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Get Even: il labirinto dei ricordi

Uno sparatutto atipico, affascinante e imperfetto

RECENSIONE di Aligi Comandini   —   21/06/2017

La parola d'ordine per Get Even? "Inconsueto". Sul serio, parliamo di un gioco che per certi versi è un mezzo miracolo: un progetto minore dello studio polacco The Farm 51, noti per Painkiller: Hell and Damnation (e poco altro), che è riuscito a farsi notare e pubblicare da una grande azienda come Bandai Namco nonostante fosse tutto fuorché un gioco commerciale. Non solo, il colosso giapponese ha continuato ad appoggiare gli sviluppatori anche in un momento difficile di blocco creativo, riuscendo con l'aiuto di un producer esperto e di qualche risorsa aggiuntiva a portare il lavoro a compimento. Get Even non è però un videogame atipico solo per le vicende che hanno portato alla sua nascita: è un prodotto distante dai titoli in prima persona a cui siamo abituati, che spazia tra vari generi e cerca di offrire al giocatore un'esperienza ricca di tensione e forti emozioni, facendo leva su una narrativa ramificata e su uno studio certosino del sonoro. Noi lo abbiamo giocato a fondo in questi giorni, dopo averlo provato a vari eventi, per capire se la giovane software house fosse riuscita effettivamente a dar vita a qualcosa di memorabile. La risposta la trovate come al solito qua sotto, ma è sensibilmente più complessa di un semplice "sì o no".

Get Even: il labirinto dei ricordi

Rosso e nero

L'inizio di Get Even vi vede nei panni di Cole Black, un rude ex-mercenario impegnato nel salvataggio di una non meglio precisata vittima di un rapimento. Sulla carta è la tipica missione da eroe dei film: neutralizza i mercenari, salva la ragazza, raccogli la gloria... ma qualcosa va storto. Cole si risveglia subito dopo l'incidente, senza memoria e in un luogo che non riconosce. È un manicomio il posto dove si trova, e l'unica voce a guidarlo tra i claustrofobici corridoi e le mura fatiscenti degli edifici è quella di un misterioso dottore che dice di chiamarsi Red. Solo che la nostra "guida" afferma anche che la presenza di Black in quel posto orribile sia intenzionale, e che faccia tutto parte di uno specifico "trattamento" il cui scopo finale è fargli riacquistare la memoria. Altro della premessa non dovete sapere, a parte il fatto che i piani di Red coincidono con l'uso di un avanzatissimo visore chiamato Pandora - in grado di far rivivere i ricordi come se si trattasse di una simulazione in realtà virtuale - e che questi porteranno il giocatore a perdersi in un groviglio di avvenimenti molto articolato, con più di qualche sorpresa ad aspettarlo.

Get Even: il labirinto dei ricordi

La narrativa di Get Even, invero, non è un impeccabile esempio di sceneggiatura: ha alti e bassi, e molti dei suoi colpi di scena sono estremamente prevedibili (anche perché gli indizi sparsi per capire cosa sta succedendo non mancano). L'epilogo però è molto soddisfacente, e l'avanzamento lento e compassato degli eventi viene rafforzato a sufficienza dalla narrativa ambientale e dalla ricerca accurata di indizi da non stancare. Insomma, i Farm 51 hanno azzeccato la trama, e l'impatto che non sono riusciti a ottenere dai dialoghi lo hanno tirato fuori dal sonoro, visto che Get Even vanta un sound design assolutamente eccezionale. Il poliedrico compositore responsabile delle musiche del gioco, Oliver Deriviere, ha infatti curato in modo maniacale musiche ed effetti, arrivando a fonderli agli eventi con impressionante naturalezza. Indizi sonori popolano tutti i livelli, mentre le musiche si fanno gradualmente più opprimenti man mano che ci si avvicina ad un evento importante: gran parte delle emozioni che il gioco riesce a stimolare nel giocatore vengono proprio da questo elemento, e c'è davvero poco da criticare (forse solo qualche momento un po' troppo stravagante).

