Epic Games Store: oramai quando leggiamo queste parole ci aspettiamo di trovare subito dopo il termine esclusiva, accompagnata dalle immancabili pomeliche da parte di utenti PC che non vogliono rinunciare alle comodità di Steam e chiedono da tempo un ecosistema unificato anziché un numero sempre maggiore di launcher fra cui barcamenarsi.
Le politiche aggressive che hanno caratterizzato il lancio della nuova piattaforma digitale sono sotto gli occhi di tutti, ma il progetto creato da Tim Sweeney e dai suoi colleghi si pone l'unico obiettivo di demolire il monopolio di Valve oppure c'è qualcosa di più?
Le parole pronunciate nelle ultime ore proprio da Sweeney provano a chiarire la questione, rivelando che le esclusive sono un male necessario: senza di esse l'Epic Games Store non potrebbe ambire che a una quota di mercato inferiore al 5%, laddove invece le intenzioni dell'azienda sono ben più serie.
La promozione attuata da Epic Games ha un prezzo, questo è chiaro: gli accordi con i team di sviluppo si basano su bonus in denaro che garantiscono agli autori quantomeno la copertura dei costi produttivi, consentendogli così di finanziare ulteriori progetti senza dipendere unicamente dalle sorti di un unico titolo.
Lo ha spiegato molto bene Frogwares, lo studio di The Sinking City: "vorremmo che gli utenti capiscano quanto il fatto di aver preso questa decisione sia importante per il nostro futuro", hanno scritto in risposta alle critiche. "Per noi è un enorme passo in avanti poter sviluppare giochi per così tante piattaforme. Però sì, comprendiamo la frustrazione."
Non è un mistero che l'attuale situazione dell'industria videoludica sia piena zeppa di rischi, non solo per le realtà indipendenti ma anche per quelle di grandi dimensioni. Basta effettivamente "sbagliare" un singolo gioco per pagare conseguenze salatissime, come hanno dimostrato di recente Starbreeze con Overkill's The Walking Dead e Telltale Games.
Forte degli straordinari incassi di Fortnite, Epic Games può permettersi di stringere questi accordi di esclusiva e arricchire il catalogo del proprio store di giochi che non è possibile trovare altrove, quantomeno non prima che siano passati dodici lunghi mesi. Ma, come detto, c'è di più dietro la semplice intenzione di agguantare Steam.
Il discorso relativo alle quote destinate a distributore e sviluppatore è infatti centrale nella filosofia della nuova piattaforma digitale, e una diffusione di questi stessi criteri può effettivamente dare una forte spinta all'intera industria, consentendo agli autori di guadagnare di più da ogni singola vendita e poter dunque rientrare più rapidamente dei costi sostenuti.
Un approccio, questo, che promuove anche una maggiore libertà creativa, la possibilità di "rischiare" proponendo al pubblico un'esperienza originale con la consapevolezza che basterà piazzare molte meno copie per recuperare l'investimento; o addirittura stringere un accordo con Epic Games, laddove possibile, per stare ancora più tranquilli.
Insomma, è effettivamente possibile che, come dicono diversi autori indipendenti, le attuali politiche dell'Epic Games Store rappresentino un passo per certi versi doloroso ma necessario a migliorare la situazione del gaming su PC e, di riflesso, anche su console. Voi come la pensate? Parliamone.