In una eventuale classifica dei giochi più innovativi della storia, ma generalmente poco o nulla citati, il primo Outcast andrebbe sicuramente a occupare una delle primissime posizioni, per il suo inedito approccio al mondo aperto e per una serie di trovate volte a dare al giocatore una libertà di movimento enorme, pur con tutti i limiti di un gioco del 1999 in grafica voxel, trovate che si sarebbero riviste espresse appieno solo in tempi recenti. A causa del suo successo non proprio stellare, il seguito ci ha messo circa venticinque anni per essere pubblicato, con tutte le difficoltà che un'operazione simile comporta al giorno d'oggi. Cerchiamo quindi di capire se sia valsa la pena di attendere, come faremo nella recensione di Outcast - A New Beginning.
Libertà!
Cutter Slade, il protagonista, è in cima a una strana e arzigogolata pianta gigante, da cui possiamo ammirare un paesaggio spettacolare. Adelpha è esotica come la ricordavamo, ma molto più definita di allora. Molto sembra essere cambiato, per motivi che scopriremo più avanti nel gioco, ma intanto ci godiamo questo momento di sublime armonia. Quindi compiamo un triplo balzo verso il cielo e planiamo per centinaia di metri. Prima di toccare il suolo attiviamo i reattori e, senza transizioni di sorta, attraversiamo a tutta velocità una pianura, arrivando fino al mare. Non ci fermiamo. Il jetpack ci consente di volare sopra le acque in totale continuità. Proseguiamo fino a un'isoletta ben visibile sulla mappa, dove ci mettiamo a cercare eventuali segreti e passiamo un po' di tempo, prima di ripartire a tutta birra per il continente.
Il senso di libertà offerto dal nuovo Outcast è davvero impareggiabile e aumenta ogni volta che si sblocca una nuova funzione del jetpack, sia essa un balzo in più, una forte accelerazione o la possibilità di volare in planata per qualche secondo. Oltretutto ogni funzione extra permette di raggiungere dei luoghi prima inaccessibili, il che le conferisce un doppio valore in termini ludici. Il mondo di gioco è grande, ma a differenza di molti altri giochi dalla struttura aperta, esplorarlo non è un peso. Anzi, è la parte più divertente dell'esperienza, tra montagne da scalare un balzo dopo l'altro, tra atterraggi impeccabili dopo cadute da altezze enormi e tra corse a perdifiato lungo i sentieri che collegano i villaggi dei talan, la popolazione originaria di Adelpha con cui collaboreremo per l'intera avventura.
Ti chiameranno vecchio
Cutter Slade è invecchiato e leggermente compassato. In alcuni momenti sembra addirittura un cane bastonato. Vuole tornare dalla sua famiglia, ma prima deve salvare di nuovo Adelpha da degli invasori particolarmente feroci: gli esseri umani. I singoli villaggi dei talan non hanno le tecnologie adatte a contrastarli, ma ognuno di essi può dare qualcosa che aiuti contro la minaccia. Spetta a Slade, quindi, risolverne i problemi e ricreare l'unità che serve per arrivare alla vittoria. Certo, di tempo ne è passato parecchio. Slade ci prova a fare battute e ad avere un atteggiamento da macho, ma si rende conto da solo di non essere più efficace come un tempo, tanto da farlo notare più volte. Poco male, perché riproporlo invariato dopo tutto quello che ha vissuto, morte compresa, non avrebbe avuto molto senso. Diciamo che è invecchiato insieme a quelli che giocarono a Outcast nel 1999 e ora è inevitabilmente più maturo. Va detto che a livello di sceneggiatura, a parte alcuni scambi abbastanza riusciti, non siamo di fronte a niente di eccezionale. Slade è sempre il solito mediatore / salvatore di selvaggi che non riescono a mettersi d'accordo da soli, spesso per interessi personali. Lo fa in modo meno smargiasso di un tempo, ma continua a farlo. Alla fine lui è sempre l'ulukai, il prescelto, quindi c'è poco da stare a ragionare su come sia stata impostata l'intera narrazione, che diventa interessante quando prova a creare dei punti di contatto tra le civiltà in conflitto, ma che non elabora mai troppo i suoi temi, messi sul piatto praticamente da subito.
In alto e in basso
Se Outcast: A New Beginning consistesse soltanto nel lanciarsi a folle velocità per il mondo di gioco e contare le volte che le battute di Slade finiscono contro un muro, allora sarebbe un gioco praticamente perfetto. Peccato che, da bravo open world, abbia anche delle inevitabili attività molto ripetitive da svolgere, tipo trovare dei templi in cui eseguire delle gare di abilità per far crescere la barra dei punti salute o fermare delle eruzioni di mostri apparse in tutta Adelpha a colpi di arma da fuoco. Come spesso avviene in questi casi, prese a sé non sono disprezzabili, per quanto molto blande. Il problema è quando ci si accorge che finiscono per occupare la gran parte del tempo di gioco, perché necessarie per ottenere risorse utili a sbloccare i potenziamenti di Slade. Anche il sistema di combattimento non è propriamente eccezionale. Funziona e finisce lì. In che senso? Semplicemente, arma alla mano, si puntano i nemici e si spara finché non cadono. Arma potente uccide velocemente. Arma più potente uccide prima.
