Metti un dinosauro a cena...
Dino Crisis, per chi non conosca minimamente i titoli a cui abbiamo accennato, appartiene di diritto alla categoria dei Survival Horror. Il protagonista di questo tipo di giochi è di solito costretto a confrontarsi con delle situazioni standard (in puro stile adventure - trova la chiave, parla con qualcuno, apri la porta, risolvi un enigma), nel contesto di una particolare momento (generalmente dopo una catastrofe genetica o comunque di natura scientifica - pseudoparanormale, solitamente causata dalla maldestra mano dell'uomo) e braccato da nemici: in questo caso si tratta di quelle simpatiche creature che popolavano la terra tanto tanto tempo fa: i dinosauri.
A confermare l'appartenenza ad uno schema piuttosto rigido di gioco, è persino l'input iniziale della trama, decisamente simile a quello già visto (e stracotto) in Resident Evil: una squadra di soccorso deve andare a recuperare un gruppo di scienziati che da qualche tempo non danno più notizie di loro. Nel caso specifico si tratta del Dottor Kirk, un eminente scienziato responsabile di alcuni importanti studi sull'utilizzo di una fantomatica terza energia, che era stato creduto morto qualche anno prima.
In questo caso l'incontro con i responsabili del tutto, i dinosauri, avviene quasi immediatamente, subito dopo avere assistito al discreto filmato di introduzione ed avere risolto il primo banalissimo enigma. Si notano fin da subito alcune piccole differenze (che verranno meglio apprezzate nel proseguio della storia) rispetto al progenitore ufficiale: i nemici, a differenza di quanto accade con gli Zombie di Resident Evil, oltre ad essere naturalmente più veloci di quest'ultimi, hanno la capacità di inseguire Regina passando da una locazione all'altra, cosa che aumenta il realismo e il thrilling del gioco; non è più possibile vedere la classica barra di salute del personaggio principale nell'inventario (che è rimasto per il resto invariato - anche nella gestione della mappa, delle armi a disposizione, delle loro munizioni, e nella possibilità di mischiare alcune sostanze medicinali per ricavarne qualcosa di più potente -), ma solo guardando il personaggio sullo schermo sanguinare, e lasciare tracce di sangue sul pavimento, sarà possibile carpirne le difficoltà fisiche; il metodo di salvataggio è cambiato, poichè adesso sarà possibile salvare solo in una determinata stanza e si avranno a disposizione un numero limitato di salvataggi (illimitato quando si sceglie la modalità di gioco più facile); il gioco prevede l'utilizzo di sole tre armi, che vengono tuttavia modificate nel corso dell'avventura, ma che sicuramente non offrono la varietà di quanto visto nella zombesca serie (questa è forse la pecca maggiore del gioco); è possibile per Regina compiere una giravolta di 180° repentina, cosa che le permette di rivolgere più rapidamente l'attenzione al lucertolone di turno che cerca di attaccarla alle spalle.
Tra l'altro l'Intelligenza artificiale progettata per gli amici lucertoloni supera di gran lunga (questa non è assolutamente una critica alla serie RE, solo una constatazione) quella degli Zombie di Racoon City, e sarà più complesso cercare di scappare loro: l'effetto della loro rincorsa, magari mentre sono impegnati a non sbandare per la velocità, quando cercano di effettuare un balzo contro di voi, è davvero forse la cosa più paurosa del gioco.
Film o gioco?
Aiutata nelle ricerche dagli alti membri della squadra di soccorso, Regina si trova catapultata in un avventura frenetica e ben strutturata. Senza dubbio il punto forte del gioco non è la realizzazione tecnica, che comincia a sentire il peso degli anni, ma la trama, che come da copione si svolge in maniera rapida e puntellata di colpi di scena, capaci di far sobbalzare il giocatore più di una volta.
A fronte di una originalità di base non proprio esaltante (la storiella dell'isola sperduta popolata da dinosauri devo averla già sentita da qualche altra parte......), la dinamicità di una storia che sembra mettere fretta al giocatore (vi basti pensare che il gioco ha una durata media di 8 ore, e può essere completato anche in meno di cinque), la qualità delle stessa, e la cura riposta nella creazione di alcuni effetti sonori degni di nota, donano al gioco le caratteristiche di film interattivo. Nonostante infatti l'assoluta linearità della trama, è sempre piacevole cercare di risolvere l'enigma di turno nel tentativo di avanzare nel gioco, anche perchè la curiosità di incontrare le diverse forme di vita che popolano l'isola (dal Compsognathus all'onnipresente Velociraptor, dal Pterodattilo al maestosto T-rex, i cui rari incontri lasciano sempre il segno......) rimane sempre forte e sprona il giocatore alla ricerca della verità dietro a questo nuovo disastro.
