Proton, l'azienda svizzera nota per il servizio di posta elettronica cifrata Proton Mail, ha ufficialmente avviato un'azione legale contro Apple negli Stati Uniti per presunta violazione delle normative antitrust. In realtà, l'iniziativa di Proton si inserisce in un contesto più ampio: l'azienda ha deciso di unirsi a una class action avviata il 23 maggio da un gruppo di sviluppatori sudcoreani, ma ha anche depositato una propria denuncia autonoma per mettere in chiaro le sue richieste. L'obiettivo, secondo Proton, è quello di spingere la giustizia americana a produrre un cambiamento reale e strutturale nelle politiche dell'App Store, evitando soluzioni "di facciata" che non risolvano i problemi alla radice.
Commissioni ingiuste e penalizzazione della concorrenza
Nel lungo post pubblicato sul proprio blog, Proton attacca frontalmente il sistema di commissioni imposto da Apple agli sviluppatori. Secondo l'azienda, il modello dell'App Store favorisce un "capitalismo di sorveglianza" che premia le grandi piattaforme basate sulla monetizzazione dei dati personali - come Meta e Google - mentre penalizza realtà più piccole e rispettose della privacy, che invece guadagnano offrendo servizi a pagamento. Proton denuncia il paradosso: le app gratuite che monetizzano tramite tracciamento non pagano commissioni ad Apple, mentre chi sceglie un modello etico è costretto a cedere parte dei ricavi, con effetti negativi per tutti, utenti inclusi.
Ma le critiche non si fermano alle sole commissioni. Proton sottolinea come le politiche di Apple limitino pesantemente la libertà di comunicazione degli sviluppatori: non è possibile, ad esempio, inserire link diretti a pagine di supporto o FAQ, rendendo più difficile aiutare gli utenti dall'interno delle app. Inoltre, l'obbligo di passare dal sistema di pagamento interno di Apple impedisce di proporre prezzi più bassi o offerte personalizzate, a danno dei consumatori. In alcuni mercati, poi, Apple ha il potere di rimuovere app in base a richieste governative, esercitando un controllo centralizzato che secondo Proton minaccia il pluralismo digitale.
Una battaglia per un ecosistema più aperto
Il cuore della denuncia di Proton è l'accusa che Apple abbia troppo potere nel determinare cosa può o non può essere distribuito su iPhone. Il monopolio di fatto sull'App Store limita la concorrenza, soffoca l'innovazione e - secondo i legali dell'azienda - contrasta con lo spirito stesso della rete. Le app mobili, ricorda Proton, sono oggi la principale interfaccia tra cittadini e mondo digitale, ed è quindi essenziale che siano regolamentate in modo da garantire apertura, trasparenza e pari opportunità. L'azienda chiede che i giudici impongano ad Apple modifiche concrete, come l'obbligo di supportare marketplace alternativi e metodi di pagamento terzi.
A differenza di altri partecipanti alla class action, Proton ha annunciato che donerà eventuali risarcimenti ottenuti, ribadendo che la sua battaglia è di principio, non di profitto. Le richieste legali includono la possibilità di distribuire app tramite siti web e store indipendenti, usare gateway di pagamento diversi da quello Apple e rimuovere le restrizioni sulle comunicazioni con gli utenti. "Le app non sono più un mercato di nicchia", scrive Proton, "ma l'infrastruttura portante della società digitale. È nostro dovere assicurarci che non siano controllate da poche grandi aziende, ma che siano libere, competitive e al servizio della democrazia". La palla passa ora alla giustizia americana.