Era il 2015 quando si affacciava sul mercato un videogioco indipendente con tutte le carte in regola per diventare una hit di successo. Il suo titolo era Crypt of the NecroDancer. Questo dungeon crawler inusuale, costantemente a tempo di musica, ebbe un successo tale da convincere la stessa Nintendo a investire in un progetto crossover con The Legend of Zelda. A dieci anni di distanza, Brace Yourself Games ci riporta nell'universo del NecroDancer, catapultandoci fuori da esso.
In completa disarmonia con la direzione dell'industria, questo piccolo team ha deciso di rischiare e cambiare genere, pur restando in ambito musicale. Il risultato è Rift of the NecroDancer, un videogioco che fa venire nostalgia dei successi del team di Harmonix.
Vediamo meglio di cosa si tratta in questa recensione.
Chiamata agli strumenti
Sapevamo da tempo che questo Rift of the NecroDancer sarebbe stato tutto fuorché il precedente capitolo. Dall'impostazione roguelike si è passati alla deriva più totale verso i videogiochi musicali in stile Guitar Hero, tendendo l'orecchio anche alle avventure grafiche più recenti, caratterizzate da poche linee morbide e colorate.
Il gioco ci catapulta immediatamente nel vivo della musica, limitandosi a mostrarci un breve, ma ben realizzato video introduttivo che pianta le basi per l'avventura. A seguito degli eventi del precedente capitolo, Cadence e i suoi amici sono finiti in un mondo alternativo molto simile al nostro. Sta a lei e alle sue doti musicali combattere i mostri che fuoriescono dai varchi dimensionali apertisi per tutta la città, tramutando le persone in "zombie". Ma, per ristabilire l'equilibrio, dovrà prima capire chi si cela dietro questo maleficio.
Per quanto questa sinossi crei delle immagini più o meno suggestive, ci preme sottolineare che a tale linea narrativa non è data grande rilevanza, come d'altronde ci suggerisce anche il menù principale, dove questa modalità è posizionata in quarta posizione lungo la fila delle opzioni disponibili. Oltre al video introduttivo e a quello finale, infatti, il resto del racconto è lasciato ai brevi dialoghi tra i livelli. Insomma, non c'è molta sostanza per quanto riguarda la storia. Certo, in un videogioco del genere la componente narrativa non rappresenta la parte più rilevante, ma forse poteva essere proprio quel qualcosa in più che avrebbe permesso al tutto di spiccare tra i concorrenti presenti sul mercato.
Schiacciare i mostri a tempo di musica
Lato gameplay, Rift of the NecroDancer si presenta in tutto e per tutto come un videogioco sulla stessa scia tracciata dai Guitar Hero. La differenza sta nel modo in cui le "note" si presentano sullo schermo. Queste, infatti, corrispondono ai mostri che dobbiamo sconfiggere.
Ogni nemico ha le sue peculiarità, tra quelli che vanno colpiti più di una volta a quelli che cambiano direzione. Ognuno, poi, può andare controtempo o venire alterato da delle trappole presenti sul percorso, come della lava o dei pulsanti che ne occultano le fattezze.
A ogni modo, pur risultando così complicato a livello visivo, si capisce ben presto che tutto segue comunque il ritmo della traccia musicale. Non c'è molta differenza tra il vedere tutte le note cascare a valanga verso il giocatore o avere dei mostri che fanno le veci di quelle stesse note, seguendo, però, comportamenti specifici. Alla fine è tutta questione di ritmo. Ma ciò non implica che il livello di sfida scompaia dopo qualche brano, anzi. Più si procede, più si inizierà a sudare per portare a casa un buon risultato, anche a livello facile.
Scegli la tua modalità
Rift of the NecroDancer presenta più della semplice modalità storia. Ovviamente, non può mancare il gioco libero, dove è possibile rigiocare le tracce sbloccate durante l'avventura o giocarle sequenzialmente, una dopo l'altra, senza mettere mai mano alla campagna principale. Ognuna di queste può essere eseguita a livello facile, medio, difficile o impossibile.
A seconda della difficoltà selezionata, il giocatore verrà ricompensato con un numero specifico di gemme, utili per sbloccare altri brani più velocemente. Non preoccupatevi, però, anche solo giocare la modalità storia a livello facile vi permetterà di sbloccare tutti i brani e di affrontarli nuovamente, se vorrete, a una difficoltà maggiore.
Presente anche una sfida giornaliera, affrontabile una sola volta al giorno e che metterà alla prova tutte le vostre abilità.
Ma la vera chicca è la possibilità di creare brani personalizzati. Il team di sviluppo ha, infatti, messo a disposizione degli utenti un programma liberamente scaricabile che permette di realizzare le proprie tracce e condividerle con gli altri giocatori, ampliando a dismisura la rigiocabilità del tutto.
Tornando alla modalità storia, da sottolineare la presenza di una manciata di minigiochi e boss, dei contraltari interessanti alla formula base del gioco, che vanno a richiamare il mondo dei più tradizionali "quick time events".
Ha stile?
Visivamente, Rift of the Necrodancer ci è parso abbastanza blando. Tutto, dai personaggi agli ambienti, pare già visto in mille altri giochi. Anche gli sprite dei mostri lasciano un po' freddi, privandoli di qualsivoglia identità, complice una pulizia visiva che non aiuta di certo a conferire carattere agli elementi grafici che lo compongono. Su tutt'altro piano le animazioni, fluide, stratificate, ben leggibili, alle quali non può mai essere data la colpa per i nostri fallimenti.
In generale, però, il gioco non riesce a spiccare come aveva fatto all'epoca il suo predecessore, risultando sì carino da vedere, ma privo di uno stile memorabile. Un discorso a parte va fatto per la colonna sonora. Al timone di quest'ultima torna Danny Baranowsky con più di trenta brani (e altri in arrivo, come promesso dagli sviluppatori) composti assieme a diversi artisti e amici, che spaziano dall'elettronica rétro, al metal, al pop.
Il livello è alto, con delle tracce che in questo caso, sì, sono davvero memorabili. Essendo un videogioco che fa della musica il suo punto forte, non ci si può di certo lamentare, specialmente considerando che il loro ritmo sia così definito da permettere praticamente a chiunque di andare a tempo. Anzi, forse è impossibile non farlo.
Conclusioni
In un'industria che pare aver paura di osare, Rift of the NecroDancer scommette su un cambio di rotta per niente banale. Nonostante alcune carenze, il gioco si presenta comunque come un'avventura molto particolare, che fa sentire la mancanza delle vecchie leve come Guitar Hero e Rock Band, riuscendo, però, a dare una svecchiata al genere e a proporre qualcosa di anche solo superficialmente originale.
PRO
- Dà una bella svecchiata al genere
- Minigiochi e boss sono un'aggiunta gradita
- Colonna sonora accattivante
CONTRO
- Potenziale narrativo non sfruttato appieno
- Visivamente poco ispirato