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Pokémon Quest: la recensione del cubettoso spin-off per Switch

Con Pokémon Quest approda su Switch uno spin-off simpatico ma non privo di difetti

RECENSIONE di Raffaele Staccini   —   04/06/2018

Mentre il mondo aspettava la presentazione di un nuovo capitolo principale e dell'ottava generazione, lo scorso mercoledì, 30 maggio 2018, Nintendo e The Pokémon Company hanno sorpreso tutti annunciando ben tre nuovi giochi della serie: un JRPG con le meccaniche classiche in arrivo nel 2019, una nuova coppia di giochi con molti punti di contatto con Pokémon GO e, infine, Pokémon Quest, uno spin-off free-to-play dallo stile grafico particolare, già disponibile per Switch e in arrivo, entro la fine di giugno, anche sui dispositivi Android e iOS.

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Proprio quest'ultimo è stato probabilmente l'annuncio meno atteso e entusiasmante, anche se di fatto si tratta del primo capitolo per Switch creato direttamente da Game Freak, la casa di sviluppo della serie principale. Le motivazioni sono da ricercare nella natura chiaramente mobile del progetto e nella tipologia di monetizzazione scelta, che hanno fatto subito pensare a un titolo poco curato ed estremamente semplificato. Ma sarà davvero così? Oppure Pokémon Quest nasconde meccaniche più profonde e stratificate del previsto? Scopriamolo insieme.

Cubi su cubi

Pokémon Quest mette nei panni di un ricercatore Pokémon intento a esplorare l'Isola Cubetti, una misteriosa area dove tutto ha una forma particolare, mostriciattoli inclusi. Proprio lo stile artistico è l'aspetto più peculiare dell'opera di Game Freak, che si presenta con forme squadrate e pixellose che strizzano l'occhio ai fan di Minecraft senza nascondersi troppo. La narrativa è comunque tutta qui e, se si escludono alcuni inspiegabili malfunzionamenti di un assistente artificiale chiamato Pokébee, la progressione si limita alla perlustrazione continua di nuove aree e livelli, con l'obiettivo di scoprire e catturare i 150 Pokémon presenti nella zona. La struttura di base è infatti molto semplice: per indagare le forme di vita dell'isola occorre attirare Pokémon via via sempre più potenti, sfruttando un sistema di debolezze estremamente semplificato che dona bonus importanti ai mostriciattoli di una certa tipologia all'interno delle ambientazioni di una determinata area. La mappa di gioco è quindi suddivisa in settori di difficoltà crescente, dove si affrontano una serie di ondate di nemici prima di raggiungere e sfidare il boss della zona. Anche il sistema di combattimento non si distingue per complessità: dopo aver selezionato tre Pokémon da inserire in squadra e aver scelto la destinazione, le creature iniziano ad avanzare autonomamente verso i nemici più vicini, ingaggiando battaglia a ogni incontro con una serie di colpi automatici. In queste fasi il compito del giocatore è quello di scegliere tra le mosse specifiche dei Pokémon a sua disposizione, calcolando il tempismo dei colpi per evitare di mancare il bersaglio e rimanere in balia del nemico mentre aspetta il caricamento dell'attacco.

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Nonostante l'apparente semplicità, tutto il sistema nasconde però un'inattesa dose di strategia. Prima di affrontare un'area, infatti, non è sufficiente limitarsi a confrontare la potenza complessiva della propria squadra con il livello richiesto dall'area da esplorare. Occorre innanzitutto equipaggiare i Pokémon con degli amuleti, le cosiddette pietre P, capaci di aumentare PS (pietre Vigore), attacco (pietre Potenza) e efficacia delle mosse, con l'aggiunta di bonus extra legati alla rarità delle stesse. In secondo luogo è necessario studiare con attenzione la composizione del team stesso. I mostriciattoli si dividono in due grandi categorie, ovvero Pokémon che occupano la prima linea e Pokémon che attaccano dalla distanza. I primi sono dunque i tank del gruppo e devono essere equipaggiati per riuscire a subire molti danni; ai secondi, invece, vanno i ruoli più di supporto e, in generale, sono deputati a sferrare gli attacchi più potenti evitando i colpi nemici. In quest'ottica assume particolare importanza anche il tasto evasione, che permette di schivare i colpi nemici e di aggiustare lo schieramento in campo per riportare in prima linea le creature più resistenti.

