Dopo quella su PC, divisa nelle due parti originarie in cui è uscita (che abbiamo recensito sia per quanto riguarda il primo episodio che il secondo), siamo giunti alla recensione di Broken Sword 5: La Maledizione del Serpente su Nintendo Switch, altra conversione che punta a cercare di mettere in pari la console Nintendo con l'offerta multipiattaforma e fornire anche una scelta più variegata possibile in termini di generi e atmosfere. Per chi cerca un'avventura grafica classica, si potrebbe dire addirittura classicista, su Nintendo Switch, questa conversione giunge proprio al momento giusto. Broken Sword 5 nasce dalla volontà degli autori originali della serie, Revolution Software, di tornare alle origini e proporre una classica avventura punta e clicca in grado di recuperare le atmosfere e le caratteristiche che hanno reso unica questa serie. Dopo i primi due storici capitoli, il quarto e il quinto avevano alquanto annacquato la magia originale, quando lo zeitgeist videoludico aveva imposto uno spostamento verso l'action adventure in 3D perdendo di vista, inevitabilmente, le fondamenta su cui era stato costruito il successo di Broken Sword.
Le avventure grafiche non sono mai del tutto scomparse dalla scena e le produzioni di Daedalic, Wadjet Eye, King Art e altri sono lì a dimostrarlo costantemente, tuttavia la loro importanza nel mercato videoludico si è notevolmente ridimensionata, cosa resa palese dai metodi utilizzati da alcuni degli autori di maggior rilievo per poter tornare a dedicarsi al proprio genere di appartenenza: il buon vecchio crowdfunding. Scardinato il sistema standard di finanziamento dei progetti attraverso il classico publisher, firme celebri dell'ambiente adventure come Tim Schafer e Ron Gilbert sono riusciti a imporre nuovamente all'attenzione del pubblico il punta e clicca tradizionale, passando attraverso la spinta dei fan storici ma sfruttandola anche per portare il messaggio ai nuovi utenti. Esattamente su questa strada si è mossa anche Revolution Software, che con il Kickstarter di Broken Sword 5: La Maledizione del Serpente ha potuto fornire agli estimatori della serie un autentico ritorno alle origini ma anche dimostrare come la meccanica originale del gioco abbia ancora qualcosa da dire al giorno d'oggi.
Intrighi gnostici
Tornano dunque in Broken Sword 5 tutti gli ingredienti tipici della serie, a partire da Parigi per arrivare al consueto intrigo internazionale basato su qualche oscura teoria apocalittica su base più o meno storica. Tanto per rendere l'idea, il primo capitolo della serie propose a uno sconvolto pubblico del 1996 un'avvincente storia sullo stile "archeo-thriller" con innesti complottistici quasi dieci anni prima dell'affermazione internazionale del Codice da Vinci, il tutto perfettamente confezionato su una buona base di puzzle da risolvere. Pur non raggiungendo la gloria delle avventure LucasArts, insomma, Broken Sword si è conquistato il suo posto di rilievo nella storia dei videogiochi e il suo quinto capitolo ufficiale rappresenta un evento da non sottovalutare. Per rimanere perfettamente in linea con la tradizione, la storia parte ancora una volta da Parigi, dove i due protagonisti storici George Stobbart e Nico Collard si ritrovano per caso nel corso dell'apertura di una mostra d'arte presso una galleria.
Come accade con inquietante regolarità quando i due personaggi si trovano vicini, irrompe il dramma con un ladro mascherato che spara al gallerista e ruba un particolare quadro, "La Maledicció". Ovviamente non si tratta di un quadro qualsiasi, come si intuisce anche dal prologo animato: il dipinto rappresenta la chiave per raggiungere una verità occulta di livello superiore, collegandosi a una complessa trama di rivelazioni, sette, ordini e conoscenze oscure che portano, attraverso reliquie mistiche come la Tabula Veritatis, a risvegliare nientemeno che l'enorme potere del diavolo in persona, o qualcosa del genere. La storia raccoglie informazioni e suggestioni dalle varie teorie sullo gnosticismo, mischiando elementi storiografici su questa complessa corrente religiosa e filosofica con una ricostruzione ovviamente romanzata degli eventi, in quel tipico mix che ha reso famoso Broken Sword, riuscendo ad arricchire una storia originale con elementi tratti dalle pieghe più misteriose e controverse di storia e religione. Da questo punto di vista, il recupero degli elementi narrativi e stilistici della serie è perfettamente riuscito in Broken Sword 5.
