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A casa di Eidos Montreal

Abbiamo fatto visita agli uffici di Eidos Montreal, scoprendo com'è la vita "dietro le quinte" di progetti come Deus Ex: Human Revolution e Thief

SPECIALE di Marco Consoli   —   10/04/2013

Immaginate di poter giocare un titolo attesissimo su un megaschermo tutto per voi, rilassati su una confortevole poltroncina, con bibite e cibo a volontà e lo stato dell'arte delle cuffie per godervi ogni sfumatura del sonoro. E tutto questo addirittura mesi prima che il gioco sia disponibile sugli scaffali dei negozi. No, non stiamo parlando di codici trafugati dai computer degli sviluppatori e diffusi in rete, che avete scaricato illegalmente per vantarvi coi vostri amici, ma di un vero e proprio invito da parte della software house a mettere le vostre vogliose mani su ampi spezzoni di un gioco ancora inedito.

A casa di Eidos Montreal

È l'enorme fortuna che accade ad alcuni appassionati canadesi invitati presso gli uffici di Eidos Montreal per testare un videogioco "con uno sguardo fresco che non sia abituato a vedere tutti i giorni gli stessi ambienti e le medesime soluzioni di gameplay, come invece fa chi lavora per mesi allo stesso prodotto", ci racconta il general manager Stephane D'Astous.

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È lui che ci accompagna nella visita degli studios dove si sta assemblando un poligono, un artwork e una riga di codice alla volta il nuovo Thief, in cui il ladro Garrett tornerà alla ribalta (dal 2014) dopo 10 anni di assenza dal panorama videoludico (del gioco abbiamo parlato in una lunga anteprima). Ed è qui che ci fa vedere l'incredibile saletta che è separata da un vetro oscurato da quella in cui gli utenti vengono invitati a provare i livelli finiti. Solo che a spiare da questa parte, anziché testimoni bisognosi di protezione, ci sono gli sviluppatori pronti a studiare il comportamento dei giocatori che, per primi nel mondo, arrivano dall'esterno per provare le loro architetture interattive. "Dall'altra parte della stanza siedono 12 giocatori alla volta", spiega D'Astous "e noi da qui possiamo vederne le azioni, capire come usano l'interfaccia, sentire addirittura i commenti grazie ai microfoni piazzati vicino ad ogni postazione, studiarne il comportamento di gioco dal vivo o sui nostri monitor, senza che vengano in ogni modo influenzati.

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Semplicemente li studiamo, cerchiamo di capire se quello che fanno è ciò che abbiamo previsto e se il gioco, in ultima analisi, funziona. Questa stanza è stata creata nel 2008 e l'ho deciso di mia iniziativa senza dirlo ai miei capi perché so che non me l'avrebbero permesso. A quanto ne so solo Ubisoft ha qualcosa del genere. A cose fatte mi hanno confermato che è stata una buona idea, perché i nostri giochi hanno bisogno di moltissimi test: ne facciamo almeno 25 sessioni per ogni titolo, per trovare il giusto bilanciamento dei vari aspetti e rifinire ogni dettaglio. Per esempio per il multiplayer di Tomb Raider abbiamo preferito fare le prove qui, piuttosto che affidarci a una open beta". Ma come si fa a mettere in mano ai potenziali acquirenti un gioco mesi prima dell'uscita senza che questi ne compromettano i segreti nell'era dei social network pervasivi? "Semplicemente gli facciamo firmare un accordo di confidenzialità grosso così", e D'Astous indica con le dita lo spessore di un vecchio elenco telefonico "ma è anche vero che li paghiamo, 40 dollari al giorno, per venire a lavorare per noi. A dire il vero non ce ne sarebbe bisogno perché abbiamo richieste che arrivano addirittura dal Regno Unito per venire a provare i nostri prodotti. Infine c'è da tenere conto che il sistema di profilazione dei giocatori, all'atto dell'iscrizione, è talmente approfondito che possiamo scegliere le varie tipologie di utenti cui vogliamo sottoporre un titolo: maschi, femmine, hardcore gamer, casual player, appassionati di sparatutto in prima persona o di uno specifico gioco, eccetera. E il nostro bacino d'utenza da cui pescare ammonta ormai a 7000 persone".