Accanto a questo, il fatto di dover cercare per la maggior parte delle volte più la via di fuga sicura che lo scontro diretto (infatti le munizioni scarseggiano, e l'impossibilià di poter salvare in qualunque momento mantengno la sensazione di ansia sempre presente), la possibilità alcune volte di scegliere quale percorso seguire (ma non crediate che influisca più di tanto sul proseguio della storia) e la presenza di alcuni enigmi originali (sarà necessario alcune volte recuperare delle impronte digitali dai cadaveri degli scenziati o recuperare alcuni codici decodificanti parole chiave), assicurano una discreta qualità del gioco.
Nello sforzo di offrire qualcosa di diverso rispetto a RE, i programmatori giapponesi della Capcom hanno inoltre inserito una particolare modalità (che nella versione Playstation era attivabile una volta completato il gioco in un delimitato arco di tempo), denominata Wipeout. Abbastanza inutile, a mio modo di vedere, questa modalità offre al giocatore la possibilità di affrontare una serie di missioni di difficoltà crescente, nel quale l'unico obiettivo è uccidere in un limitato numero di minuti più dinosauri possibili: una volta completata questa modalità, ed ecco l'UNICA grande aggiunta fatta nelle conversione da Play a Pc, è persino possibile registrare i propri tempi in una tabella Online sul sito della Capcom: a che pro?
Conclusioni
Se nella preview del gioco avevo esposto alcune perplessità riguardo il concept stesso del gioco, troppo abusato negli ultimi anni e incapace di offrire qualcosa di realmente originale, oggi mi devo in parte, ma solo in parte, ricredere.
Nonostante infatti alcuni enigmi particolarmente frustranti, che costringono il giocatore a trascorrere la maggior parte del tempo nella risoluzione degli stessi, il lavoro che deve svolgere questo Survival Horror lo fa piuttosto bene.
Si, la sensazione di paura generata da un mondo popolato da dinosauri è sicuramente inferiore a quella offerta dai buoni vecchi Zombie (forse anche perchè il numero di questi contemporaneamente sullo schermo era sicuramente superiore a quello dei dinosauri che vi vengono incontro di volta in volta), ma ciò è in parte compensato dalla maggiore frenesia che caratterizza gli scontri, o per meglio dire le fughe della protagonista, nel corso dell'avventura.
Purtroppo una nota dolente, come accennato prima, riguarda la varietà delle armi a nostra disposizione, sicuramente limitata (a peggiorare le cose il fucile e la pistola hanno praticamente lo stesso effetto........); le modificazioni ad esse non offrono la stessa sensazione di varietà già vista in RE.
Il gioco rimane consigliato sicuramente a tutti i patiti del genere, con l'unica raccomandazione che l'impostazione generale questa volta sembra essere stata centrata più sulla risoluzione degli enigmi e sul modo di sfuggire i dinosauri invece che ucciderli. Ma la valutazione globale, che rimane di poco superiore a mio modo di vedere alla sufficenza, è in parte condizionata dalla scarsa longevità del titolo; capace, come accennato prima, di offrire al giocatore solo poche ore di coinvolgimento. Tanto più che, a differenza della saga Zombesca, i cosiddetti Boss (tanto cari al pensiero consolesco) non solo non rappresentano un osso duro, ma sono anche rappresentati, si legga bene, dal numero di uno.
In definitiva se avete già terminato i due episodi di Re apparsi gli anni scorsi su Pc e ne siete rimasti affascinati, avvicinatevi a questo titolo, ma fatelo consapevoli di trovare poche innovazioni sostanziali: si potrebbe coincisamente dire che il concept è in generale lo stesso, cambia solo l'ambientazione.
Se al contrario non vi siete mai interessati al genere dei Survival Horror, questa potrebbe essere la volta buona; se i vostri gusti sono derivanti da una maggiore impostazione adventure, rivolgetevi pure al titolo in questione, ma se preferite affrontare maggiormente gli scontri, volgete pure la vostra attenzione su Resident Evil. Il gioco è tra l'altro completamente tradotto nella nostra lingua, e permette anche ai non anglofoni di seguire la trama in ogni particolare.
