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La recensione di Re: Mind, l’horror nipponico di Netflix

Su Netflix arriva la serie TV horror Re: Mind, con protagoniste undici studentesse rinchiuse e incatenate ad una tavola

RECENSIONE di Gabriella Giliberti   —   18/02/2018

Lo scorso 15 Febbraio è arrivato su Netflix la serie horror Re: Mind, prodotto originale della piattaforma in collaborazione con TV Tokyo creato da Yasushi Akimoto, celebre per pellicole come Call - Non Rispondere e Chiamata senza risposta. Più che un horror di razza pura ci troviamo di fronte a un mistery teen drama con un cast totalmente al femminile, formato dal gruppo idol Hiragana Keyakizaka46, dalla recitazione molto sopra le righe, regia e montaggio semplice - per non dire essenziale - tipico di queste produzioni molto low budget e rivolte a un pubblico di teen, ma che, senza troppe pretese, riesce ad essere un intrattenimento godibile.

La recensione di Re: Mind, l’horror nipponico di Netflix

La serie è strutturata da 12 episodi dalla durata di 23 minuti più un extra di 30 minuti che, giocando con il titolo, è una sorta di Re:Wind che ci porta alle origini di tutto quello che è successo. O meglio alle azioni che hanno portato alle terrificanti conseguenze delle nostre protagoniste. Sì, protagoniste perché Re: Mind, come si è potuto capire dal cast, è una serie corale. Il pilot si apre letteralmente con una tavola finemente apparecchiata, ma senza pietanze, all'interno di una stanza fin troppo arredata. Quadri, fotografie, gabbiette, candele, libri e strumenti medici, testa di animali appesi al soffitto, candelabri antichi e orologi. La prima sensazione che ci sovrasta è quella di inquietudine, disagio e pericolo. Poi arriva un urlo a squarciare l'apparente quiete, seguito da un secondo, terzo, quarto. È il panico, lo smarrimento e confusione. Al tavolo ci sono dodici sedute e su undici di queste si risvegliano, una ad una, undici giovani studentesse della stessa classe, portate lì dopo essere state drogate il giorno prima del loro diploma. Tutte sono incappucciate e quello che inizialmente sembra essere un incubo ad occhi aperti, dovuto da un po' di ansia per il giorno successivo, si mostra essere l'atroce verità di un destino che, con estrema probabilità, le porterà verso una triste fine. Eppure nessuna di quelle undici ragazze, costrette a restare sedute a causa di un meccanismo che le immobilizza dalle caviglie, sa perché si trovi lì.

La recensione di Re: Mind, l’horror nipponico di Netflix

In realtà ogni cosa, elemento e persona presente in quella stanza, non è per caso. Perfino la posizione delle ragazze, l'ordine con cui sono state disposte al tavolo, il modo in cui sono state incatenate, ha un significato. Tutte sono accomunante da un unico grande segreto, e la chiave di quel segreto è racchiusa in quella dodicesima, unica, sedia vuota. Ma basterà!?

The time is running out

Il tempo è una costante inarrestabile nella vita, così come in molti film e serie tv di natura thriller dove, ogni scelta o futura azione per la propria salvezza è dettata da una time bomb ben precisa. Infatti, nella stanza ci sono molti orologi. Ognuno segna un proprio orario, ma tutti sono stati regolati per scattare alle 12. Ma cosa accadrà dopo? Per tutti gli amanti del genere thriller, per chi adora gli indovinelli e ragionare sui rebus, sicuramente la visione di Re:Mind stuzzicherà non poco la propria fantasia, ricordando anche il meccanismo del attuali Escape Room. Certo, chiariamo immediatamente la questione: i gusti orientali stilistici in fatto di serie televisive, soprattutto con un budget molto risicato, sono assai discutibili. Partiamo dal presupposto che siamo di fronte a una serie pensata più per gli adolescenti, soprattutto quel genere di "fiction" giapponese dove la recitazione è sempre overacting, le espressione sono esageratamente amplificate, la regia lascia il tempo che trova e il montaggio non si allontana troppo da una comunissima soap.