La qualità innanzitutto

Una volta viste le poltroncine più ambite dagli appassionati dell'area metropolitana di Montreal, D'Astous ci porta in giro per esplorare gli studi di Eidos, oggi di proprietà di Square Enix Europe. "Lo studio è piuttosto giovane", spiega il manager "perché è stato aperto soltanto nel 2007 e da pochi impiegati siamo arrivati ad averne oggi circa 500. Quando abbiamo iniziato avevamo già il nostro primo titolo in programma, cioè Deus Ex: Human Revolution e prima di arrivare a Thief abbiamo lavorato anche al multiplayer di Tomb Raider: quella del multiplayer è una modalità su cui certo abbiamo ancora da lavorare e imparare, ma credo che provandolo possiate trovarlo divertente".

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La prima cosa che si nota è che le aree di lavoro sono tutte aperte: "Ci sono solo 5 stanze chiuse, e una di queste è l'amministrazione", spiega D'Astous "perché la nostra filosofia era di creare open space che consentono l'interscambio continuo tra i dipendenti". Infatti mentre passeggiamo, oltre alle decine di persone impegnate davanti ai propri monitor e alle scrivanie addobbate di poster ed action figure, notiamo dei capannelli di sviluppatori che borbottano davanti a una postazione, probabilmente alla ricerca di una qualche soluzione attraverso un rapido brainstorming. L'età ci sembra in generale piuttosto bassa, il personale composto da ragazzi e molte più ragazze di quanto ci aspettassimo, ma sembra abbassarsi nel reparto di controllo qualità.

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"È questo uno dei nostri fiori all'occhiello, perché questo dipartimento proveniente da Londra è responsabile della qualità di tutti i giochi di Square Enix Europe, anche realizzati da terze parti. Abbiamo iniziato con alcuni giochi per DS nel 2007 e poi ci siamo allargati a certificare titoli come Batman Arkham Asylum, Just Cause ed altri ancora, compresi Sleeping Dogs, Tomb Raider, Hitman: Absolution. Questi ragazzi sanno il fatto loro: per esempio per Deus Ex: Human Revolution abbiamo passato 13 certificazioni al primo colpo, comprese le versioni per varie console e gli adattamenti in varie lingue". E in effetti mentre D'Astous parla vediamo una ragazza giocare a Tomb Raider in giapponese. A confermare che nulla è lasciato al caso quanto a perfezione dei prodotti prima della pubblicazione finale, il manager ci fa entrare in una saletta dominata da un divano, che sarebbe il sogno di ogni giocatore: una tv di dimensioni fantascientifiche domina la parete, circondata da ogni ben di Dio, ogni console possibile e immaginabile, un impianto home theatre, cuffie di ogni tipo.

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"Qui è dove testiamo l'ultimo 10 per cento del gioco, in modo che corrisponda il più possibile alle apparecchiature e alle configurazioni che la gente ha in casa: possiamo verificare ogni tipo di audio, dal mono al 7.1, e qualsiasi tipo di configurazione televisiva, dal plasma, all'Lcd, al Led e via dicendo, oltretutto tenendo conto anche di diversi tipi di illuminazione perché le pareti vetrate possono far passare la luce, ma essere anche oscurate del tutto con delle tende nere, per verificare qualità visiva e sonora in ogni condizione possibile. Ricordo che ai tempi del lancio della prima Xbox lavoravo a un gioco che fu criticato perché i sottotitoli risultavano per lo più illeggibili a causa dello sfondo troppo chiaro: ecco qui evitiamo che qualcosa del genere possa accadere".

Uno studio aperto 24/7

"Un'altra parte importante dello studio è la server room", spiega D'Astous, mentre ci mostra dietro un vetro una stanza: armadi che arrivano al soffitto sono pieni dell'hardware necessario a far funzionare le complicate routine dei vari software utili alle fasi di sviluppo di un videogioco.

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"Quando abbiamo fondato Eidos Montreal era un luogo cruciale del nostro business", prosegue il capo degli studi "ma passando il tempo abbiamo deciso di esternalizzare e virtualizzare due data center, che si trovano a Montreal e gestiscono il carico di lavoro per le operazioni di Square Enix in Nord America, mentre presto ne apriremo un terzo. In sei anni siamo riusciti a raggiungere il risultato di zero downtime, che vuol dire che non ci sono mai blocchi di operatività, anche perché non voglio che i nostri dipendenti se ne stiano fermi davanti al monitor perché qualche parte del software è corrotta e richiede manutenzione". Poi D'Astous ci indica una quantità di fili smisurata che esce dalla stanza dei computer e inizia a correre su un lunghissimo "vassoio" ancorato al soffitto che adorna praticamente ogni stanzone degli studi: "Li chiamiamo scherzosamente spaghetti e pensate che nell'edificio abbiamo 450 chilometri di cavi per 500 persone, che equivale a dire quasi un chilometro a testa". Se la tecnologia è fondamentale quando produci videogiochi, ancor di più lo sono le persone chiamate a realizzarli. "Abbiamo molta cura dei nostri dipendenti", spiega D'Astous, mentre ci porta nell'area relax, uno spazio enorme in cui ci sono TV appese al soffitto per guardare i programmi sportivi (e infatti scorrono le immagini di una partita di hockey), divanetti con schermi e console per potersi rilassare giocando ai titoli di altre società (ammesso che ci si possa distrarre giocando dopo aver passato la giornata a giocare), un biliardo, un paio di vecchi cabinati arcade e una cucina attrezzatissima, oltre a tavoli dove mangiare, socializzare e scambiare idee su progetti non necessariamente di Eidos.

