Diablo è il primo gioco che andrebbe citato in una qualsiasi recensione di Book of Demons. Del resto il titolo di Thing Trunk parte proprio dal gioco di Blizzard cercando non tanto di rinnovarlo, ma di sfruttarne la formula base per offrire un gameplay completamente differente. L'avvio del titolo è davvero familiare: siamo in un villaggio, simile a Tristram, in cui alcuni personaggi, simili a quelli che popolavano Tristram, ci parlano di un pericolo nascosto sotto a un'antica cattedrale, simile a quella che sorgeva a Tristram. All'inizio dell'avventura ci viene presentato uno schema dei livelli sotterranei che dovremo superare per arrivare alla conclusione, con tanto di boss principali.
Nemmeno a dirlo, il cattivo finale è un grosso demone rosso, mentre sulla strada si dovranno affrontare altre creature ben conosciute, come un gigantesco macellaio armato di mannaia. Le 'citazioni' di Diablo non finiscono qui, visto che le ambientazioni dei dungeon sono identiche a quelle del titolo di Blizzard, così come molti nemici. Lo stile visivo è diverso, con i personaggi non giocanti, l'eroe e i nemici che sono rappresentati come se fossero dei fogli di carta, ma il feeling generale è decisamente quello di Diablo, da cui non ci si allontana per tutto il corso dell'avventura. Anche la colonna sonora viene da lì, con dei leggeri tocchi di chitarra acustica ad accompagnare l'azione e dei brani che ricordano senza fraintendimenti quelli di Matt Uelmen. A essere molto differenti sono fortunatamente le meccaniche di gioco.
Book of Demons è un gioco di ruolo d'azione, ma con un'impostazione molto particolare. In primo luogo il personaggio principale non è libero di muoversi per l'intera area da cui è formato un livello, ma deve seguire dei corridoi / binari ben definiti. Quando un qualsiasi oggetto, nemici compresi, entra nel suo raggio d'azione diventa interattivo. Ad esempio una cassa può essere aperta, un vaso può essere spaccato o un avversario può essere attaccato.
Combattere è molto semplice: si clicca su di un nemico e si tiene premuto il pulsante di attacco finché non lo si è ucciso. A seconda delle abilità disponibili e della classe scelta all'inizio del gioco (guerriero, ladro e mago) si possono portare diversi tipi di attacco, come colpire con l'arma impugnata, usare attacchi d'area, sparare delle frecce e così via. Se i nemici siano troppi o troppo potenti (come nel caso dei boss) si può indietreggiare alla bisogna, in modo da provare a subire meno danni possibili. La parte bassa dello schermo è deputata a ospitare le barre dell'energia e del mana, e gli slot per le carte, il vero fulcro del gameplay. Sono queste ultime infatti che determinano le capacità del nostro eroe. Più si avanza nell'avventura, più se ne ottengono e più si può costruire un personaggio sfaccettato e personale. Le carte danno effetti solo quando sono assegnate: se sono di colore rosso hanno una quantità limitata di cariche, se di colore blu sono legate alla classica barra del mana e se di colore verde danno delle abilità passive, che sono sempre attive.
Con il proseguo dell'avventura le carte base diventano inefficaci e vanno sostituite con delle nuove, oppure vanno potenziate. In questo modo si crea sostanzialmente un imbuto che incanala le scelte del giocatore verso uno stile di gioco ben preciso: non è infatti possibile potenziare tutte le carte che si trovano, anche se sono il principale sistema di crescita del personaggio. In realtà uccidendo mostri si sale anche di livello, ma con effetti abbastanza limitati, visto che si può scegliere solo se aumentare la vita o il mana e, oltretutto, è possibile andare al villaggio e pagare per avere il potenziamento scartato.
Se nei suoi elementi generali Book of Demons è abbastanza riuscito, alcuni più specifici finiscono per renderlo tutto tranne che memorabile. In particolare pensiamo alla ripetitività dell'azione, con i combattimenti che si ripropongono identici per l'intero gioco, pur variando d'intensità. Alla lunga finiscono per stancare. Qualche nuova meccanica peculiare spunta fuori qua e là, ma diciamo che il grosso viene tutto mostrato nel corso dei primi dungeon.
Anche l'eccessiva aderenza a Diablo può disturbare: è vero che gli sviluppatori non hanno mai fatto mistero di quale sia stata la loro fonte d'ispirazione principale, ma allo stesso tempo il sapere praticamente sempre cosa aspettarsi impoverisce l'intera esperienza, che alla lunga finisce per avere un forte sapore di avanzo della sera prima. Per dire: l'intero gioco è così ansioso di farci sapere di aver copiato Diablo che svela immediatamente i suoi elementi più iconici, in modo da non lasciare alcun dubbio (pensate ai già citati boss). Non che Book of Demons non abbia i suoi momenti, anzi, ma il suo essere una gigantesca citazione ne limita inevitabilmente l'immaginario. Menzione a parte merita il flexiscope, un sistema che consente di creare partite di lunghezza variabile (minimo 10 minuti) con tutti gli elementi condensati e dosati alla bisogna. È stato pensato per quelli che in alcune occasioni vogliono giocare ma non hanno molto tempo. Il flexiscope ci svela anche com'è stato concepito in realtà Book of Demons, ossia come una specie di passatempo per fan di Diablo. Probabilmente piacerà molto ai delusi dall'annuncio di Diablo Immortal.
Conclusioni
Book of Demons funziona, ma è fin troppo derivativo nell'immaginario per lasciare il segno. Le meccaniche di gioco sono ben limate e a tratti originali, ma allo stesso tempo finiscono per essere ripetitive in breve tempo, per una sfida offerta che non è proprio stellare. Insomma, è un titolo per molti versi valido, ma che viene tradito dalla sua stessa natura. I fan di Diablo probabilmente lo adoreranno grazie all'effetto nostalgia che inevitabilmente produce, mentre tutti gli altri ci troveranno un buon titolo che in ultima analisi lascia il tempo che trova.
PRO
- Meccaniche delle carte ben rifinite
- L'effetto carta è convincente
CONTRO
- Fin troppo derivativo
- Alla lunga ripetitivo