La recensione di Re: Mind, l’horror nipponico di Netflix

L'appeal del primo episodio è molto scarso ma al tempo stesso, ma man che la narrazione e il meccanismo della storia si dirama, diventa interessante seguire lo sviluppo generale della composizione. Ad ogni episodio un indizio in più, una nuova carta da scoprire, un tempo sempre più limitato con cui fare i conti, porta le giovani protagoniste sull'orlo del baratro. Sappiate che però la componente "trash", la poca credibilità della recitazione e l'estrema enfasi, saranno una costante di ogni singolo episodio. Eppure, anche per questo, nell'insieme riesce a rendere Re: Mind interessante per i feticisti del genere.

“Credo che tutto ci ricordi qualcosa”

Nella serie si riflette sul senso di giustizia, sui vari significati della parola stessa e di come un qualcosa, una punizione "giusta" per uno, possa essere la conseguenza terrificante e irreversibile per un altro. Cosa succede a volere giocare a fare Dio? Questa è una tematica molto usata all'interno del cinema giapponese, in particolare modo nei film con protagonisti molto giovani, come nel caso del cult di Takashi Miike, As Gods Will. E sono proprio le conseguenze alla loro giustizia a ritorcersi contro le undici studentesse, costrette a una condizione estrema (o quasi). Largo respiro ha anche la tematica del bullismo, altro argomento molto spinoso e trattato negli ultimi anni attraverso le serie TV e film di vario genere. Torniamo a parlare di causa e azione, responsabilità, di quanto anche solo guardare senza aiutare è sinonimo di complicità.

La recensione di Re: Mind, l’horror nipponico di Netflix

Leggermente sfiorata anche la tematica dell'omosessualità, topic controverso all'interno della società giapponese, ma che trova ampio respiro nel mondo dell'intrattenimento, sia live action che d'animazione, oltre alla manga culture. Ma del resto già avere undici ragazzine, in versione remissiva, incatenate e in gonnella ci lascia addentrare in uno dei più grandi feticci (nonché incoerenze) del mondo giapponese. In Re: Mind si fondono una serie di elementi tipici, legati sopratutto al fattore suspense, del cinema di Yasushi Akimoto ma che accenna una strizzata d'occhio, in modo estremamente soft, alla saga di Saw di James Wan, affondando le radici sul classico teen drama.

La recensione di Re: Mind, l’horror nipponico di Netflix

Non aspettatevi un finale molto elaborato o lineare, non esattamente tutti i nodi vengono al pettine e l'episodio extra non compie la funzione per la quale è stato creato; anzi, a dirla tutta è un episodio abbastanza inutile, che stona non poco con la struttura degli episodi precedenti e che non chiarifica per nulla - anzi confonde - quelle che dovrebbe essere il vero trick ad aver dato origine a tutto.

Conclusioni

Un prodotto gradevole, senza pretese o chissà quali sconvolgenti colpi di scena, con una lunga serie di difetti stilistici ma che sa comunque il fatto suo e riesce a compiacere e intrattenere lo spettatore, prestandosi molto bene al binge watching. Re: Mind sa trovare la sua dimensione, caratterizzandosi anche grazie ai suoi difetti e diventando quello che comunemente chiameremmo "guilty pleasure". Ovviamente a chi non ama la fiction e lo stile giapponese consigliamo di starci lontano il più possibile, perché potrebbe non trovarci niente di stimolante.

PRO

  • Interessante il meccanismo da "escape room" che viene utilizzato
  • Per gli amanti del genere giapponese è una serie che, nella sua semplicità, sa essere una chicca molto godibile

CONTRO

  • Regia, montaggio, recitazione sono ridotte ai minimi termini
  • Il tredicesimo episodio è inutile e del tutto fuori dal "mood" della serie
  • Non è presente il doppiaggio in italiano