Quadrato scaleno

Dopo alcune ore Pokémon Quest si rivela insomma un titolo più profondo e stratificato di quanto non sembri nel corso dei primi livelli. Per questo è ancora più deludente constatare che le buone meccaniche di gioco vengano minate nelle fondamenta da un certa approssimazione e dalla natura free-to-play del progetto. L'esplorazione delle tante aree evidenzia infatti da subito importanti problematiche di pathfinding, con movimenti resi imprevedibili non solo dalla presenza di numerosi ostacoli, ma anche da un sistema di aggancio dei bersagli un po' troppo casuale. Inoltre manca del tutto la possibilità di avvicinare o allontanare la visuale, un'assenza che rende impossibile avere sotto controllo tutto ciò che avviene sul campo di battaglia.

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Sebbene non richieda l'esborso di cifre eccessive, visto che con circa trenta euro si riesce a comprare praticamente tutto il necessario, la tipologia di monetizzazione ha poi portato a una serie di scelte di design poco felici. La cattura tramite ricette, per esempio, ricorda da vicino la struttura di reclutamento di tanti titoli gacha. La cucina dei piatti obbliga a completare un certo numero di esplorazioni non solo per ottenere gli ingredienti necessari, ma anche per la cottura effettiva. I Pokémon ottenuti sono poi solo in parte determinati dalle ricette e ciò comporta una certa dose di frustrazione soprattutto quando si investono risorse con i pentoloni avanzati, visto che la possibilità di ottenere doppioni è sempre dietro l'angolo.

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Non solo: la generazione casuale influenza anche le mosse e le statistiche base di ciascuna creatura. Mentre a queste ultime si può in qualche modo rimediare con i giusti amuleti, ottenere Pokémon con attacchi poco utili può portare a un vero e proprio loop di insoddisfazione. Le mosse possono infatti essere sostituite attraverso una meccanica di sacrificio chiamata Sparring, che permette di sfruttare i suddetti doppioni per cambiare uno dei colpi del Pokémon. Purtroppo però è impossibile influenzare il processo e si rischia di finire per perdere senza risultati un buon numero di creature, tanti ingredienti e, di conseguenza, intere sessioni di gioco. Come ogni free-to-play che si rispetti, infatti, anche le esplorazioni di Pokémon Quest sono limitate da una batteria, con cinque tacche che necessitano di trenta minuti ciascuna per ricaricarsi. Vista la durata di ogni livello si tratta però di una limitazione non particolarmente fastidiosa. Chiudono poi il quadro qualche piccolo problema di prestazioni, con rallentamenti inspiegabili durante l'esplorazione, e un'interfaccia pensata principalmente per il touch, che rende difficoltoso l'utilizzo di qualsiasi tipologia di controller.

Conclusioni

Versione testata Nintendo Switch
Digital Delivery Nintendo eShop
Prezzo Gratis
Multiplayer.it
6.8
Lettori (18)
7.1
Il tuo voto

Pokémon Quest ci ha stupito e deluso allo stesso tempo. Il primo lavoro per Switch di Game Freak evidenzia la solita capacità della casa giapponese di proporre meccaniche semplici e stratificate, che tuttavia cozzano su un sistema non sempre preciso e sulle necessità di un sistema di monetizzazione che deve spingere su una buona dose di frustrazione per essere davvero remunerativo.

PRO

  • Combattimenti più strategici del previsto
  • Gratuito
  • Stile artistico particolare

CONTRO

  • Problemi nel movimento dei personaggi
  • Apprendimento delle mosse discutibile
  • La grafica a cubetti potrebbe non piacere a tutti