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"A tutti permettiamo di lavorare non solo ai nostri prodotti ma anche ai propri progetti personali, perché lo studio è aperto tutto l'anno 24 ore al giorno, festivi compresi. E molto spesso mi capita di passare in ufficio di domenica, per sbrigare alcune pratiche lasciate indietro e di trovare diversi ragazzi che trascorrono il tempo qui in questo salone o davanti alla propria postazione, magari a farsi gli affari propri. È importante permettere questa libertà di accesso e orari molto flessibili, soprattutto perché i dipendenti non sono tutti ragazzi, alcuni hanno famiglie e figli e così a seconda delle proprie esigenze hanno bisogno di arrivare la mattina molto presto per evitare il traffico o più tardi per accompagnare i bambini a scuola. Naturalmente possono farlo, pur di garantire la propria presenza in alcune ore chiave della giornata". 

Pompieri del software e ingegneri del suono

Che l'atmosfera sia piuttosto leggera nonostante, immaginiamo, i serrati ritmi di lavoro, lo conferma il singolare sistema di trasporto che D'Astous ha cercato di installare, senza riuscirci, tra i due piani occupati dagli uffici di Eidos Montreal.

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Nella tromba delle scale che portano da un piano all'altro il manager ha fatto inserire un palo, simile a quelli usati nelle caserme dei vigili del fuoco. "La mia idea era di avere una pertica", scherza (ma non troppo) D'Astous "per permettere agli sviluppatori una rapida discesa nel caso di situazioni di emergenza, ma purtroppo gli ingegneri non sono riusciti a trovare una soluzione che soddisfacesse le norme di sicurezza per i dipendenti. Però abbiamo deciso di lasciare il palo e, beh, diciamo che qualcuno ha voluto provarlo comunque, ma questo non lo scrivete". "Un'altra parte fondamentale del nostro studio", racconta D'Astous "è il reparto Ricerca e Sviluppo, che è affidato a 25 persone super-competenti che non sono legate a nessun titolo in particolare ma sviluppano i software e le pipeline produttive utili a rendere più avanzata la tecnologia dei giochi e più oliati gli strumenti necessari per realizzarli.

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Naturalmente è qui che si inizia a mettere mano sui kit di sviluppo delle console della prossima generazione", con tutti i vantaggi che abbiamo trattato nel dettaglio nel nostro approfondimento tecnico. Mentre attraversiamo gli ampi spazi, la nostra visita si avvicina al termine quando arriviamo al più piccolo degli uffici. "È il nostro studio di registrazione e doppiaggio", spiega d'Astous mentre ci stipiamo in una stanzetta che di solito ospita due ingegneri del suono, sfoggia un gigantesco mixer ed è imbottita da materiali speciali al punto che la voce del manager rimbomba sulle pareti in maniera diversa, apparendo più calda e definita in ogni sfumatura. "Si tratta di un concentrato di tecnologia allo stato puro, che è stato costruito l'anno scorso nel tentativo di assicurare il massimo della qualità nell'aspetto che conta per il 50 per cento dell'esperienza di un videogioco, e cioè il sonoro. In Deus Ex avevamo circa 20.000 righe di dialogo, ovvero un po' di più della media degli altri titoli, ma in Thief ci avvicineremo molto a quel numero, quindi avevamo bisogno di costruire questa risorsa. Ovviamente l'audio viene registrato anche durante le sessioni di motion capture, ma la gran parte è realizzata qui. Ci siamo rivolti a specialisti esterni per costruirla, e anche se il costo è stato piuttosto elevato, abbiamo calcolato che ci basteranno i risparmi ottenuti in cambio per il doppiaggio di un solo gioco per ripagarla completamente".