Il che si risolve in scontri senza grossi fronzoli, in cui giusto l'utilizzo dello scudo in dotazione al buon Slade aggiunge un minimo di varietà, almeno finché non arrivano nemici che se ne fanno beffe e bisogna puntare tutto sull'agilità e le coperture per sopravvivere, oltre che sugli inevitabili oggetti curativi. Più tardi nel gioco si sbloccano delle abilità che aggiungono un po' di sapore al brodo, ma senza farlo diventare mai davvero ottimo. Il discorso fattibile per il sistema di combattimento è fondamentalmente lo stesso fatto per le attività secondarie: non è completamente disprezzabile e andrebbe anche bene se non fosse così presente nel gioco, tra basi da catturare (si ci sono anche quelle... dannati open world), eruzioni da fermare, mostri sparsi da eliminare per raccattare risorse o svolgere quest. Probabilmente realizzare qualcosa di più elaborato sarebbe costato di più in termini di sviluppo, ma così risulta essere senza infamia e senza lode, ossia poco incisivo sull'esperienza finale, con il giocatore che non vede l'ora di terminare gli scontri per tornare a farsi un giretto con il jetpack.
Questioni produttive
Come vi sarete accorti da soli guardando qualche filmato, Outcast: A New Beginning non è una produzione enorme. Lo si vede in particolare nelle animazioni, davvero legnose, comprese quelle di Slade, e nei modelli umani, non proprio eccezionali. Non ci sentiamo particolarmente intelligenti a rilevare queste mancanze, visto che sono legate all'evidente scarsezza di risorse economiche necessarie per curare alcuni aspetti cosmetici del gioco, purtroppo non compensabili con le capacità degli sviluppatori (se non hai i soldi per il motion capture, non hai i soldi per il motion capture e qualcuno che ti dice che non li hai non ti aiuta minimamente). Del resto la ricerca della fedeltà grafica assoluta ha già fatto una quantità di danni enormi al medium e all'industria tutta, quindi il punto è diventato abbastanza controverso da affrontare, soprattutto in produzioni più piccole come questa, lì dove comunque il livello qualitativo è complessivamente accettabile. Se per voi è un problema, comunque, sappiate che non ha valori da tripla A e guardate oltre.
Ma questo, come già detto, lo potevate capire guardando un qualsiasi filmato pre-lancio e non c'era bisogno di leggere una recensione per averne conferma. Meglio chiedersi quindi se lo stile visivo funziona o meno. La risposta è sì, se parliamo di come è stata composta Adelpha, ossia per la distribuzione e la ricchezza delle sue caratteristiche morfologiche, in particolare le zone ricche di vegetazione, e per alcuni dei villaggi dei talan, ben integrati con l'ambiente in cui si trovano. Se vogliamo Outcast: A New Beginning è ottimo anche dal punto di vista paesaggistico, con Slade che si trova ad ammirare scorci molto belli in ogni zona del mondo di gioco. Se invece guardiamo allo stile generale è inevitabile accorgersi del ricorso ad alcune scorciatoie. In particolare non è stato fatto un grosso lavoro sui personaggi che, puntando in qualche modo al realismo, risultano molto deboli. Forse, vista la citata mancanza di risorse, si sarebbe potuto lavorare di più su uno stile alternativo che la mascherasse meglio e che desse maggiore personalità all'esperienza, invece di andare a esporsi in questo modo alle inevitabili critiche.
Conclusioni
Outcast: A New Beginning è un gioco pieno di alti e bassi: da una parte la libertà di movimento concessa dal jetpack e la velocità con cui si corre da una parte all'altra di Adelpha è emozionante e in qualche modo rinfrescante, lì dove in molti open world anche i muretti vanno scalati con animazioni dedicate per farci perdere un po' di tempo e aumentare la conta delle ore; dall'altra l'inevitabile fardello della ripetitività di alcune delle attività proposte frena un po' l'esperienza, appesantito oltretutto da sistemi funzionali ma per niente brillanti come quello di combattimento e una storia complessivamente blanda. La sostanza è che si vi piace un approccio alla Breath of the Wild, ossia incentro sulla libertà di movimento, allora Outcast: A New Beginning potrebbe piacervi davvero molto, nonostante tutti i difetti elencati. Se invece siete tra quelli che preferiscono altri tipi di gameplay, potreste ritrovarvi con un titolo a corto di ossigeno dopo poche ore.
PRO
- Il jetpack si rivela essere uno strumento davvero eccezionale
- Girovagare per Adelpha è un piacere
CONTRO
- Alcuni sistemi di gioco sono appena funzionali
- Attività secondarie ripetitive