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Casse premio come ovetti Kinder, l'ennesima tesi ridicola sull'argomento

Per un dirigente di Electronic Arts le casse premio sono come ovetti Kinder, ma è davvero possibile che ci si abbassi a tanto per giustificare un sistema predatorio?

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   20/06/2019
Parliamone Casse Premio

Casse premio come ovetti Kinder, dove le abbiamo già lette assurdità simili?

Immaginate se nel mercato della pasta arrivasse un prodotto ultra economico che ha però tra gli ingredienti una sostanza stupefacente. Vendite alle stelle, ricavi altissimi, clienti contenti. Certo, qualcuno avrebbe da ridire sulla dannosità di quel cibo che fidelizza i clienti chimicamente, rendendoli sostanzialmente dei tossico dipendenti, ma perché frenare i profitti e la crescita solo per tutelare qualche soggetto debole?

Ovviamente nessun produttore di pasta si azzarderebbe a fare qualcosa del genere perché cosciente che le leggi interverrebbero subito a fermarlo. Nel mondo dei videogiochi è però andata diversamente e (quasi) nessuno ha detto nulla. Anzi, la sostanza stupefacente è stata accolta con ampi consensi, anche dalla stampa stessa, che l'ha salutata come una forma alternativa di monetizzazione. Che male c'è se i publisher spacciano un po' per rientrare degli alti costi di produzione dei videogiochi?

Ieri Kerry Hopkins, il vicepresidente degli affari legali di EA, ha difeso le famigerate casse premio (leggete lo speciale linkato per dettagli sull'argomento) di fronte al parlamento Britannico, suggerendo di cambiargli nome in 'meccaniche a sorpresa' e proponendo delle similitudini che non fatichiamo a considerare assurde. Stando a lei le casse premio sono più simili agli ovetti Kinder, agli Hatchimals o alle LOL Suprise che al gioco d'azzardo.

"se pensiamo al modo in cui abbiamo implementato questo genere di meccaniche - e FIFA ovviamente è il nostro più grande esempio con FIFA Ultimate Team e i nostri pacchetti - è in realtà piuttosto etico e piuttosto divertente. Concordiamo con la commissione per il gioco d'azzardo del Regno Unito, la commissione australiana per il gioco d'azzardo e molte altre commissioni sul gioco d'azzardo secondo le quali non si tratta di gioco d'azzardo. Inoltre, non siamo d'accordo sul fatto che ci siano prove con le quali sia dimostrabile il nesso col gioco d'azzardo. Pensiamo invece che sia come molti altri prodotti che le persone apprezzano in modo sano, come l'elemento sorpresa".

Insomma, le casse premio sarebbero totalmente innocue, addirittura etiche. In fondo sono basate su dei premi casuali come tanti altri prodotti commerciali, no? Sinceramente dover spiegare le differenze tra casse premio e ovetti Kinder ci sembra assurdo. È vero che in entrambi c'è la componente "premio casuale", ma anche una macchina e un lettore Blu-Ray funzionano grazie all'invenzione della ruota, eppure nessuno le metterebbe mai a confronto.

Il problema delle casse premio non sono necessariamente i premi casuali, che esistono nei videogiochi dall'alba del medium, ma tutte quelle meccaniche di contorno che fanno in modo che abbiano certi effetti sulla psiche umana, con diverse sfumature a seconda del soggetto che le subisce. In fondo se sempre più spesso i game designer vengono affiancati da psicologi comportamentisti e da esperti di monetizzazione, sui quali i publisher investono cifre ingenti, un motivo deve esserci. Se i giochi mobile basati sulle casse premio si somigliano tutti nel modo in cui gestiscono le ricompense, a livello di ritmo, frequenza, effetti visivi e quant'altro, un motivo deve esserci. Se i manuali di game design dedicati all'argomento hanno preso principi e concetti dai manuali tecnici delle slot machine, un motivo deve esserci. Se ogni volta che un gioco incorpora delle casse premio finisce per vedere il gameplay piegato a esse, un motivo deve esserci.

Del resto ci sono degli studi che hanno dimostrato come le casse premio siano mirate ai giocatori d'azzardo problematici e, in alcune delle nazioni citate dal buon Hopkins, è vero che non sono state definite gioco d'azzardo, ma sono state comunque messe sotto osservazione perché considerate al limite con esso. In altre, invece, sono già illegali.

Con questo non vogliamo dare nulla per certo, perché stiamo parlando di un argomento davvero complesso, che non può essere ridotto in poche righe e meriterebbe degli ulteriori approfondimenti. Proprio per questo però, vedere un dirigente di uno dei più grandi publisher di videogiochi al mondo ridurre la questione agli ovetti Kinder come un quindicenne qualsiasi, fa orrore. Davvero questa industria non può permettersi di proporre di meglio?