"Creare videogiochi strani è uno spasso: è una sfida con te stesso e puoi esprimerti in modi assolutamente unici. Dovresti provare, sul serio". A dirlo era uno dei tanti sviluppatori indie che erano presenti alla Notgames Fest di Colonia. A giudicare dal colorito e dall'entusiasmo, doveva essere forse alla sua terza birra.
La Notgames Fest è, per la cronaca, uno dei tanti party serali che vengono organizzati nella città tedesca in occasione della GDC Europe e della Gamescom. Non che per noi ci siano tante occasioni per partecipare a serate mondane durante i giorni di fiera, sia chiaro, ma l'evento in questione era decisamente diverso dagli altri: c'era da bere e da mangiare, ma poi, attraversando un piccolo e stretto corridoio, si veniva accolti da una sala espositiva dall'atmosfera unica, immersa nel silenzio e avvolta da un'ammaliante luce soffusa. All'interno erano disposti in maniera altrettanto accattivante una serie di postazioni in cui provare giochi molto originali. "Nongiochi", specifica in realtà l'evento. "Non una categoria, non un movimento artistico, non un genere" è il motto che si legge appena entrati nello spazio buio. I giochi che vengono mostrati sono infatti esperienze interattive molto particolari, in cui lo scopo talvolta non è ben chiaro o che mirano semplicemente a comunicare un messaggio a chi ne fruisce.
Alla Notgames Fest abbiamo impersonato una cometa, una mosca, un albero e un tasso
Un'esposizione di progetti tanto astrusi non poteva che nascere da un'idea di Michael Samyn e Auriea Harvey, il duo di sviluppatori belgi che sotto il nome di Tale of Tales hanno pubblicato titoli come The Path, The Endless Forest e The Graveyard. "Attraverso la versatilità del medium, il Notgames Fest vuole mostrare un accenno di umanità attraverso l'arte interattiva", dice Samyn. "Una mostra di giochi strani" potrebbe essere un'interpretazione più terra terra.
Una parte dei giochi presenti è già disponibile da tempo: tra le prime postazioni che si incontrano lungo il percorso espositivo c'è Kyoto, un esperimento che fa dell'atmosfera il suo cavallo di battaglia. Nell'opera di FunktronicLabs bisogna infatti interagire con un albero luminoso posto al centro di un fiume paradisiaco, quasi onirico. Non c'è scopo, non c'è punteggio, non c'è game over: utilizzando il mouse si interagisce con l'albero e con l'ambiente circostante che mano a mano si arricchisce di nuovi oggetti, ognuno dei quali dà vita a suoni e crea melodie. Kyoto è un'esperienza rilassante e tranquilla, a metà tra un sandbox e uno screensaver interattivo. Avevamo quasi raggiunto la pace dei sensi, quando con la coda dell'occhio notiamo che dietro di noi si era formata nel frattempo una piccola fila. Cediamo il posto e passiamo a The Plan, altro esperimento già disponibile online e di recente inserito all'interno di Steam Greenlight. Realizzato da Krillbite Studio, lo sviluppatore norvegese dietro Among The Sleep, The Plan è un semplice gioco esplorativo che permette di impersonare una piccola mosca e viverne la breve vita. Si tratta di un esperimento curioso e dal finale un po' amaro, ma che prova a comunicare quanto fragile possa essere la vita degli esseri viventi.
Prima che la serata si faccia troppo deprimente decidiamo così di dare un'occhiata a Kometen, un gioco mobile ormai in giro da un paio d'anni ma che ancora oggi, coi suoi colori e la sua vivacità, resta tra i titoli più atipici su App Store. Anche in questo caso non c'è una sfida tradizionale: basta esplorare l'universo attorno a se, guidando una buffa cometa nella maniera più fluida e veloce possibile, sfrecciando ad alta velocità tra tanti oggetti spaziali fuori di testa. Alla Notgames Fest non sono mancati, però, giochi in dirittura d'arrivo o il cui sviluppo è ancora in alto mare. Ormai prossimo all'uscita è ad esempio Shelter, una curiosa avventura in cui si vestono i panni (o meglio, la pelliccia) di un tasso e della sua cucciolata. Esplorando il fascinoso ambiente 3D bisogna quindi difendere la prole dalla fame e dai continui pericoli della foresta, ma dopo poco il senso di esplorazione lascia il posto a momenti crudi e tristi. Ricapitoliamo: eravamo a un party, e in meno di un'oretta abbiamo controllato una cometa, impersonato una mosca, giocato con un albero e allevato una famiglia di tassi.
E questo non era niente. Tra i giochi ancora in sviluppo spiccava That Dragon, Cancer, avventura autobiografica in cui Ryan Green racconta, attraverso simboli, metafore e sequenze interattive, cosa voglia dire crescere un figlio di quattro anni a cui è stato diagnosticato un cancro terminale. È una tematica estremamente delicata e toccante, specialmente per chi vive o ha vissuto situazioni familiari simili, ma Green è riuscito a rappresentarla in una forma molto poetica e per niente fuori luogo. Dai toni completamente opposti era Kachina, un colorato "giocattolo" (così lo descrive l'autore, Ben Esposito) ispirato dichiaratamente a Katamari Damacy: a differenza del gioco di Keita Takahashi, in Kachina bisogna risucchiare tutti gli oggetti dello scenario all'interno di un buco che di volta in volta diventa sempre più grande e può, quindi, ospitare oggetti di dimensioni sempre maggiori. È un'opera sicuramente più "giocosa" e allegra rispetto a quelle elencate poco prima, ma la lista di esperimenti interattivi e giochi atipici è assai più lunga, includendo l'acclamato Gone Home (The Fullbright Company), il folle Noby Noby Boy (Keita Takahashi), l'ammiccante Luxuria Superbia (Tale of Tales) o l'impossibile Feed the Head (Vectorpark). Per quanto non condividiamo la provocatoria distinzione tra "gioco" e "non-gioco", l'esposizione della Notgames Fest ha messo insieme un affascinante sottobosco di opere assolutamente uniche, che sfruttano l'interattività tipica dei videogiochi per comunicare messaggi e sensazioni in maniera a volte più e a volte meno efficace, ma di sicuro diversa dal solito.