Ritorno al punta e clicca
Così come la componente narrativa, anche l'interfaccia è tratta direttamente dagli episodi classici, tornando al vecchio punta e clicca dopo le digressioni simil-action degli ultimi due capitoli. Revolution ha sempre sviluppato sistemi di controllo piuttosto semplici e intuitivi per le sue avventure, specialmente rispetto allo SCUMM di LucasArts, tuttavia si può riscontrare un certo parallelismo tra le complessità delle interfacce e l'apertura del puzzle design nei due diversi stili di sviluppo: il sistema utilizzato da Revolution si adatta perfettamente a una struttura più lineare, ben lontana da certe complessità e aperture tipiche delle produzioni firmate Ron Gilbert e Tim Schafer, ad esempio. Broken Sword 5, come i suoi predecessori, è ampiamente incentrato sui dialoghi e sull'interazione tra elementi limitati dello scenario, solitamente proponendo sequenze di azioni da compiere all'interno di una stessa ambientazione o scenari contigui, prima di aprire la strada a nuove location. Questo non significa che gli enigmi non siano ben congegnati e stimolanti, pur essendo mediamente piuttosto semplici, ma la loro compattezza in termini di distribuzione sugli scenari e la loro linearità logica (in linea di massima) funzionano perfettamente per mantenere coesa la sceneggiatura all'interno di un'ambientazione che è ovviamente ancorata alla realtà più di quanto non accade in altri titoli adventure.
Ciò è particolarmente evidente in Broken Sword 5, che tende a limitare l'estensione geografica degli enigmi concentrando l'azione in poche ambientazioni per volta, ricorrendo anche a un bel po' di backtracking soprattutto nella sua prima parte. Il gioco si apre in maniera evidente nella seconda metà (corrispondente in pratica al secondo episodio della sua distribuzione iniziale), quando le location diventano più varie e l'interazione sugli elementi di scenario e sui personaggi è distribuita su una scala maggiore, migliorando anche tutto il ritmo di gioco. Il puzzle design è insomma meno creativo e originale rispetto ad altri titoli, ma c'è da dire che tutto concorre a mantenere la narrazione coesa ed efficiente, come si conviene a una sceneggiatura scritta con un certo rigore. Buona anche la costruzione dei vari personaggi, che come da tradizione spesso mettono in scena un teatro di macchiette e caratteri alquanto fuori dalla norma, dando vita a dialoghi non banali, sebbene con alti e bassi. Apprezzabile, comunque, il leggero humour che pervade tutta l'atmosfera, anche questo derivante dalla tradizione più classica di Broken Sword.
La versione Nintendo Switch
La versione Nintendo Switch di Broken Sword 5: La Maledizione del Serpente ricalca quelle console uscite in precedenza su Xbox One e PS4, in termini di contenuti e interfaccia. La meccanica punta e clicca qui può essere replicata attraverso due sistemi diversi, ampliando l'abbozzo visto nella versione PS4 con l'uso del touchpad: su Switch è infatti possibile controllare il cursore attraverso gli stick analogici oppure toccando direttamente lo schermo in modalità portatile. Quest'ultima opzione è ovviamente più vicina all'utilizzo standard del mouse e risulta molto intuitiva, ma c'è da dire che l'adattamento agli stick è fatto talmente bene da renderli comunque preferibili, in termini di reazione e precisione, con il valore aggiunto della vibrazione a evidenziare i vari elementi con cui è possibile interagire. Per il resto, l'utilizzo degli scenari in 2D con gli innesti 3D dati solo dai personaggi rende questa versione praticamente uguale alle altre, con in più il valore aggiunto della portabilità, ovviamente (sebbene questa sia ben riscontrabile già nelle versioni mobile e PS Vita).
Il ricordo agli scenari disegnati a mano è un altro omaggio alla tradizione classica di Broken Sword, che emerge in maniera netta soprattutto nelle ambientazioni parigine. È uno stile che mantiene inalterato il suo fascino anche a distanza di tutti questi anni e l'integrazione con i personaggi in 3D con una spruzzata di cel-shading rappresenta una scelta intelligente per dare continuità alla serie e trovare anche un buon compromesso in termini economici e tecnici per le animazioni, a dimostrazione di come il progetto sia stato ben studiato da Revolution fin dalle prime fasi del crowdfunding. Anche in questo caso, il gioco è interamente doppiato in italiano: la soluzione è sempre apprezzabile anche se si rilevano alcune soluzioni di comodo in quest'ambito, con una grande cura rivolta soprattutto alla coppia di protagonisti e un numero piuttosto limitato di voci distribuite tra i vari personaggi del cast, per cui molti di questi si ritrovano ad avere praticamente la stessa caratterizzazione vocale.
Conclusioni
In definitiva, Revolution ha svolto un ottimo lavoro di riproposizione della serie con Broken Sword 5: La Maledizione del Serpente, tra soluzioni stilistiche di ottimo impatto e un po' di inevitabile fanservice. Il risultato è una nuova avventura grafica punta e clicca che si presenta tecnicamente al passo coi tempi, godibile anche su console sebbene non rappresenti una punta di diamante nelle produzioni di questo tipo. Non ha la genialità e l'apertura del puzzle design o l'umorismo di Thimbleweed Park, ma ha dalla sua una narrazione rigorosa e una storia interessante da raccontare. Sono questi gli elementi che ci spingono facilmente a proseguire nell'avventura fino alla fine, nonostante un ritmo piuttosto altalenante soprattutto nella prima parte.
PRO
- L'atmosfera dei Broken Sword classici c'è tutta
- Storia interessante, con i crismi tipici della serie
- Buon adattamento dell'interfaccia alla console
CONTRO
- Ritmi bassi soprattutto nella prima parte
- Alcuni enigmi si presentano un po' scialbi e superficiali
- Pochi momenti veramente memorabili