P.s: una piccola, dolente, nota a margine, la merita un bug incontrato la seconda volta che ho provato il gioco, quando avevo già installato le directx 8.0 (la versione italiana, su una Voodoo 3 3000, Win 98 ed un processore Celeron), che manda in crash irreperabilmente il gioco al primo incontro, a circa un quarto del gioco, con il Pterodattilo, e che distorce le texure presenti sullo schermo: si attende patch.
Una saga dai mille risvolti
Quando nel lontano 1996 uscì sulla Playstation il primo titolo di quella che è adesso una delle saghe videoludiche più affermate, Resident Evil (o Bio Hazard, come è conosciuto in Giappone), nessuno avrebbe potuto prevedere che il gioco non solo sarebbe diventato uno dei più grandi successi di sempre, ma che avrebbe generato infiniti sequel e diversi spin-off.
Chaiaramente pensato come una evoluzione dello schema di gioco originariamente proposto da Alone in the Dark, Resident Evil basò il suo successo su una grafica decisamente al passo con i tempi e con una atmosfera degna dei migliori film horror di George Romero (tra le mille curiosità legate alla trama, fu proprio il regista americano a girare il trailer promozionale del secondo capitolo della serie).
Ad oggi, a confermare l'effettivo successo della saga nel corso degli anni, si contano sul mercato circa dieci titoli, siano essi veri e propri sequel o semplici conversioni su altre piattaforme: tra questi, la parte del leone è rappresentata da Resident Evil: Code Veronica, realizzato appositamente per la console di casa Sega, il Dreamcast, che in quest'ultimo anno a contribuito in maniera considerevole alla (discreta) diffusione della nuova console sul territorio mondiale.
Escludendo Resident Evil: Gun Survivor, una deludente incursione dell'universo Zombesco nel genere "arcade" degli shooter in prima persona, lo spin-off meglio riuscito è senz'altro quello di Dino Crisis, il titolo che prendiamo in considerazione in questa sede.
Dino Crisis non è altri che la trasposizione delle avventure dei protagonisti di Resident Evil, in un universo alternativo, dove qualche esperimento segreto (alla faccia dell'originalità) ha dato, o per meglio dire ridato, vita ai carnivori più antichi dell'universo: i dinosauri. Si, certo, i protagonisti cambiano, cambiano i nemici (dinosauri invece che zombie), cambia l'ambientazione (non una casa maledetta o una città sconvolta, ma un grosso laboratorio isolato dal resto del mondo), ma ciò che proprio non cambia, è la vera e propria struttura portante del gioco.
In realtà un piccolo cambiamento a livello strutturale, o per meglio dire una piccola innovazione di natura tecnica, c'è stata: infatti, a differenza di RE, gli sfondi, che si lasciano apprezzare nelle diverse locazioni, non sono più prerenderizzati, ma sono stati progettati tramite un nuovo motore che ne ha permesso la costruzione poligonale.
Anche la telecamera che segue il gioco inquadrando il personaggio (Regina, un membro della squadra speciale di recupero) da postazioni fisse, esattamente come succedeva proprio nel capostipite Alone in The Dark, alcune volte segue lo stesso (che si muove attraverso locazioni a sé stanti divise dalle altre da alcune porte - e , purtroppo - da noiosi ed inopportuni caricamenti) grazie ad una specie di carrellata di stampo cinematografico, regalando all'azione una più ampia dose di dinamicità.
Il titolo, originariamente apparso più di un anno fa sulla scatoletta grigia più venduta del mondo (la PlayStation), approda con un po' di ritardo (basti pensare che è proprio di questi giorni l'uscita di Dino Crisis 2 sulla Play) sui monitor dei nostri computer, e lo fa con una conversione più che discreta.
Infatti, a differenza di quanto è successo gli scorsi anni con le conversioni di Final Fantasy sul piccino, in questo caso i programmatori si sono dati da fare ed hanno migliorato la risoluzione video, portandola dalla cubettosa 320 x qualcosa, tipica della play, ad una più consona (almeno per lo standard Pc) 640x480.
Tuttavia la fortuna di questa trasposizione non si basa esclusivamente sull'aumento della risoluzione adottata, ma da uno schema di gioco, seppure non troppo innovativo, collaudato e capace di mantenere il livello di attenzione del giocatore ai massimi livelli.