Non voglio usare quella pistola

Se è vero che sia storia che sonoro sono al top di gamma, tuttavia, lo stesso non si può dire di altri due fattori altrettanto importanti: gameplay e comparto tecnico. Come detto in precedenza, difatti, Get Even è un titolo ibrido, che all'esplorazione e all'investigazione unisce sparatorie di vario tipo. Passerete la stragrande maggioranza del gioco camminando, risolvendo puzzle (piuttosto basilari), e usando le varie funzioni del vostro cellulare, che contiene uno scanner, una mappa, una luce ultravioletta e un visore a infrarossi, ma tutto si spezzerà nel momento in cui dovrete fare uso di pistole, per via di meccaniche tutt'altro che limate. Negli scontri a fuoco infatti l'intelligenza artificiale si dimostra spesso atroce, e quando non si sposta in modi dissennati si impalla contro gli ostacoli delle mappe o si ferma in copertura attendendo la morte. Non solo, il feeling delle armi è pessimo, instabile, con nemici che si disgregano dopo un paio di colpi, e possono alle volte ammazzarvi altrettanto rapidamente senza preavviso.

Get Even: il labirinto dei ricordi

Un vero peccato, perché il team almeno ha tentato di rendere il tutto molto originale, con l'introduzione della Pistola Angolare - una curiosa arma capace di piegarsi lateralmente e di sparare con precisione da qualunque copertura - e di meccaniche aggiuntive legate al visore Pandora utilizzabili nelle fasi finali dell'avventura. Senza basi meccaniche di qualità, però, questa originalità non basta. A volerla dir tutta, gli scontri sarebbero pure evitabili in larga parte, tanto che il gioco cerca di spingere verso l'approccio pacifico (alcuni eventi cambiano in base alla violenza delle vostre azioni e a scelte morali fatte durante l'avanzamento). Eppure le fasi stealth non sono tanto meglio, in parte per il posizionamento dei nemici e in parte per la fastidiosa necessità di passare costantemente dalla mappa - dove si vedono i coni visivi degli avversari - allo scanner per "dare forma" a delle coperture e dei passaggi spesso indispensabili a muoversi indisturbati.

Il cammino della mente

Checkpoint non sempre generosissimi non fanno che rendere ancor più irritanti certe sezioni, nonostante una difficoltà generale alquanto permissiva, ed è indubbiamente un problema grave quando in un videogame che cerca di superare la concezione tipica del "walking simulator" le parti peggiori sono proprio quelle in cui si gioca. Da un team che ha già lavorato a degli sparatutto ci aspettavamo sicuramente un po' più di abilità in questo campo. L'ultimo elemento che rovina parzialmente l'esperienza è quello tecnico, perché la versione PlayStation 4 da noi testata purtroppo ci ha dato ben poche soddisfazioni. Precisiamo: graficamente Get Even non è pessimo, grazie a location reali ricreate tramite precise scansioni e a modelli tridimensionali realistici che alle volte fanno la loro porca figura. Le texture però non sono particolarmente dettagliate, il conteggio poligonale è tutt'altro che impressionante, e su console il gioco fa una fatica abominevole a mantenere un frame rate stabile. Specialmente nella fase finale, poi, abbiamo notato cali pesanti (con alcuni brevi freeze che ci hanno preoccupato non poco), oltre a una manciata di ingenui bug che ci hanno costretto alle volte a ripartire dall'ultimo checkpoint. Nella versione PC da noi provata in passato i problemi erano sicuramente minori, ma l'impatto visivo del gioco non giustifica questo genere di singhiozzi su console. Chiudiamo con la longevità: Get Even non è un'esperienza particolarmente longeva, nonostante vi sia una certa enfasi sulla raccolta di indizi e sia possibile rigiocare le varie fasi per scoprire vari segreti significativi per la storia (legati ai cambiamenti di cui parlavamo prima). Lo finirete nel giro di cinque o sei ore al massimo, ma si tratta di una giusta durata per evitare che l'esperienza risulti stantia. Il prezzo ridotto del titolo giustifica il tempo necessario a completarlo.

Get Even: il labirinto dei ricordi

Conclusioni

Versione testata PlayStation 4
Multiplayer.it
7.5
Lettori (11)
6.5
Il tuo voto

Profondamente fallato a causa di sparatorie maldestre, fasi stealth insoddisfacenti e un comparto tecnico tutt'altro che impeccabile, Get Even non può vedersela con i migliori titoli in prima persona in commercio. La sua narrativa complessa e l'eccellente uso del sonoro, però, lo rendono comunque un prodotto meritevole di attenzione, che saprà sicuramente catturare gli amanti delle storie ben scritte e dei giochi ricchi di atmosfera. Peccato solo per lo spreco di potenziale, poteva essere molto di più.

PRO

  • Storia complessa e notevole, non priva di interessanti colpi di scena
  • Sound design e colonna sonora superbi

CONTRO

  • Le sparatorie e le fasi stealth lasciano molto a desiderare
  • Su console cali di frame rate e problemi tecnici danno non poco fastidio