi lavorando pancia a terra per portare nei negozi degli ottimi prodotti. Alla fine è quello che conta, e di fronte a un'esperienza di grande qualità persino le polemiche per la presenza di eventuali microtransazioni lasciano il tempo che trovano.