Nello scrivere la recensione di Resident Evil: Welcome to Raccoon City sappiamo cosa state pensando, perché i dubbi che avete voi erano anche i nostri. Da quando The Walking Dead ha invaso la tv nel 2010 continuando letteralmente a trascinarsi fino a oggi, i prodotti sugli zombie sono diventati, agli occhi di molti, stanchi, non più inquietanti. Zack Snyder con Army of the Dead ha provato recentemente a dar loro un po' di colore buttandoli a Las Vegas e cambiando le regole del classico film sui morti viventi, ma l'esperimento è stato solo in parte davvero innovativo.
Un ennesimo film dedicato alla saga videoludica di Capcom, tra le più di successo di sempre, sulla carta sembra un investimento intelligente, dall'altro lato era facilissimo scadere nel già visto, nell'ennesimo film di zombie non riuscito e fuori tempo massimo. Col paradosso poi che lo stesso gioco, il primo del 1996, aveva l'ambizione di essere come i film, sfoderando addirittura scene girate con veri attori. Quindi un film che si ispira a un gioco che voleva essere un film, ma i cui ultimi titoli (il più recente, Resident Evil Village, è uscito proprio quest'anno) sono molto più curati e riusciti di gran parte delle pellicole che si vedono in giro su schermi di ogni tipo.
Per Resident Evil: Welcome to Raccoon City si è pensata quindi la cosa forse più intelligente che si potesse fare: tornare alle origini, con un film ambientato negli anni '90 e dichiaratamente ispirato ai film di serie B. Siamo a Raccoon City e tutto accade in una notte: è il 30 settembre 1998 (il giorno in cui è ambientato Resident Evil 2) e, sotto una pioggia scrosciante, c'è una ragazza che torna in città: è Claire Redfield (Kaya Scodelario).
Ha una missione: trovare suo fratello Chris (Robbie Amell) e portarlo via da lì.
Resident Evil: Welcome to Raccoon City: la città verrà distrutta all’alba
A fine anni '90 l'idea di un virus letale che si diffonde in un'intera città e trasforma in zombie gli abitanti sembrava, appunto, la trama di un videogioco o di un film. Oggi, dopo quasi due anni di pandemia, è un'angoscia che ci portiamo tutti dentro, ci siamo abituati a convivere con la paura. Lo stesso Resident Evil: Welcome to Raccoon City è stato girato seguendo i protocolli di sicurezza. Il regista Johannes Roberts ha avuto la buona intuizione di trasformare in forma visiva questa paura, in parte riprendendo gli angoli ciechi del gioco, in parte ispirandosi all'horror anni '70. In questo reboot di Resident Evil non c'è l'azione adrenalinica dei film con Milla Jovovich, ma un'atmosfera marcia, cupa, putrida. Lo spettro di John Carpenter aleggia su Raccoon City, che è sporca, battuta dalla pioggia, senza speranza.
Se ne rende conto Claire, che cerca in tutti i modi di convincere il fratello ad andare via. Chris però si è fatto una posizione lì, è un poliziotto ed è il fedele braccio destro di William Birkin (Neal McDonough), a capo della squadra scientifica della Umbrella Corporation, casa farmaceutica che ha preso il controllo della città. Lo stesso orfanotrofio dove sono cresciuti i due fratelli era sotto il controllo dell'azienda. Se vogliono salvarsi, i Redfield devono scavare proprio nel loro passato (a cui viene dedicato un maggiore approfondimento). Perché mentre discutono di vecchi rancori Raccoon City sta morendo attorno a loro. C'è anche chi sa, all'insaputa degli altri, che sarà distrutta all'alba. Non c'è molto tempo per venirne fuori.
Resident Evil: Welcome to Raccoon City: una nuova squadra
Salvarsi da soli nel bel mezzo di una città infestata dagli zombie sarebbe difficile anche per Rambo. Ci vuole una squadra: l'aiuto arriva dai colleghi di Chris. Incontriamo quindi Jill Valentine (Hannah John-Kamen), membro della STARS (Special Tactics And Rescue Service) e tiratrice eccezionale, Albert Wesker (Tom Hopper) e il nuovo arrivato Leon S. Kennedy (Avan Jogia). Proprio Leon potrebbe causare qualche perplessità nei fan di vecchia data del videogioco: Resident Evil: Welcome to Raccoon City mescola fatti e personaggi di Resident Evil e Resident Evil 2, ma nel caso di questo personaggio qui lo vediamo molto diverso.
È letteralmente l'ultimo arrivato, non sa sparare, è goffo e inesperto. È protagonista di una delle scene migliori del film, in cui la musica anni '90 viene usata sapientemente e c'è di mezzo uno zombie in fiamme. Se vogliamo è "la linea comica". Sicuramente, in vista di nuovi film del franchise, vedremo la sua evoluzione, ma per il momento gli autori ci hanno dato una versione primigenia del personaggio. Un "Leon quando ancora non era Leon". Che è un'idea interessante pensando al lungo termine, ma se ci si aspetta già di vedere il proprio personaggio preferito dei videogiochi, beh, non è questo il caso.
Gli attori scelti per dare vita a questo team di sopravvissuti vengono da alcune delle saghe e delle serie di maggior successo degli ultimi anni: Kaya Scodelario è Teresa in The Maze Runner, Tom Hopper è Luther in The Umbrella Academy (gli ombrelli lo perseguitano), Robbie Amell è Deathstorm nella serie The Flash, Hannah John-Kamen l'abbiamo vista in Ready Player One, Ana-Man and the Wasp e sarà la nuova Red Sonja nel remake del film con Brigitte Nielsen e Arnold Schwarzenegger. Insieme funzionano e il regista è bravo a sfruttare la fisicità di tutti.
Resident Evil: Welcome to Raccoon City: un nuovo inizio
Un cast molto fisico, atmosfere horror, uso sapiente di musica e riferimenti anni '90 (vediamo anche una VHS con il classico complottista che sembra pazzo e invece è l'unico che ha capito tutto). Lo stile vintage di Resident Evil: Welcome to Raccoon City invece di risultare fuori tempo massimo, convince. Anche perché Johannes Roberts si è fatto bastare il budget di 25 milioni di dollari spremendolo al massimo. Prima di entrare nel vivo dell'azione gli autori indugiano buoni 40 minuti nel creare la giusta atmosfera, facendoci vedere (e quasi annusare) questo mondo che sta morendo. Il trucco prostetico usato per le persone che stanno pian piano mutando è vecchia scuola e crea un look perfetto. Per chi si è spaventato a morte giocando non mancano "jumpscare alla Resident Evil", girati praticamente nello stesso modo in cui si vedono nel videogame.
Non ci speravamo, ma questo Resident Evil: Welcome to Raccoon City nel complesso è un onesto B-movie, fiero di esserlo, che intrattiene e riesce a creare la giusta atmosfera. Se ci sarà una seconda dose (o anche più di una) saremo pronti a gustarcela come questo reboot.
Conclusioni
Multiplayer.it
6.5
Come scritto nella recensione di Resident Evil: Welcome to Raccoon City, questo reboot della saga ispirata al franchise di videogiochi della Capcom è un B-movie dichiarato e fiero di esserlo. Il regista Johannes Roberts nel ricostruire la Raccoon City di fine anni '90 attinge a piene mani dal cinema horror, in particolare quello di John Carpenter, costruendo la giusta atmosfera per immergerci in un mondo marcio e cupo. La nuova squadra di attori funziona e, pensando al futuro, sembra la scelta giusta per una nuova serie di film.
PRO
- L'atmosfera marcia e cupa di Raccoon City
- L'uso della musica anni '90
- Il trucco prostetico
- L'essere dichiaratamente un B-movie che si ispira ai film horror anni '70
- Il nuovo cast, molto fisico, funziona
CONTRO
- Il personaggio di Leon S. Kennedy è diverso da quello dei videogiochi e potrebbe non piacere ai fan duri e puri